giovedì 29 settembre 2016

Bolognesi per caso ... Chissà i ragazzi





Vi regalo un racconto della raccolta Bolognesi per caso, su gentile concessione della Giraldi che ringrazio. Questo racconto, prologo in un certo senso di un romanzo noir e non solo che uscirà nella primavera del 2017, è dedicato a due amici scomparsi sul Bianco nell'inverno del 1985.
Non è vero che si dimentica, certe persone, certi affetti, rimangono nel tempo e ci accompagnano, cambiando al massimo di consistenza e intensità.
Invecchiando mi trovo sempre più spesso a fare i conti con i miei fantasmi,  mi fanno compagnia, mi consolano talvolta, mi consigliano, coloro che non ci sono più rimangono dentro di noi e assumono i tratti, le sembianze, che noi decidiamo di dare loro.
Alla fine sono i nostri fantasmi le persone che ci conoscono meglio, che osservano senza giudicare, che accompagnano senza recriminare.
Regalo questo breve racconto ai miei ex compagni del Righi che sicuramente non avranno comprato il libro, e a tutti quelli che come me nel 1985 non immaginavano ancora un mondo con telefoni cellulari e tutte le minchiate che ogni giorno siamo costretti a subire dalla rete.



Chissà i ragazzi

Chissà i ragazzi come se la sarebbero cavata qui e adesso.
Erano in gamba avrebbero trovato una loro sistemazione, ne sono certo. Uno era rosso di capelli e aveva un bel fisico, magro e muscoloso, vero alpinista, aveva coraggio da vendere, sarebbe diventato un medico e lo immagino adesso con i capelli rossi appena ingrigiti, ma i capelli rossi diventano grigi? Chissà. Lo immagino in un qualsiasi reparto del Maggiore di Bologna, chirurgo, perché lui aveva quella grinta un po’ bastarda che tanto mi faceva ridere, mi piaceva, era  vitale, vitale da morire. Gli piacevano le donne e le faceva soffrire, come può capitare a vent'anni, quando il corpo ha bisogno di sperimentare, ha bisogno di esplorare. Ricordo che mi convinse a fare domanda in un’agenzia pubblicitaria che cercava modelli per i giornali, e di quel pomeriggio conservo ancora le fotografie, grandi, sgranate, in bianco e nero che non ci rendevano merito. Aveva una voce leggermente afona e io la ricordo così, ma chissà se è vero, la voce degli amici bisognerebbe registrarla e conservarla in qualche file protetto, e nasconderla in cantina insieme al buon vino, perché è la prima cosa che dimentichi di chi hai amato e quella non la ritrovi.
Il cervello ti frega, si deteriora e imputridisce, come tutto il resto, non ce la fa a conservare le informazioni, i visi, le espressioni, tutti i piccoli particolari che riempiono le giornate, colmando gli spazi, componendo amicizie, amori, affetti e nello stesso tempo anche noia, abitudine, rancore.
L’altro era un vero capo, ma chissà se lo sapeva, era più piccolo del rosso, spalle larghe e braccia da boscaiolo, peloso e barbuto, era un filosofo, non aveva ancora capito cosa fare del suo futuro, lo persi di vista nell'ultimo periodo, ma era un pezzo della mia vita, uno di quelli difficili da digerire e dimenticare, aveva una fisicità contagiosa, e una capacità innata di consumarsi dietro le passioni, la musica, la letteratura, la montagna, i viaggi, le donne.
Ricordo i suoi amori fulminanti e visionari, spietati e senza speranza, si innamorava, soffriva e ti contagiava con la sua angoscia, ti riempiva le giornate che diventavano confuse come fossimo sempre ubriachi, e spesso lo eravamo. In quel tempo non c’erano i cellulari, non c’era internet, neanche la rete, potete immaginarlo? C’eravamo solo noi, negli epici anni ottanta, i primissimi anni ottanta, ci telefonavamo dalle cabine per strada o dai duplex dei genitori. Ci incontravamo in luoghi prestabiliti sotto casa, o davanti al Righi, più o meno alla stessa ora, se uno arrivava prima aspettava, non poteva chiamare al cellulare per sapere per quale motivo non eri puntuale, ma alla fine ci si trovava sempre. Ci scrivevamo lettere, piene di scarabocchi a volte disegni magnifici, a volte bestemmie urlate sulla carta, e le lettere inseguivano i mesi e gli anni, e si andava al cinema con due lattine di birra e un pacchetto di sigarette, non si scaricavano i film dalla rete, non si vedevano su Sky perché non esisteva ancora, e tutto era  essenziale, non meno bello, semplicemente diverso, perché ancora non conoscevamo le meraviglie del possibile.
Uno dei due, il rosso, era fisico, indistruttibile, simpatico, travolgente, lavorava come maschera nelle fiere della città, studiava e aveva degli obiettivi.
L’altro era un sognatore, un karateka, un guerriero e un filosofo allucinato, sempre in viaggio per il mondo, sempre in sfida con se stesso.
E adesso cosa direbbero trovandosi di fronte il futuro?
Se lo avessero vissuto in diretta come è capitato a noi, il rosso lo vedrei con un tablet collegato perennemente alla rete, un occhio al piano degli interventi chirurgici della settimana e un occhio alla hostess conosciuta sull'ultimo volo Cuba Bologna, una carina, alta, gambe lunghe e molta fantasia.
L’altro avrebbe creato un blog, come Grillo, ma più simpatico, non per inventarsi un movimento di opinione, ma per movimentare le idee, i sogni, avrebbe postato poesie, avrebbe iniziato dibattiti filosofici e litigato e incantato come sempre, gli sarebbe piaciuto Facebook e Twitter, perché era nato per la comunicazione, per interagire con il mondo.
Se tornassero oggi mi prenderei una settimana di ferie e ci chiuderemmo in un qualsiasi appartamento e lì potremmo divertirci a scoprire tutta la tecnologia che hanno perso, inizierei dai cellulari, e me li vedo i ragazzi increduli, stupiti, subito reattivi, il rosso si sarebbe procurato un iPhone ultima generazione, con navigatore e tutte le applicazioni possibili.
Il filosofo si sarebbe accontentato di un BlackBerry e avrebbe trascorso ore al telefono come faceva abitualmente con il fisso di casa sua.
Con il rosso mi sarei divertito mostrandogli l’alta definizione del mio xbox, anche a lui sarebbero piaciuti i giochi. L’altro si sarebbe buttato subito nella rete facendola sua, un nuovo universo con il quale giocare.

