Buffi gli italiani che guardano Sanremo pretendendo di stilare giudizi e classifiche su tutto, su Zalone, sulla diversità, sull'originalità, sulla qualità delle canzoni.
In passato spesso ho saltato a pie pari l'evento, lo trovavo inutile e fuori dalle mie corde, ma invecchiando può diventare divertente assistere alle evoluzioni di un Fiorello o di uno Zalone (Luca Medici) perché le priorità cambiano e anche le aspettative.
Non ho ascoltato Saviano, perché non mi piace e probabilmente la mia è invidia per uno scrittore di successo, ai posteri la sentenza.
Poche battute, Fiorello e Amadeus vincenti, positivi, irresistibili, affini come potrebbe essere un lontano parente che si presenta a casa tua una volta l'anno.
Drusilla Foer, geniale, elegante, colta/o, ironica, l'unica che ha saputo trattare il tema della diversità con il giusto approccio.
Zalone è Zalone, la sua è una comicità semplice costruita da un professionista intelligente che ha elaborato la sua strategia comunicativa negli anni per arrivare alla pancia degli italiani.
La sua ironia, il suo sarcasmo rimangono sempre in un ambito politicamente corretto perché Sanremo è solo un grande contenitore che deve stupire con mortaretti innocui e giochi di prestigio parrocchiali non con lo scandalo o la vera denuncia, non sarebbe la vetrina giusta.
Vi ricordo Crozza, che amo, pur non avendo la sua stessa linea politica, che a Sanremo fu duramente attaccato nel 2013 per la sua satira nei confronti di Berlusconi.
Aprite gli occhi ragazzi, Sanremo sarà anche uno spettacolo popolare, ma per chi come me lo guarda dal divano di casa, pensate che il pubblico pagante sia parte del popolo? Quello che paga le tasse e sgobba in fabbrica? Spero non siate così ingenui.
I cantanti.
La musica è morta come molto cinema, e Sanremo rimane una vetrina luccicante, dove le canzoni sono solo una scusa.
Poi trovo tenera e ottimista la canzone di Morandi, ricorda a noi vecchi che ogni giorno deve ancora stupire e incantare e per me, spesso, è davvero così.