giovedì 31 marzo 2011

Il Commissario Forti un investigatore modello hard boiled


"La notte era il tempo della vita, il tempo dell'azione e della verità. Il cielo, nonostante  l'oscurità, sembrava risplendere e avvampare di calore. Finì di bere la birra, tornò alla macchina e riprese la strada di casa".
Ci sono poche concessioni a riflessioni esistenziali nel primo romanzo di Enrico Carlini.
Il protagonista, Fabio Forti, Commissario della Polizia di Stato è sicuramente colui che accompagna il lettore in tutta l'indagine e mi ha ricordato i ruvidi investigatori del'Hard boiled americana, un uomo, prima di tutto, con le debolezze e gli scheletri nell'armadio, arrivato alla sua posizione non certo e solo per meriti, che però si riscatta nella sua prima vera indagine lasciandosi coinvolgere sempre di più fino alla conclusione che si sviluppa in un crescendo di azione.
Mi piace Forti, perché è consapevole di non essere il cavaliere senza macchia e senza paura, ma ce la mette tutta per seguire la strada della giustizia, o perlomeno una strada che lo conduca alla verità che forse è la cosa che più interessa al protagonista.
Non ci sono personaggi positivi in questo giallo, non mi addentrerò nella trama perché è complessa e deve essere svelata dal lettore, ma devo complimentarmi con Carlini per questa opera prima.
Ha inventato un personaggio credibile, che si aggira e si muove in un ambiente di indagine ostile e che svela  le insidie del Sistema, dove da una parte devi risolvere il caso, e dall'altra non dimenticarti della politica, delle collusioni, delle complicità occulte.
Forti non è un personaggio vincente, e gli capiterà di tutto in questa avventura come nella migliore tradizione Chandleriana, ma alla fine , con tutti i suoi difetti e denti mancanti non può che risultare simpatico.
La morale non c'è, non ci deve essere in un buon noir, c'è solo l'amarezza della solitudine dell'uomo che lotta per arrivare al solito impossibile obiettivo, la ricerca dela verità e della giustizia.



martedì 29 marzo 2011

The Road e l'apocalisse ... ora!


Ho visto The Road tratto dall'omonimo  libro di Cormac McCarthy autore che a me piace molto.
L'ho visto a pezzi per motivi temporali e psicologici. Il film è cupo e buio come il libro, apparentemente senza speranze. Grandi i due protagonisti padre e figlio, pregevole la partecipazione straordinaria del mitico Robert Duvall quasi irriconoscibile nei panni di un vecchio. Se non avete letto il libro ve lo consiglio, mi piace McCarthy scrive come mi piacerebbe scrivere, asciutto essenziale, spietato.
Mi piace anche l'idea del film, il rapporto unico, viscerale, totale, di amore fra un padre e un figlio che va oltre la morte, rimane come essenza della nostra umanità perduta.
Non so cosa meditava McCarthy quando ha immaginato The Road, forse aveva mangiato qualcosa di pesante, ma guardando ai fatti mondiali e mediterranei che coinvolgono tutti noi l'idea di un mondo che va in frantumi mi passa almeno per qualche istante per la testa.
Tutti a dire che è inutile e ridicolo creare allarmismi, sono d'accordo, poi penso che se io fossi uno dei tecnici contaminato nella centrale giapponese magari avrei una percezione diversa.
Tutti a parlare di solidarietà e accoglienza in questi giorni, d'accordo, poi mi metto nei panni di un abitante di Lampedusa e comincio a riconsiderare concetti tanto buonisti quanto ipocriti soprattutto quando in ballo c'è il mio spazio vitale, la mia unica fonte di sostentamento.
E' tutto relativo non credete?
Rimane  facile fare pronostici sulla sorte del pianeta, lui ci sarà dopo di noi, mentre l'uomo riuscirà a trovare il modo di togliere il disturbo prima del suo termine naturale, ma questo è un problema che io non dovrò affrontare quindi... pace.

lunedì 28 marzo 2011

Case 39, che orrore i nostri adolescenti ...