Torno alla realtà, sono solo, come sempre circondato da persone che velocissime si scambiano messaggi, si inviano immagini, musica, video porno, giochini buoni per un qualsiasi telefonino ultima generazione, in linea di massima perdono tempo, si alienano, il guaio è che lo fanno a ritmo continuo, come se tutta la matematica applicata al futuro sia stata elaborata solo per fotterci la fantasia.
Controllo gli ultimi messaggi di whatsapp, e penso che sia una grande invenzione, posso mandare messaggi e fotografie e musica praticamente gratis, ma in realtà lo uso poco, utilizzo una percentuale piccolissima della tecnologia a disposizione perché sono abbastanza vecchio da non necessitare di tanti contatti virtuali, mi interessano di più quelli ravvicinati, magari davanti a una buona bottiglia di lambrusco e un piatto di tigelle e affettato, però ci vado in rete, Facebook, twitter, ho persino un blog e come tutti gli uomini d’esperienza non compromessi  scrivo ciò che mi piace, ormai solo  cinema e letteratura e il pensiero dei  ragazzi scaraventati per un sortilegio in questo tempo, è solo un gioco, lo so, ma serve a fermare la testa, serve a riflettere sull'accelerazione dei nostri giorni dove diamo tutto per scontato, tocchi uno schermo qualsiasi e viaggi dall'altra parte del mondo, ma quando ripenso a loro lo so che non potrò incontrarli in rete, perché se ne sono andati prima di potere lasciare un’immagine, un suono, un segnale.
Sapete quei segnali nella notte più buia che  indicano il cammino verso la salvezza?
Un razzo nel buio della notte lanciato da una qualsiasi riva.
Loro non hanno avuto modo di lanciarlo né per salvare me né per salvare loro stessi.
Chissà se quella maledetta notte avessero avuto i cellulari sul Bianco come sarebbe finita? Ci avete mai pensato? Forse almeno uno si sarebbe salvato, il più tarchiato, il più generoso, non si sarebbe scapicollato nel buio di un percorso pieno di crepacci in cerca di soccorsi tanto lontani quanto inutili. Avrebbe telefonato al rifugio Torino e in pochi minuti sarebbero arrivati con le corde e almeno lui non sarebbe caduto in corsa in un altro crepaccio.
In quel caso il progresso avrebbe salvato una vita e io ora non sarei qui come un cretino a chiedermi come si sarebbe sviluppato il loro futuro.
O addirittura avrebbero utilizzato una nuovissima applicazione del cellulare del rosso, una di quelle apparentemente inutili che però ti analizza la montagna e ti mostra i sentieri meno pericolosi, mostrandoti i crepacci, rammentandoti di marciare legato al compagno verso la parete, un’applicazione tanto specialistica quanto costosa che lui avrebbe avuto, perché gli piacevano molto le cose superflue, e in quel caso gli avrebbero salvato la vita, sarebbero rimasti al caldo del rifugio o avrebbero scelto un’altra strada per la parete del bianco in quella notte di trent'anni fa.
In quell'anno il cellulare forse era solo un’idea in testa a qualche giovane americano brufoloso, o forse era solo un’idea per un romanzo di fantascienza.
Allora saltavano ancora i treni e il terrorismo andava per la maggiore nel nostro paese.
Il futuro mi è venuto incontro e rimango qui nella mia navicella tecnologica mentre tutti mi scivolano intorno, e mi attraversano, senza una reale interazione, senza una effettiva coscienza.
Loro invece, i ragazzi, rimangono là nel buio di quella notte, senza avere potuto contaminarsi del nostro nulla e mi rendo conto solo ora che sono molto più vivi di noi.

