lunedì 23 novembre 2020

Gli orologi del diavolo


E in una soleggiata domenica novembrina caratterizzata dal coprifuoco covid ho guardato le prime sei puntate della fiction Rai Gli orologi del diavolo, interpretata dal bravo Giuseppe Fiorello.

Prendiamola per ciò che vuole essere una bella fiction firmata Rai che una volta tanto non parla di mafia italiana, medici coraggiosi, carabinieri di provincia o commissari siciliani e chi più ne ha più ne metta.

La vicenda ha un uomo al centro, un meccanico di motori per inbarcazioni che casualmente o quasi si trova al centro di un giro di stupefacenti coordinato da un cartello sud americano.

Il personaggio non è eroico, è un antieroe, troppo onesto per essere autentico, ma interessante.

Gli orologi del diavolo sono quelli che il boss sud americano gli regala per ogn i barca costruita.

La vicenda è intensa, interpretata con passione da Fiorello, si muove fra Italia (Liguria), Spagna, sud america, con una fotografia folgorante di luoghi fantastici, è sapientemente ansiogena, il nosto Breaking bad italiano con tutti i limiti del caso.

Poi che la storia sia completamente autentica, che il vero protagonista, tal Franciosi, fosse davvero eroico, poco importa.

La fiction (finzione) deve divertire quando non è denuncia sociale.

Unico dato certo, lo Stato non appare all'altezza della situazione, abbandona spesso e volentieri l'infiltrato, fatica a gestire la situazione e toppa spesso e volentieri e questo dato, fra tutti quelli emersi nella serie è probabilemnte l'unico sicuramente autentico.

Gli eroi nel nostro paese muoiono  spesso traditi dallo Stato.

Gli anti eroi invece cercano di sfangarla portando a casa almeno la pelle.

Il nostro paese non si merita nemmeno quelli.


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