mercoledì 26 febbraio 2014

Non è mai troppo tardi




Leggendo la sua storia in wikipedia mi rendo conto di come sia diversa la  vicenda umana raccontata per sommi capi nero su bianco e di come possa diventare quasi magica in una fiction televisiva marca Rai. Mi sono commosso guardando la storia di un' Italia che arrancava alla fine di una guerra terribile ma che aveva voglia di risalire la china. Io mi ricordo di Manzi, forse l'avrò visto in alcune repliche, forse già allora ero un bambino grande fruitore del mezzo televisivo e mi capitava di guardarlo e di amarlo, perché era difficile non essere incantati dalla sua voce, dalla sua passione e dalla sua capacità di avvicinarsi ai deboli, agli oppressi, con leggerezza con un senso di paternità che abbracciava tutti gli italiani.
Ci sono alcuni uomini che hanno una marcia in più, hanno una passione sociale, morale, civile, amano incondizionatamente gli altri specie quelli che restano indietro.
Non so quanto di questo uomo sia leggenda e quanto vera passione educativa.
Lui era un vero educatore, probabilmente un idealista,  pensava davvero che non è mai troppo tardi, che nessuno deve rimanere indietro, che non bisogna valutare gli altri ma insegnare loro ad apprendere gli strumenti essenziali per interpretare la realtà, la storia, la vita, in primis leggere e scrivere che nel nostro paese non sono mai state competenze scontate.
Lui aveva un sacro fuoco e sapeva contagiare la gente con il suo entusiasmo.
Anche l'italia era diversa, si sedeva stupita davanti al tubo catodico che in bianco e nero entrava nelle case, nei bar, nelle sedi dei partiti, nelle chiese e si apprestava a diventare ciò che è oggi,  uno dei principali veicolatori di informazioni.
Adesso abbiamo i cellulari, i tablet, la rete, i social network e soli ci muoviamo fra i nostri accessori, sempre più digitali, sempre più anafettivi, allora ci riunivamo nei luoghi collettivi costretti alla promiscuità dalla miseria, dalla necessità, dalla voglia di vivere insieme il lungo percorso verso la normalità.
Non verrò a dirvi che si stava meglio allora, neanche ci credo, ma certi uomini, certe passioni sociali, certi impulsi culturali ci sono ancora nel nostro paese?
Forse c'è un nuovo Alberto Manzi ancora sconosciuto che si aggira per le scuole italiane, speriamo di vederlo presto in televisione con una nuova idea educativa e intanto prepariamoci ad una nuova stagione del Grande Fratello, dove il linguaggio verbale tanto bene riassume il piattume del nostro tempo. 

domenica 23 febbraio 2014

w la libertà





Chi è Toni Servillo? Immagino che chi passa dal mio blog lo conosca, ma devo ammetterlo che nonostante abbia visto alcuni film interpretati da lui, Il divo, E' stato il padre, La ragazza del lago, Gomorra, non mi ero mai preoccupato di capire chi fosse. Nella scheda di Wikipedia spiega chi è, in maniera molto scarna ma impressionante, nato ad Afragola (Napoli), mio coetaneo, attore teatrale, regista teatrale. A mio avviso è uno dei pochi attori italiani in questo momento davvero notevoli, il film da lui interpretato, La grande bellezza sarà a rappresentare il nostro cinema al premio oscar 2014.
In questo w la libertà interpreta il doppio ruolo di due gemelli, da una parte un politico in crisi, dall' altra il fratello allucinato e visionario (si fa per dire). Lo scambio di ruoli fa da cornice alla vicenda.
Film metaforico, molto attuale in realtà e film sulla speranza, sulla fine di certa politica, sul binomio politica cinema, e in un certo senso storia d'amore.
Il film è pregevole, lui è un gradino sopra tutti gli altri, da solo è il film, la sua leggerezza, professionalità, bravura, carisma, insomma un attore a tutto tondo in un panorama, sconcertante.
Conoscete Toni Servillo? Sicuramente in un sondaggio di celebrità vincerebbe Checco Zalone, oggi ho visto anche il suo ultimo capolavoro, Sole a catinelle, e merita un discorso a parte, come gli italiani, la cultura, il cinema, sapete il cinema, quello che da noi è malato gravemente, e ancora una volta va a braccetto con la politica.
Come diceva Moretti? Ce lo meritiamo il nostro nulla quotidiano, diceva diverso, ma a Sordi voglio ancora bene.