Chi fosse interessato agli altri racconti li può trovare in libreria, o qui



lunedì 26 settembre 2016

racconti scontati



Su suggerimento di Carlo Frilli ho scritto un racconto e l'ho inviato a Elisabetta Miari che gestisce un blog davvero interessante intitolato Racconti scontati.
Il racconto l'ho scritto durante le mie vacanze siciliane e ho pensato che poteva essere un'idea interessante dedicarlo a Galeazzo Trebbi e alle sue origini, visto che il suggerimento è arrivato da Frilli.
L'ho scritto, si intitola La morte di S.B. ed è ufficialmente la genesi del personaggio, la prima storia, risale agli anni 90 quando il giovane Trebbi era un agente della polizia di Stato.
Da cosa nasce cosa e ho deciso che scriverò, nel tempo, fra un romanzo e l'altro, altri racconti dello stesso periodo con lo stesso protagonista, il giovane Trebbi.
Poi quando ne avrò un numero adeguato invierò tutto all'editore.
Non è originale come idea, lo so, ma chi se ne frega, basta che funzioni e poi avevo voglia di costruire il passato del personaggio e questa mi sembra una soluzione intelligente.
Intanto vi lascio il primo racconto, lo trovate qui.
buona lettura

sabato 24 settembre 2016

Polizia Locale ... i nostri caduti




Ho appena terminato di vedere una pregevole produzione Rai interpretata dal buon Fiorello, si intitola
Io non mi arrendo. E' la storia vera di un coraggioso ispettore di Polizia,  morto nel 2014 di tumore dopo avere indagato sui misfatti inerenti alla terra dei fuochi.
Non posso non ricordare anche un nostro collega, Michele Liguori,  morto di tumore, sempre a causa della stessa terra, sempre a causa del suo senso del dovere.
Perché i nostri morti, e in generale i morti in divisa, cadono per servire un'idea di giustizia, di riscatto sociale, cadono per difendere i più deboli e purtroppo non è facile retorica è la realtà.
La cosiddetta società civile subito dimentica, fagocita, distratta muove l'attenzione altrove, quasi che fosse un nostro destino morire in servizio.
Per questo e mille altri motivi è impostante non dimenticare.
E' quindi con particolare piacere che annuncio la seconda festa della Polizia Municipale dell'Unione Reno Galliera, che si svolgerà a San Giorgio di Piano sabato 1 e domenica 2 ottobre 2016.
L'anno scorso fu intitolato ai Caduti della Polizia Locale, il largo antistante il Comando, alla presenza del figlio di un altro eroe, Vincenzo Cinque, ucciso per strada a 64 anni, mentre faceva il suo dovere, serviva e proteggeva.
Noi viviamo e lavoriamo in un paese che non sempre protegge i suoi figli, si dimentica di chi tutti i giorni esce per le strade in divisa e rischia la pelle, senza tutele, senza adeguate indennità, e come gli eroi citati prima va avanti fino in fondo, non si arrende..
E noi non ci vogliamo arrendere nel celebrare i nostri morti, i nostri caduti, eroi di un quotidiano spietato, persone comuni che hanno deciso di servire la loro idea di senso dello Stato.
Un plauso per la festa dell'Unione nella terra dove ho deciso di vivere.
Bisogna festeggiare per non dimenticare, per trovare insieme le motivazioni a non arrendersi alla ignavia dominante.
