La cosa più bella di questa ennesima fiction marchio Tao due, è sicuramente la sigla iniziale, dove appare Roma nella sua luce migliore, immagini in movimento, a volte sfuocate ad arte, della città eterna.
Il resto è da buttare, tranne l'immortale Tirabassi, ma non si può appoggiare un intera fiction sulle spalle robuste ma non miracolose dell'ottimo attore.
Ci sono altri caretteristi noti e bravi, e c'è il solito gruppo di attori che definisco in maniera approssimativa del nucleo romano di attori storici di qualsiasi cosa si muova intorno a Cinecittà, perché nella mia esperienza di spettatore vedo sempre gli stessi attori da Boris a Distretto, orbitare sui set, sarà un caso? O semplicemente il fatto che l'ambiente è decisemente off limits per chiunque non sia conosciuto e riconosciuto? Chissà.
Ma vediamo velocemente i personaggi, c'è il vecchio sovrintendente alcolista buono ma in crisi, interpretato dal bravo Antonio Catania, c'è la giovane poliziotta che si occupa di stalking, il poliziotto bello e cattivo corrotto e criminale, il giovane agente figlio di un veterano imbranato ma che si farà, insomma una squadretta banale, talmente sottolineata da sembrare più fittizia del necessario e l'unica cosa realistica è l'età di alcuni agenti, avanzata, come l'età di molti poliziotti ancora costretti a correre dietro ai cattivi.
Ma la cosa che manca soprattutto, al di là evidenti lacune interpretative, è il ritmo, manca completamente, come un concerto dove manchi il direttore, non c'è armonia, non c'è pathos, prendete l'ultimo telefilm americano poliziesco, il più scarso e mettetelo di fianco a questo prodotto, in mezzo il mare come canta Jovanotti, l'universo, come scrivo io, e mi chiedo il perché, problema di soldi? Problema di povertà di idee?
Non lo so, ditemi voi.
Mi sorge il dubbio che anche nella fiction televisiva qualcuno tiri al ribasso, tanto il pubblico italiano, quello che non guarda sky, alla fine assimila qualsiasi cosa, la qualità? Un accessorio non indispensabile.