sabato 22 febbraio 2014

Sanremo è Sanremo






Serata sanremese a casa di amici, in realtà doveva essere una serata di quelle classiche, cena dall'unico separato del gruppo, single per ora e quindi l'unico con appartamento libero e tutto ciò che comporta per noi cinquantenni nostalgici di un periodo nel quale le serate di noi maschietti erano caratterizzate dalla cose che ci piacciono, la partita a Risiko, o a poker, il basket o il calcio in televisione e addirittura la visione di qualche video cassetta con un bel western o un classico film di guerra. Cose da uomini, da maschi.
Ma anche i maschi cambiano e l'altra sera è caduto l'occhio su Sanremo, in passato avremmo cambiato canale, perché Sanremo non ci sta a dire niente con una serata al maschile, e invece l'altra sera quasi  per gioco abbiamo cominciato a guardare quello strano spettacolo della canzone italiana, nel tempo oggetto di critiche, elogi, considerazioni socio antropologiche, elucubrazioni commerciali, dati d'ascolto, prima linea per case discografiche sempre più in difficoltà fra nuovi sistemi di diffusione di un prodotto, la canzonetta, che oggi si può scaricare quasi ovunque.
Però Sanremo è Sanremo e Fazio quest'anno sembra abbia deciso per un festival della memoria, fra personaggi remoti e quasi malinconici, iniziando da Jannacci, passando per Franca Valeri, Cat Stevens che ha cantato un brano che noi ricordavamo benissimo, perché io devo ancora avere i suoi dischi in vinile da qualche parte, per passare dalla gemelle Kessler e Baglioni e infine il grande Arbore.
Fazio ha fatto una scelta vintage quest'anno, forse perché anche Sanremo sta diventando uno spettacolo da rimirare come certe vetrinette in un qualsiasi mercato dell'antiquariato.
Poi fra le diverse chiacchiere alcune considerazioni.
Chi va a Sanremo?
Quelli che nessuno conosce, quelli conosciuti che sperano di vincerlo, quelli che non sperano di vincerlo ma che ogni anno con Sanremo vendono qualche brano, quelli che le case discografiche cercano di piazzare.
Chi non va a Sanremo, Vasco non ci va, Ligabue è passato di lì ma col cavolo che porterebbe mai un suo brano, Mengoni ha vinto l'anno scorso e ha fatto il botto e adesso che sta vivendo un momento magico sarebbe folle ad andarci, forse.
Lasciando da parte i commenti sulla qualità, che sono sempre soggettivi e di solito parziali ad un primo ascolto, perché a mio avviso un brano devi ascoltarlo più volte prima di capire se funziona o no, abbiamo fatto un' ultima considerazione, trita e ritrita.
Dopo Vasco e Liga, chi prenderà la loro eredità?
Non mi sembra ci sia nulla all'orizzonte.
E i cantautori?
Guccini, De Gregori, Venditti, Pino Daniele, Fossati, Bennato, Jannacci, Gaber, Dalla, Lauzi, ci metto anche Silvestri più giovane, e poi mi fermo perché non me ne vengono in mente altri.
A parte quelli purtoppo scomparsi, che fine ha fatto la canzone d'autore nel nostro paese?
Al festival a parte Renga e Ron che hanno presentato due brani così così, chi propone un prodotto davvero interessante?
Siamo alla fine della canzone italiana? Siamo alla fine della canzone d'autore?
Chissà, stasera mi guardo la registrazione della quarta serata quella dedicata ai cantautori, così mi faccio un po' di male,  vedo un futuro nero per la canzone italiana, e forse adesso capisco la nostalgia di Fazio per un mondo che scompare.