Nessuno deve restare indietro.


Massimo Fagnoni delegato Sulpl Bologna

mercoledì 7 settembre 2016

INSIDE OUT



Inside Out è un film d'animazione del 2015 realizzato dai Pixar Animation Studios e distribuito dalla Walt Disney Pictures. Il film, diretto da Pete Docter insieme al co-regista Ronnie del Carmen, è basato su un'idea originale dello stesso Docter.

migliore film d'animazione oscar 88esima edizione

Cosa accade dentro di noi? Quali sono i meccanismi che muovono sentimenti, emozioni, ricordi, che ci fanno crescere e ci fanno regredire?
Questa favola animata racconta con le immagini il miracolo di essere persone pensanti in un mondo dove le relazioni interpersonali dettano le regole dell'esistenza.
E' un film per bambini ma fa bene anche a noi grandi ci ricorda che un tempo eravamo piccoli esseri con amici immaginari, genitori affettuosi, pulsioni adolescenziali, sogni da realizzare e che ogni avvenimento è la conseguenza del nostro modo di essere e di sentire.
E' una favola, ma aiuta a riflettere su di noi, e sui meccanismi che sono alla base dei nostri  processi celebrali.

martedì 6 settembre 2016

L'abbiamo fatta grossa



Nelle giornate dedicate al festival del cinema di Venezia 2016 ho guardato l'ultimo film di Verdone che non mi fa impazzire in generale ma a volte mi fa ridere.
Speravo che la collaborazione di Albanese avrebbe migliorato il prodotto e anche le risate.
Mi sbagliavo.
Il film è spento.
I due attori si muovono con la loro esperienza e bravura, sono disinvolti e carismatici, ma il film non decolla e soprattutto no fa ridere requisito richiesto a un film comico che non abbia altre velleità.
Non c'è molto altro da dire.
Io ho riso solo nei momenti celebrati non a caso dai numerosi trailer pubblicitari, per il resto è come al solito la notte più cupa.
Sarà anche stato un record di incassi, ma non perderò tempo a  scrivere del pubblico medio italiano, quello che va al cinema a Natale.

sabato 3 settembre 2016

Bologna non c'è più primo premio a Langhirano, Poliziotti che scrivono

All'interno dell'annuale rassegna i sapori del giallo che si svolge in settembre ogni anno a Langhirano
esiste uno spazio intitolato 
DALLA REALTA' ALL'IMMAGINARIO
poliziotti che scrivono
il Patron è un poliziotto con il gusto della lettura
Luigi Notari
I partecipanti al premio sono poliziotti, carabinieri e dal 2015 anche agenti della Municipale
Quest'anno a difendere i nostri colori c'ero io e Emiliano Bezzon 
Comandante della Polizia Municipale a Varese.
Inaspettatamente ho vinto il primo premio con
I tempi stanno cambiando?
Anche per noi della Polizia Municipale si apre uno spazio di confronto culturale con i colleghi delle forze di Polizia?
Chissà.
Io sono contento, orgoglioso e grato a Luigi Notari e agli organizzatori della bella rassegna.
Mio nipote mi ha chiesto al ritorno a Bologna
Quanti soldi hai vinto zio?
Non si vince denaro quando si scrive, quasi mai.
Il premio è e rimane uno di quelli che scaldano il cuore e aiutano a trovare nuove parole, a inventare nuovi personaggi.
Ma questa è un'altra storia.