Solitamente gli horror mi fanno scappare da ridere, ma Case 39 mi è piaciuto. Brave le due attrici protagoniste la simpatica e più famosa Renée Zellweger e la giovane attrice canadese Jodell Fernand. La storia non ve la racconto nel caso decideste di guardarlo. Non è nuovissimo è del 2006, merita svelare la trama guardandolo. La morale è la cosa più divertente: non sempre la realtà è quella che si manifesta e vittime e carnefici sono spesso interscambiabili. Inoltre per me che non amo i bambini un'altra riflessione, che ho ricavato da uno degli interessanti dialoghi del film. La simpatica adolescente ricorda alla  tutrice gli obblighi nei suoi confronti.  Mi è venuto in mente un ragazzotto con la sua mamma che all'interno di un Game Stop la istruiva sui giochi da comprare, 200 euro di giochi xbox e play station 3 che io non compro in un anno. Non sembrava contento nonostante tutto, intento com'era a succhiare coca cola dal bicchierone di un fast food,  un ragazzo grasso e annoiato. La mia riflessione è semplice e immediata, ho visto un bel horror ieri sera o siamo già all'interno di una trama orripilante dove gli adolescenti comandano e noi obbediamo inseguendo ansiosi ogni loro desiderio, anche il più superfluo?

mercoledì 23 marzo 2011

Eh già ... è ancora qua ...

Avete visto l'ultimo video di Vasco? Eh già s'intitola e mi fa abbastanza ridere.
Vasco è uno dei pochi artisti che  sta invecchiando alla grande.
Attenzione io non sono mai stato un suo fan, mi piacciono  alcune sue canzoni,  fanno di lui un impareggiabile poeta, alla pari, solo in rari casi, di un De André,  ma in generale ci sono pochi album che mi hanno convinto nella sua discografia, e quando intendo convinto, penso ad album che riesco ad ascoltare molte volte trovandoli piacevoli.
Ho ascoltato molto di più Ligabue nella mia vita anche se Vasco credo sia a un livello superiore per alcuni aspetti, quali? La sua apparente indifferenza nei confronti del destino, la grinta, la faccia di uno che ha fatto a pugni con il mondo riuscendo a rimanere in piedi, una faccia vissuta e scanzonata,  la sua creatività che ne fanno uno dei grandi vecchi della musica italiana.
Mi piace il video,  poco più vecchio di me, con un fisico appesantito a ricordarti che c'è ancora, nonostante tutto  e tutti, nonostante lo stile di vita e il mondo dello spettacolo che tutto macina e distrugge.
Un'unica riflessione, quando gli ultimi dinosauri andranno in pensione, fra molti anni, mi auguro per loro, chi prenderà il loro posto?
Dove sta andando la musica italiana, anzi la musica?
Chi verrà dopo di loro? Mi sono perso qualcosa?
Non credo che i loro eredi usciranno da trasmissioni come x factor o amici, perché la creatività, il talento, il genio non li trovi in quei contenitori, quasi mai.