giovedì 20 febbraio 2014

The apprentice







Se riflettete un istante arriverete alla conclusione che la televisione di intrattenimento oggi è caratterizzata soprattutto dal concetto di esclusione e non di inclusione, il famoso concetto Decoubertiano che l'importante non è vincere ma partecipare è stato da tempo affossato dalla nuova competizione televisiva dove l'importante è non solo vincere ma annientare l'avversario, eliminarlo, umiliarlo, buttarlo fuori, togliergli il grembiule come in Master Chef, nominarlo, come nel Grande Fratello, affamarlo come nell'isola dei più o meno famosi e così via.
The apprentice  è la versione italiana dell'omonimo programma televisivo statunitense creato da Mark Burnett e con Donald Trump nei panni del Boss.
Qui invece abbiamo Flavio Briatore a dirigere le danze e sembra davvero un boss, anche se forse il gesto meno convincente che compie nella trasmissione è quello di  alzare il braccio per buttare fuori qualcuno.
Non so quanto sua attendibile Wikipedia ma vi passo la sua biografia che potete leggere cliccando sopra il suo nome, da quella si apprende che Briatore ha un passato turbolento dal punto di vista giudiziario, non lo conosco, l'unica cosa che sapevo di lui prima della trasmissione era che aveva posseduto e diretto il famoso Billionaire e che è sposato con la prorompente Gregoraci che ho avuto modo di ammirare in tutta la sua bellezza in alcune puntate di made in sud e che, leggo su wikipedia, ha avuto a sua volta qualche problema con la giustizia.
Torniamo al boss e alla trasmissione, ci sono in gara due ciurme di giovani professionisti in cerca di autore una di maschietti e l'altra di femminucce, tutti simpatici come  notai al momento di pagare una fattura.
Questi giovani rampanti devono concludere affari, vendere cose, gestire attività, fare progetti e soprattutto vincere il gioco.  In premio alla fine l'unico vincitore  diventerà un uomo di Briatore per un contratto danaroso.
Qual'è il messaggio? La filosofia di base, il modello proposto?
Come in tutte queste trasmissioni il messaggio può essere diverso a seconda di chi lo riceve, ma in questo caso la logica che deve prevalere è più che mai esplicita, è necessario avere senso pratico, la teoria conta il giusto, è indispensabile essere furbi per fregare gli avversari e spietati,  bisogna vendere il prodotto, buono o cattivo che sia.
La logica prevalente del moderno mondo commerciale emerge qui in tutta la sua concreta realtà.
Prima del prodotto arriva il marketing, prima della qualità di una cosa ti deve colpire la sua presentazione, prima di ogni valutazione di carattere morale deve prevalere il tornaconto, e prima della legalità può esserci semplicemente il profitto?
Me lo chiedo pensando alla scelta degli ideatori di fare condurre un programma così spietato da un professionista del businnes come Briatore, un uomo sicuramente di talento, un manager considerato in diversi ambienti spregiudicato e ruvido. Quale modello per i giovani può arrivare da questa trasmissione?
Secondo me il solito, non è indispensabile essere laureati, preparati, onesti, ottimisti, altruisti per vivere una vita piena, è altresì indispensabile essere spietati, furbi, competivi, senza scrupoli, aggressivi, determinati e forse diventerete dei veri manager e potrete magari aspirare a una qualsiasi carriera politica, perché ormai in questo paese è stata sdoganata la legittima corsa al potere e al denaro, e questa trasmissione alla fine  ne rappresenta  un' innocua metafora.