venerdì 2 settembre 2016

Bolognesi per caso, recensione di Rino Tripodi








Personaggi e paesaggi cupi e straniati nella raccolta di racconti “Bolognesi per caso(Giraldi Editore) di Massimo Fagnoni
«Il cielo era talmente chiuso nel suo colore acciaio che sembrava dovesse cadere a terra e schiacciare tutte le auto in fila verso casa». È una Bologna noir dai colori spenti, dai personaggi infelici e problematici, quella che fa da sfondo alla raccolta di racconti Bolognesi per caso (Giraldi Editore, pp. 208, € 12,00) di Massimo Fagnoni, uno scrittore che abbiamo già più volte recensito (vedi L’assassino? La tv spazzatura!Una Bologna borghese e sottoproletaria nel nuovo giallo di Massimo FagnoniIl noir ai tempi della crisi).

Questo è l'inizio della bella recensione di Rino Tripodi che se volete potete leggere per intero sul sito di Lucidamente
Tripodi ha la capacità di cogliere le sfumature del mio scrivere.
Lo so i miei racconti a volte generano inquietudine, non sono facili e neppure scontati, ma è la regola del mio scrivere, scrivo ciò che sento, che mi attraversa, che mi rappresenta.
Se fossi uno scrittore a contratto forse scriverei altre cose, ma grazie al cielo non sono costretto a farlo.
Dentro questi 21 racconti troverete molto di me e forse qualcosa di voi stessi.
Buona lettura




giovedì 1 settembre 2016

trasporto passeggeri Emilia Romagna ... Bologna non c'è più


Non utilizzo i mezzi pubblici anche se potrei farlo gratis a Bologna.
Ricordo un periodo remoto della mia vita nel quale un'amministrazione lungimirante e sicuramente più ricca non faceva pagare l'autobus, credo che durò poco.
Oggi ho accompagnato mia figlia a fare l'abbonamento mensile under 27 terza zona extraurbano.
Le avevo acquistato un city pass zona tre e quando ho capito che con 23 euro e 50 puoi fare solo 10 corse ho ripiegato sull'abbonamento. Lei vive fuori Bologna e le serve il bus per frequentare l'università.
Nella mia giornata di ferie dedicata alla figlia avevo diversi programmi, poi giunti alla stazione delle corriere in piazza XX settembre ho dovuto modificarli, davanti a noi c'erano in sudata attesa almeno 90 persone di tutte le razze e le religioni, cittadini onesti che hanno deciso di fare l'abbonamento alla Tper.
Ho lasciato mia figlia in quella sorta di purgatorio sporco e puzzolente e mi sono diretto a piedi in via Lame, all'altro punto vendita della Tper.
Dopo una scarpinata di venti minuti di buon passo ho trovato altre 100 persone circa stipate in un locale con aria condizionata che faticava a rendere la situazione più accettabile.
Sono tornato in piazza XX settembre, ci abbiamo messo un ora e mezza per il nostro abbonamento, costato 48 euro.
Cosa è successo alla azienda trasporto bolognese?
Cosa ha smesso di funzionare?
Gli impiegati dietro lo sportello non hanno mai staccato, affaticati e stressati ce la mettono tutta per mandare avanti il servizio.
Apprendo dalla persona che ci fornisce l'abbonamento che non sono nemmeno dipendenti Tper.
Penso ai nostri autobus stipati, ai continui borseggi, ai tanti che non pagano, ai disservizi.
E' dura essere cittadini corretti, non solo il servizio costa ed è scadente, è faticoso anche potervi accedere.
Penso agli autobus di Londra, dove quando sali devi mostrare all'autista il titolo di viaggio o scendere.
Differenze culturali, differenze sociali, diversa idea di servizio pubblico.
Vogliamo spacciarci per paese europeo, ma oggi in piazza XX settembre sembrava di essere in una fatiscente stazione di un qualsiasi paese sottosviluppato.
Se non ci credete fateci un giro.