Eh già - Vasco Rossi

lunedì 21 marzo 2011

Guccini da Fazio con la sua poiana


Ve lo ricordate quando era come nella foto? Io una volta andai ad ascoltarlo a Pavana dove adesso vive stabilmente.
Ero un ragazzino, un adolescente , avrò avuto 14 o 15 anni, non lo conoscevo ancora, erano  gli anni 70 e cominciavo ad avvicinarmi alla politica.
Noi Guccini lo cantavamo molto, ha fatto da sottofondo alla nostra crescita buona o cattiva che sia stata. L'ho sempre ammirato e un pò temuto come si fa con uno zio burbero ma simpatico.
In realtà ho smesso di ascoltarlo presto, gli ultimi suoi album nemmeno li conosco, ma ho letto tutti i gialli scritti con Macchiavelli, dentro c'è un pò del mio appennino perché anch'io sono di quelle parti Pavana, Granaglione, Porretta, Gaggio luoghi  della mia infanzia.
Premessa per dire che vederlo l'altra sera da Fazio, per la sua ennesima uscita pubblicitaria non mi è piaciuto, chissà perché ... forse invecchiando si ridimensionano i miti che svanendo lasciano solo uomini un pò appesantiti che parlano della loro montagna, che è un pò anche la mia e vendono alla grande un nuovo libro che questa volta non leggerò.
Forse le emozioni che trovavo nelle sue canzoni erano grandi perché legate ad un momento della mia vita che era in evoluzione, non so, o forse mi vergogno un poco di avere tanto sopravvalutato un uomo solo perché mi piacevano le sue canzoni.
Non c'è niente da fare per ridimensionare un mito basta farlo invecchiare, se ci pensate i personaggi della musica o della storia scomparsi prematuramente non deludono quasi mai.

sabato 19 marzo 2011

La nuova squadra, spaccanapoli fine serie

E' appena terminata l'ultima delle nove puntate della nuova serie della squadra.
Io sono uno di quelli che ha visto tutte le serie della fiction partenopea e ho visto diversi personaggi arrivare e poi come avviene in tutte le vicende dello spettacolo scomparire per andare altrove. E' l'unica fiction italiana che davvero apprezzo fatta eccezione per Montalbano che comunque ha un diverso respiro.
Non ha deluso le mie aspettative neanche questa ultima serie, asciutta, veloce, bene interpretata con una bella fotografia e uno spazio anche per Napoli  cornice perfetta per qualsiasi fiction.
Bravi tutti gli attori anche se io sono particolarmente affezionato a Tony Sperandeo che trovo sempre affascinante  e prediligo Ravello, che colpì la mia attenzione ai tempi di Almost Blue.
Parliamoci chiaro la fiction italiana non ha niente a che fare con quella americana, ma non si avvicina neanche a quella britannica e ho scoperto che mi piace anche quella canadese (Flashpoint su tutti).
Fatta questa premessa io credo e spero che La Nuova Squadra non sia un caso isolato e che continui ad esistere, anche se a volte la sceneggiatura appare un pò debole, anche se i personaggi sono un pò troppo romanzati, penso al camorrista Malinconico (di nome e di fatto) un pò troppo romantico per un camorrista.
In conclusione, credo che questa sia la professionalità da valorizzare, un poliziesco coraggioso, dignitoso, convincente, in mezzo a tanta fiction veramente da buttare fra carabinieri che sembrano caricature e distretti di polizia da operetta.
Un consiglio per chi se la fosse persa, andatela a recuperare, secondo me merita.

venerdì 18 marzo 2011

I miei primi centociquant'anni (150)