martedì 18 febbraio 2014

The Following seconda stagione



Speravo che la seconda stagione di The Following avesse corretto i limiti della prima, speravo che presentasse un prodotto più credibile, più avvincente, più qualsiasi cosa, invece alla seconda puntata devo ammettere che trovo questa serie la peggiore del palinsesto di fox crime e in generale.
Ho appena finito di guardare Salamander che non mi ha fatto impazzire, soprattutto perché immagino che come prodotto belga, con tutta la buona volontà, non possa competere con l'America, però nonostante i limiti alla fine è cresciuta la trama e anche i personaggi, invece questo Following  ha dalla sua un cast tutto americano con un magro e sofferente Kavin Bacon, che come attività principale ha quella di arrivare tardi in ogni situazione delittuosa e sempre a rischio di perdere chiunque abbia un minimo rapporto con lui, sinceramente comincio a pensare che il personaggio porti davvero male a chi lo circonda e questo lo rende abbastanza ridicolo, adesso è rimasto solo soletto nella sua lotta al male, alla famosa setta di pazzi sfrassolati e serial killer uniti come in un sindacato di dementi allo sbaraglio.
In questa nuova stagione ci sono anche due gemelli, ( immagino lo stesso attore) tanto belli quanto folli e talmente crudeli da essere ridicoli, ed è questa la questione sono tutti poco credibili, sia i buoni che i cattivi, tutti troppo caratterizzati e sottolineati, e fanno più ridere che altro.
Il male, quello vero, ha altre sfumature che qui sono solo sottolineature come un bel titolo di copertina che nasconde il vuoto.
Non c'è l'atmosfera di The Killing, non c'è l'angoscia di Walking dead e sto parlando di una fiction dove la fanno da padroni i non morti, quindi non è tanto il realismo che funziona ma come in narrativa la capacità degli sceneggiatori di rendere credibile e avvincente la trama.
Il fatto che Following abbia riscosso un grande successo negli States non vuole dire nulla, come al solito.
Vedremo il proseguo, ma ho imparato che le fiction si vedono dal mattino, come il buon giorno.

domenica 16 febbraio 2014

Solitario bolognese a San Lazzaro



Sono contento di fare parte nuovamente di questa giovane scuderia, piccola Casa Editrice bolognese, con alcuni giovani professionisti davvero notevoli penso a Silvia editor che ha creduto molto nei miei racconti e a Silvia Bernardi un addetto stampa che mi piacerebbe avere come agente letterario.
Una delle tante iniziative messe in campo nel 2014 sarà questa: LEGGERE E' PER TUTTI.
presso la Mediateca di San Lazzaro di Savena (Bologna)



Il 25 febbraio 2014 alle 18, ci sarò anch'io con l'amico Arcangeli, e la brava Emanuela Monti, se ci cercate nella locandina sopra dovreste trovarci, vi aspettiamo numerosi e curiosi, come sempre.
Sotto l'Intervista del Carlino alla giovane Editrice Rossella Bianco,  motore della nuova Giraldi.





sabato 15 febbraio 2014

Umberto Orsini: Il giuoco delle parti






Ascolto un'intervista radiofonica di Radio uno Rai a Umberto Orsini mentre sto andando al lavoro.
Racconta della trama di  Il giuoco delle parti di Pirandello, parla di maschere, di un uomo che per tutta la vita indossa una maschera celando il vero se stesso al mondo, mi piacerebbe dire che andrò a vederlo a teatro, spero in realtà che il teatro passi per sky, perché sto diventando pigro invecchiando.
Ma volevo dire che questo uomo che si avvia verso gli ottanta mi appare vitale e combattivo, grande attore, grande carriera, contro corrente, ama ancora fare l'attore, ha intenzione o ha già creato una compagnia autonoma fuori da collusioni e compromessi, ha un'idea precisa di cultura e di indipendenza culturale e morale. Nell'intervista emerge il ritratto di un uomo coraggioso, solido come un ulivo e ancora desideroso di fare.
Dev' essere incredibile lavorare per uno come lui, uno degli ultimi maestri del teatro italiano, uno degli ultimi viventi, c'è bisogno di punti di riferimento in questo paese, e soprattutto di persone come lui che non hanno paura di esserlo.

lunedì 10 febbraio 2014

Antonio D'Ausilio







Chissà se Bisio ha abbandonato la nave prima che affondasse, in realtà non ho capito se questa edizione di Zelig 1 sia il proseguimento naturale dello spettacolo cabarettistico o una sua emanazione in tono ridotto, di sicuro c'è solo il ridimensionamento del contesto più piccolo e raccolto, di sicuro c'è anche l'abbassamento qualitativo dell'insieme; la trasmissione arranca, ricorda Colorado, a tratti anche Made in Sud, insomma sembra che la comicità travolgente del vecchio Zelig sia definitivamente naufragata e inoltre non vedo in televisione nessuna valida alternativa, come se i comici risentissero della crisi presentandosi in televisione con  sketch spesso noiosi, poco originali, che a fatica strappano il sorriso.
Unica vera perla, a mio avviso, è rappresentata da Antonio D'Ausilio che conoscevo già, e mi piaceva meno quando era in coppia con un altro comico che in realtà non ricordo.
In questa edizione di Zelig è stato uno dei pochi artisti a fare la differenza, la sua idea di parafrasare poesie dialettali italiane corredandole a lato della sua comicità intelligente e mai banale è stata davvero vincente.
D'Ausilio mi perdonerà se mi ricorda il grande Troisi, comici con origini simili e con una fisicità controllata, elegante, raffinata e con quella doppia connotazione che non so se tipica della comicità partenopea, quella della commedia che riesce a innestarsi nella tragedia della quotidianità rendendola più leggera.
Le sue poesie, compresa una di Pasolini che non conoscevo, sono quasi sempre intense, scelte con intelligenza e spesso ispirate a valori etici dimenticati, come la solidarietà.
Il contrasto evidente fra la metrica delle poesie in dialetto, il loro significato spesso potente e dall'altra parte la sua capacità di costruirci sopra aneddoti, storie di vita quotidiana o familiare, rende questi skecth davvero piccoli capolavori valorizzati anche a causa di un impianto complessivo della trasmissione davvero deludente.
Vi consiglio di seguirlo questo quarantenne napoletano scommetto su di lui, una pizza chiaramente.

domenica 9 febbraio 2014

Grey's anatomy 10



Grey's anatomy 10

E' iniziata la decima stagione di una delle fiction ospedaliere più amate al mondo, è riuscita a farci sopportare la fine di ER, che è stato fondamentale nel mio quotidiano di televisionomane ma sicuramente non al livello di questo pacchetto di attori sia come confezione che come qualità tecnica.
Del resto i tempi cambiano e il progresso si vede soprattutto nelle migliori sceneggiature, negli effetti speciali, e Grey's anatomy è davvero geniale tranne alcune puntate incomprensibili come quella cantata in una precedente edizione, ma ci sta, quando vinci puoi permetterti anche di fare scivoloni.
E' ricominciata la vita di questi nevrotici e milionari medici che adesso possiedono un ospedale e ci vivono dentro fra turni massacranti e vite disordinate, sempre belli e passionali, e si ride e si piange dietro ai drammi dei diversi protagonisti, qualcuno muore, qualcuno si salva a stento, ma il messaggio di base è sempre lo stesso, questi medici vivono per curare al meglio i loro pazienti e ce la mettono tutta, non salvano il mondo, ma si impegnano, competenti, coraggiosi, altruisti, competitivi, rancorosi, aggressivi.
Perché quando invece comparo la fiction alla realtà i conti non tornano mai?
Ho conosciuto ottimi medici e alcuni li ho pubblicamente ringraziati con lettere ai giornali, ho conosciuto infermieri motivati, che sapevano dove mettere le mani, ma ho anche incontrato nella mia ormai lunga esperienza di ospedali gente che non sa lavorare, chirurghi che continuano a operare e sbagliare, intere equipe non in grado di fare una diagnosi adeguata, e soprattutto ogni tanto incontro ancora l'arroganza di chi pure non essendo alla altezza ci prova ancora a instaurare quel rapporto di distacco medico paziente che i miei genitori vivevano come una necessaria sottomissione.
Le cose sono cambiate, anche i medici sbagliano e pagano grazie al cielo, e questo pareggia un po' le cose fra me e la frustrazione di vedere sempre i potenti avere ragione.
Un amico pochi giorni fa mi diceva, ormai nel nostro paese gli unici davvero intoccabili sono i giudici.
Spero si sbagliasse, ma se anche la giustizia dovesse essere messa in discussione cosa ci salverebbe dal trionfo del caos?