Ieri ho festeggiato il compleanno del mio paese come piace a me festeggiare, chiuso in casa a riposarmi, con le persone che voglio vicino nel mio tempo, non sono uscito non ho partecipato ad una delle numerose, festose e colorate manifestazioni di giubilo per i 150 anni della nostra nazione.
Noi italiani non siamo nazionalisti, mai stati, a volte ce l'hanno imposto l'amor di patria, a volte lo sappiamo dimostrare ma a differenza di altri, gli americani per esempio, noi siamo più individualisti e legati al territorio nel quale siamo cresciuti, nelle regioni di appartenenza, e a volte anche all'interno della stessa regione ci teniamo a ricordare a tutti gli altri che noi siamo bolognesi e non modenesi, emiliani e non romagnoli, foggiani e non baresi, juventini e non torinesi  e potrei andare di seguito citando le differenze che noi stessi vogliamo continuamente sottolineare, siamo una cosa sola solo e soprattutto durante i mondiali di calcio e lo sappiamo.
Poi ieri mi è capitato di vedere il collage di video raccolti e selezionati da sky per festeggiare l'Italia.
44 minuti circa di clip inviate da singoli o associazioni.
Un lavoro di selezione delle migliori fra decine forse centinaia di video inviati.
Mi sono commosso, a tratti, pur sapendo che anche quei video saranno stati selezionati in base a criteri non verificabili, ma alcuni erano proprio belli.
C'era l'Italia di quelli che come  me e te tutte le mattine si alzano e vanno allo sgobbo volenti o nolenti.
C'era l'Italia di quelli che dicono che come da noi non si mangia da nessuna parte e intanto masticano un cheeseburger in un fast food, c'era l'Italia  dei tramonti e delle albe fredde e colorate, l'Italia delle frecce tricolori, dei matrimoni di chi ancora ci crede nel futuro, delle feste di piazza tutte diverse ognuna con i propri riti.
In quel video, in quel collage io mi sono riconosciuto nonostante la retorica, e in certi casi , il buonismo a tutti i costi.
L'Italia siamo noi, quelli lì che lavorano, che non sanno come andrà a finire l'anno, il mese, la settimana, quelli che non hanno voglia di sgobbare fino a 65 anni ma lo faranno lo stesso per i figli, per pagare il mutuo, quelli che non vedranno un aumento di stipendio fino al 2013, senza nessuna speranza di riscatto, senza via di fuga, l'Italia di quelli che le tasse devono pagarle per forza e che non fanno più figli perché non saprebbero come farli crescere.
Noi siamo l'Italia, quell' Italia lì nuda e cruda con la Libia alle porte e nessuna certezza.
Quindi auguri a noi, a quelli che davvero il paese lo mandano avanti tutti i santi giorni a testa bassa ma mai sottomessi, mai completamente sconfitti.

giovedì 17 marzo 2011

Gang bang il girone dei lussuriosi per caso

Ho appena terminato questo romanzo di Chuk Palahniuk autore del più famoso Fight Club dal quale è stato tratto l'omonimo film con Brad Pitt etc.
Non mi piace Palahniuk non lo inviterei a cena o al cinema, ma il suo stile è penetrante, aggettivo adatto anche al libro che racconta le vicende di una porno diva sul viale del tramonto decisa a battere il record di 600 accoppiamenti filmati.
La trama è poco interessante, la morale inesistente, forse, ma l'ambientazione è perfetta, si svolge in un unico ambiente, come nelle migliori commedie, e la descrizione dei personaggi chiamati con numeri impressi con inchiostro indelebile sulla pelle è potente.
Sembra di esserci in quel girone dantesco intriso di odori e sapori, e sudore e tensione di una diversa umanità maschile al di là di ogni possibile aspirazione esistenziale o artistica, tutti accomunati dal loro obiettivo, avere cinque minuti di sesso e gloria con la loro diva preferita.
Un'altra invenzione geniale è legata alle citazioni cinematografiche.
La filmografia hard che compone la carriera della porno diva è composta da grandi titoli stravolti e quindi "la gatta sul tetto che scotta" diventa la gatta sul tetto che scopa, o qualcuno scopò sul nido del cuculo e così via in un gioco continuo di rimandi a grandi film che nel romanzo diventano i titoli dei film di una porno diva al tramonto.
Poi ci sono citazioni (vere?) di aberrazioni stilistiche di diversi divi da Marilyn Monroe a Clark Gable dove il mondo dello spettacolo quello di serie a viene presentato come un' altra galleria degli orrori di uomini e donne sminuzzati dal'industria dello spettacolo e trasformati in corpi senz'anima.
Che dire, l'ho letto in tre giorni e un motivo ci sarà.
C'è sempre un motivo, del resto lui vende molto più di me :-)