venerdì 7 febbraio 2014

il tesoretto dei rom







Dal Corriere della Sera .it   :

ROMA - Rom con conti correnti milionari, ma che per ottenere gli aiuti comunali apparivano nullatenenti. Era già accaduto nel marzo 2013, quando la polizia municipale della Capitale aveva analizzato le posizioni reddituali di 3.500 nomadi, ora la situazione si ripete: uguale. Il comando provinciale di Roma della Guardia di Finanza ha sequestrato a 20 persone - tutte di etnia Rom, residenti presso i vari campi nomadi autorizzati della Capitale - beni per circa 2 milioni di euro. E’ il «tesoretto» dei falsi poveri

Se cliccate sopra potete leggere tutto l'articolo.


Negli ultimi giorni ho sentito per radio anche la notizia presunta che accusava alcuni rom di Acilia di gettare i cani sotto le auto di passaggio per chiedere poi un risarcimento agli automobilisti, controllando meglio in rete mi sono reso conto che probabilmente è una bufala.
ma la notizia del tesoretto trovato nel campo rom della Capitale non è una bufala e conto fino a cento per non dire cose sgradevoli, penso al mio vicino di casa al quale questa notte ignoti hanno rubato pneumatici e cerchi in lega dalla sua auto procurandogli un danno di circa duemila euro.
Ignoti certo, ma ci sono forti sospetti in alcune direzioni.
I furti di rame nei cantieri, i furti negli appartamenti popolari a Bologna e in provincia,  i borseggi sugli autobus e nei mercati, e le vittime siamo sempre noi  cittadini indifesi, fiaccati da una crisi che sembra senza fine,e  dobbiamo subire anche l'aggressione di chi ci deruba, ci porta via i pneumatici delle auto, i pochi oggetti di valore negli appartamenti, i portafogli al mercato.
Penso ai miei vecchi che pagano un affitto, che pagano tutte le utenze compreso l'abbonamento alla televisione, che con una pensione di otto, novecento euro al mese cercano di vivere dignitosamente, senza aiuti, sovvenzioni, poi leggo dal Corriere:

LUCE E GAS GRATIS -Denaro contante, libretti di deposito, obbligazioni e numerosi gioielli preziosi custoditi in cassette di sicurezza: ufficialmente i rom risultavano indigenti, tanto che fruivano di alloggio ed utenze (acqua, elettricità e gas) gratuite a carico di Roma Capitale, oltreché dell’esenzione dalla tassa sui rifiuti. Ma la loro posizione contrastava con alcuni indizi, come la presenza di auto di lusso nei campi. Come nel marzo scorso, quando i controlli incrociati dei vigili urbani - con la collaborazione delle Poste- portarono alla scoperta di beni e contante per quasi 10 milioni di euro, ora il Campidoglio dovrà sospendere gli aiuti alle famiglie coinvolte nel caso delle false dichiarazioni di indigenza.

E mi sale una rabbia, una rabbia, che comprimo e ingoio, derubati dallo Stato, derubati da questi ladri, derubati da tutte le parti, senza potere fare altro che barricarsi nelle nostre casine sperando di essere ignorati, di essere dimenticati.

Sono razzista? Pazienza.




sabato 1 febbraio 2014

Polizia Locale e l'accordo bolognese





Ieri sera 31 gennaio 2014 i lavoratori della Polizia Locale di Bologna, all'interno del cinema che vedete sopra, hanno votato a maggioranza l'ipotesi di accordo che conclude una lunga e complicata vertenza aperta con il Comune di Bologna.
Fino a qui i fatti.
Ma io non voglio raccontarvi i particolari di questo accordo, buono secondo me, sicuramente esportabile, ma non è questo il motivo che mi spinge a scrivere, è un altro.
Questa è una vicenda tutta bolognese, quindi italiana.
Da una parte un'Amministrazione con una sua storia, con alcune peculiarità politiche e con nuovi problemi da fronteggiare come lo Stato con le sue diramazioni, la corte dei conti, e tutto quello che vi viene in mente.
Dall'altra parte il Corpo della Polizia Municipale bolognese con i suoi cinquecento agenti e con cinque diverse sigle sindacali, che in tutta la storia lavorativa non hanno mai trovato un momento di comunione neanche per sbaglio.
Poi nel 2013 esplode il conflitto, l'Amministrazione da una parte, il Corpo della Polizia Municipale dall'altra, un conflitto duro, si parla di possibile riduzione di salario, si parla di sacrifici e diversa organizzazione del lavoro e avviene qualcosa di inedito, i cinquecento lavoratori si compattano, si riuniscono, si organizzano, si muovono per le strade, nei consigli comunali, nei consigli di quartiere, diffondono volantini, vanno in televisione e i cinque sindacati diventano una cosa sola, una ventina di persone che fino al giorno prima facevano fatica a comunicare si siedono intorno ad un tavolo e cominciano a pensare ad una strategia comune.
Alla fine del periodo di agitazione l'Amministrazione ha accettato di sedersi insieme ai rappresentanti dei lavoratori e si è arrivati ad un'ipotesi di accordo, condivisa, sofferta, faticosa, positiva.
Ieri sera alla fine dell'assemblea ci siamo abbracciati, i venti, trenta delegati e dirigenti dei diversi sindacati si sono abbracciati, e non perché era opportuno farlo, non perché abbiamo incassato dei soldi rubandoli a qualcun altro, non perché abbiamo guadagnato un posto in parlamento, ma semplicemente perché abbiamo ottenuto ciò che volevamo, il nostro obbiettivo è stato realizzato.
Qualcuno dirà che è un risultato scadente, qualcuno dirà che sotto sotto c'è l'inganno.
E' la cosa bella della nostra sgangherata democrazia potere dire ciò che si pensa.
Io c'ero, ho visto i colleghi all'opera, li ho visti lavorare gomito a gomito con gli amministrativi del Comune, e io mi fido di questa gente, del loro impegno, della loro buona volontà.
In un momento tanto drammatico per il nostro paese dove le fabbriche chiudono, e lo Stato fa acqua da tutte le parti, a Bologna abbiamo dimostrato che si può ancora costruire qualcosa insieme, mettendo da parte pregiudizi politici, vecchi rancori, interessi personali.
E' possibile, possiamo ancora farcela in questo paese, oggi ne sono cosciente, oggi ci credo di nuovo, perché ho conosciuto persone per bene, uomini e donne di buona volontà, lasciatevelo dire da un incorreggibile agnostico.
La mia speranza è che questa unità d'intenti non ci abbandoni, verso nuovi obiettivi, verso un progetto comune, ma  comunque vada l'esperienza del gennaio 2014 resterà per sempre dentro molti di noi e forse un giorno potremo raccontarla come modello di vera battaglia sindacale, come modello di vera democrazia.