mercoledì 16 marzo 2011

Il nastro bianco

Vi consiglio questo piccolo capolavoro in bianco e nero. Un bianco e nero tanto gelido e tagliente da entrarti dentro e rimanerci quasi conficcato.
Al di là dei premi il nastro bianco è una metafora, di cosa? La nascita del nazismo? La genesi del male?
L'inutilità della punizione come metodo educativo?
L'impossibilità di essere normali in una società imperniata sul'imposizione di regole non condivise?
Fate voi a me piacerebbe anche solo un giudizio da parte vostra, un parere, una recensione.
Domani si festeggiano i nostri prima 150 anni di cosa?
Siamo un paese, una nazione, un'unica bandiera, ma spero che ci sia qualcosa di più che un semplice anniversario, mi piacerebbe dirvi che io sento il paese unito, determinato verso un unico obiettivo, saldo su principi condivisi.
Ma come ci insegna questo piccolo capolavoro, grandi nazioni nascono dal delirio psicotico di giovani virgulti repressi che scelgono la strada della dittatura e della violenza e possono imporre per anni la follia, altre nazioni invece nascono con pressupposti diversi e tuttora crescono e vanno alla grande come la Svizzera  ad esempio.
Al nostro giovane paese incuneato nel cuore del Mediterraneo cosa manca per essere davvero un'unica nazione?
Perché ammettiamolo senza paura di fare autocritica, siamo ancora lontani dalla vera unità, o no?

martedì 15 marzo 2011

Nando o la metafora della comunicazione televisiva

Chi non vorrebbe avere questo bel ragazzone come vicino di casa, fidanzato della propria figlia, amico di calcetto o studente in un corso di alfabetizzazione? Chi dice che guardare il Grande Fratello fa male si è perso la puntatona di ieri sera 14 marzo 2011. Anche se Signorini è stato come al solito abile a spostare l'attenzione dall'immoralità del nuovo Nando sconfessato dalle Iene ad un proclama contro le insidie del jet set legato al Grande Fratello, la verità è emersa evidente e Nando con la sua apparente ingenuità l'ha svelata al pubblico. Il Grande Fratello è soprattutto una metafora. Non è il Grande Fratello di Orwell che entrava nella tua vita e ti controllava per verificare la tua fedeltà al sistema ma al contrario sono queste cavie da laboratorio che sgomitando cercano di infilarsi nella gabbia dorata e fittizia costruita per loro a Cinecittà per avere la loro grande possibilità di riscatto.
Ma non è un riscatto morale che cercano, chi se ne frega dell'amore, dell'amicizia, della cultura, della comunicazione e alla fine anche del sesso quello che un tempo, dicevano, muoveva il mondo.
A loro interessa solo la fama, per potere essere sulle copertine di alcune riviste scandalistiche, o ospiti a qualche programma pomeridiano uno di quelli seguiti dal pubblico che ha tempo il pomeriggio di guardare il nulla della programmazione Rai/Mediaset.
E la fama a cosa serve? A guadagnare migliaia di euro che servono, come confessa onestamente Nando, a non tornare alla sua vita precedente, la vita prima del Grande Fratello.
Vogliamo dargli torto?
Noi sappiamo che vita faceva prima?
Sicuramente non era insegnante di italiano, io credo facesse un lavoro di quelli manuali, sudore, fatica e poche speranze.
Ecco cos'è il Grande Fratello una speranza.
Ecco cosa racconta ai giovani italiani, tu puoi essere ignorante, volgare, stupido e pure brutto, ma se riesci a entrare nella gabbia più spiata dagli italiani hai una speranza di uscire dalla miseria, dal quotidiano fatto di lavoro, poche ferie, molti debiti e normalità.
Non importa allora mentire, poi giurare di avere sbagliato, poi di nuovo mentire, poi raccontare alle Iene la verità, poi mentire ancora davanti alle telecamere in un gioco infinito di falsa comunicazione che sembra la sola cosa che gli italiani prediligono.
I giovani italiani da chi avranno imparato che mentire in televisione fa vincere denaro, fama e potere?
A posteri la divertente sentenza.

martedì 8 marzo 2011

Torna Dexter e chi è innocente scagli la prima pietra

Torna Dexter sul canale Fx della piattaforma sky dal 18 marzo 2011. Chi non ha sky non sa neanche di cosa sto parlando e mi rendo conto che il mio livello di contaminazione mediatica è elevato, ma che ci posso fare sono troppo vecchio per privarmi di qualsiasi stimolo audio visivo. Dexter mi piace, intendo il personaggio, uno psicopatico compensato con una sua etica modellata dal padre adottivo che continua a ricordargli in un immaginario blindato le regole per sopravvivere e per condurre una doppia vita, tecnico della scientifica di Miami e serial killer nel tempo libero, un assassino di cattivi, molto cattivo. Qual'è il confine fra bene e male? Fino a dove lo spettacolo può spingersi senza diventare pornografico? C'è un limite all'immaginario? Non credo ... ho amato romanzi difficili da leggere per molti da Un'arancia a orologeria, a American Psicho e inseguo tuttora in ciò che scrivo il cattivo per eccellenza, mi piacerebbe inventarne uno diverso dal Cannibale, italiano e con una sua morale, originale e seducente.
Il bello dello scrivere e inventare è anche proporre modelli nuovi, attingendo dal passato.
I noir non possono essere edificanti diventerebbero un'altra cosa e cambierebbero colore.
Io tifo per Dexter e aspetto con una leggera ansia le prossime puntate, non vi rivelerò nulla, perché immagino che prima o poi lui arriverà anche sulla rete nazionale.
Per chi lo conosce e lo apprezza come me, non può non essere contento del suo ritorno, è come il ritorno di un amico, unico e solitario, solitario come mi sento io spesso in un mondo pieno di assassini a piede libero.

giovedì 3 marzo 2011

Cacucci, Fellini e la magia della scrittura

Stavo facendo zapping cercando la voglia di iniziare le settimanali pulizie domestiche, quando mi sono imbattuto in un'intervista al noto scrittore Pino Cacucci. Più che un'intervista un monologo dove racconta la sua vita, lo scrivere, e altre cose. Non ho mai letto nulla di lui, mea culpa, ho però visto Puerto Escondito e sento per lui una sorta di vicinanza più che altro anagrafica e quindi generazionale. Non ho mai viaggiato, come all'epoca facevano tanti amici che avevano qualche soldo più di me e soprattutto più coraggio, ma non credo che il segreto di Cacucci sia il suo desiderio di viaggiare ed esplorare e conoscere persone, probabilmente il suo segreto, il segreto del suo successo sta nel sapere raccontare ciò che ha incontrato nella sua vita. A parte questa sterile disquisizione volevo solo dire che mi è piaciuto, mi ha intrigato la sua capacità di raccontarsi e provo per lui una leggera invidia mista a una sorta di ammirazione. Vi rendete conto? E' amico di scrittori del calibro di Paco Ignacio Taibo II e Sepulveda, alcuni li traduce e cosa ci deve essere di più gratificante che tradurre scrittori che ami?
Ma l'aneddoto che mi ha folgorato e che non conoscevo è la sua amicizia con Fellini che un bel giorno entra in una libreria e vede la copertina del suo primo libro Outland Rock dove campeggiava il faccione di un bel gorilla.
A Fellini serviva proprio quel faccione che poi sembra non utilizzò mai, però intanto si comprò il libro, dopo un pò di tempo decise di leggerlo e lo trovò talmente interessante da spingerlo a cercarlo, in un epoca nella quale non c'erano ancora i cellulari.
Divennero amici, in un qualche modo e Fellini si prodigò per pubblicizzare quel primo libro che mi risulta essere una raccolta di racconti.
Il miracolo di essere scrittori, di capitare in mano a un Fellini, di diventare amici di Sepulveda e anche di camparci con lo scrivere e con la propria cultura.
Affascinante, mi piace.
Una favola a lieto fine per chi ha avuto il coraggio di partire, assimilare e tornare qui per raccontare.