giovedì 30 aprile 2015

Squadra mobile




La cosa più bella di questa ennesima fiction marchio Tao due, è sicuramente la sigla iniziale, dove appare Roma nella sua luce migliore, immagini in movimento, a volte sfuocate ad arte, della città eterna.
Il resto è da buttare, tranne l'immortale Tirabassi, ma non si può appoggiare un intera fiction sulle spalle robuste ma non miracolose dell'ottimo attore.
Ci sono altri caretteristi noti e bravi, e c'è il solito gruppo di attori che definisco in maniera approssimativa del nucleo romano di attori storici di qualsiasi cosa si muova intorno a Cinecittà, perché nella mia esperienza di spettatore vedo sempre gli stessi attori da Boris a Distretto, orbitare sui set, sarà un caso? O semplicemente il fatto che l'ambiente è decisemente off limits per chiunque non sia conosciuto e riconosciuto? Chissà.
Ma vediamo velocemente i personaggi, c'è il vecchio sovrintendente alcolista buono ma in crisi, interpretato dal bravo Antonio Catania, c'è la giovane poliziotta che si occupa di stalking, il poliziotto bello e cattivo corrotto e criminale, il giovane agente figlio di un veterano imbranato ma che si farà, insomma una squadretta banale, talmente sottolineata da sembrare più fittizia del necessario e l'unica cosa realistica è l'età di alcuni agenti, avanzata, come l'età di molti poliziotti ancora costretti a correre dietro ai cattivi.
Ma la cosa che manca soprattutto, al di là evidenti lacune interpretative, è il ritmo, manca completamente, come un concerto dove manchi il direttore, non c'è armonia, non c'è pathos, prendete l'ultimo telefilm americano poliziesco, il più scarso e mettetelo di fianco a questo prodotto, in mezzo il mare come canta Jovanotti, l'universo, come scrivo io, e mi chiedo il perché, problema di soldi? Problema di povertà di idee?
Non lo so, ditemi voi.
Mi sorge il dubbio che anche nella fiction televisiva qualcuno tiri al ribasso, tanto il pubblico italiano, quello che non guarda sky, alla fine assimila qualsiasi cosa, la qualità? Un accessorio non indispensabile.

martedì 28 aprile 2015

Divergent



Da Wikipedia, l'enciclopedia libera

Divergent è un film del 20144 diretto da Neil Burger con protagonisti Shailene Woodley e Theo James, ambientato in un futuro distopico post-apocalittico.
La pellicola è la trasposizione cinematografica dell'omonimo romanzo del 2011, scritto da Veronica Roth, primo di una trilogia.

Fin qui le notizie.
Non capisco, quando ero un pischello e divoravo fantascienza mi piaceva perché mi stupiva, e lo stesso La città e le stelle o City avevano una capacità di stupire, di meravigliare, di incantare, per non parlare di Dune e potrei citarne tanti.
Poi arrivano ai primi posti in classifica questi due prodotti simili, affini:
Hunger games e questo Divergent.
La protagonista è simile, la seconda sembra una copia meno bella e incisiva della prima, stesso fisico atletico e un piglio meno convincente, ma simili, belle eroine diverse e coraggiose in un mondo omologato e tirannico e che palle ...
Ormai il grande pubblico ingerisce di tutto, questi eroi divergenti e unici in un mondo dove non c'è spazio per l'unicità, forse questi film hanno successo proprio perché vengono distribuiti in un mondo non totalitario ma definitivamente massificato nel quale davvero non ci sono più eroi, ma solo tanti spettatori intossicati dalla pochezza di idee, da una  totale abulia culturale.
 

domenica 26 aprile 2015

solitario bolognese ... metti una sera a cena



Il 16 maggio 2015 parteciperò a una serata davvero speciale, l' Associazione Culturale Res Aulica mi ha invitato, insieme ad altri due scrittori che dovreste leggere sopra, a una serata letteraria e culinaria, ospite a cena di persone che ancora si dilettano a leggere libri e promuoverli.
A volte penso che la cultura, in questo nostro strano mondo a rovescio, stia tornando ad essere possibilità di pochi, ma non è più come un tempo un fattore economico, più sociale direi, come se leggere narrativa, divulgarla, parlarne, trascorrerci una serata piacevole, stia diventando una cosa secondaria, superflua, vecchia, poco interessante, nell'epoca di Amazon dove un libro o un e-book è soprattutto merce da vendere, sono onorato di essere stato invitato da un' Associazione Culturale, persone che nel loro tempo libero investono tempo e denaro per parlare di libri e di narrativa.
Mi sento sempre più spesso parte di un microcosmo di visionari, appassionati di storie visive e scritte, raccontate e cantate, dove lo spazio predominante invece è quello della spettacolarizzazione dell'orrore mondiale, della crisi economica, della depressione sociale.
Ma sono sempre più convinto che la crisi si combatta con un'invenzione della fantasia e con quella alla fine del secondo grande conflitto mondiale, grandi registi italiani inventarono il neorealismo e non sarà un caso che oggi il nostro cinema in piena decadenza proponga soprattutto robaccia da quattro soldi.
Torno a parlare dei miei racconti, il mio primo libro di racconti Solitario bolognese edito dalla Giraldi piccola e grintosa Casa Editrice bolognese, e per chi ama i racconti vi anticipo che all'inizio del 2016 tornerò in libreria con una seconda raccolta,  questa volta solo racconti brevi .
I racconti sono per me una dimensione parallela e sperimentale, all'interno di un racconto di poche pagine posso inseguire emozioni intense e brevissime come quelle provocate da un brano musicale, posso solo accennare mondi e personaggi lasciando al lettore l'ultima parola, posso trovare spunto per futuri romanzi e allontanarmi una volta tanto dal nero, per cercare qualcosa di più quotidiano e alla fine  più affine alla mia realtà.
Il racconto è un gioco, un esercizio di stile, e quando funziona, quando colpisce il lettore è un piccolo intenso piacere, come una cioccolata calda con panna alla Torinese e gli amici bolognesi capiranno.

martedì 21 aprile 2015

Bianca vertigo




"Dicono che ci sono tre distanze che le persone assumono tra loro e gli altri: La zona pubblica, cioè  dai trecentosessanta centimetri in poi, la zona sociale (dal metro circa ai tre metri), la distanza a cui ci teniamo dagli estranei, la zona personale, tra i cinquanta centimetri circa e il metro ( la distanza che teniamo dagli altri quando siamo in un locale, tra amici, in chiesa).
pag. 113 tratto da Bianca vertigo di Lisa Frassi edito da Runa Editrice.

Questa cosa delle distanze mi piace perché io sono uno di quelli che ha bisogno sempre di mantenere uno spazio fra me e il mondo, faccio fatica a fare entrare gli altri, invecchiando mi rendo conto che la mia diffidenza è cresciuta, insieme alla fatica  di lasciarsi andare,  trasmettere informazioni, emozioni, sensazioni.

Infatti uno dei motivi del mio scrivere nasce dal bisogno di entrare in contatto con gli altri, una sorta di comunione che passa attraverso le parole scritte e dentro quelle parole scivolano le  emozioni, i ricordi, i frammenti di un modo di interpretare la realtà.

Lisa Frassi con questo libro gradevole, leggero, musicale, da tutti i punti di vista, mi ha aperto la testa, mi ha dato una ulteriore illuminazione sulla motivazione, su ciò che spinge le persone come me, come lei a scrivere e mi ha anche mostrato uno stile nuovo che non conoscevo.
Lisa Frassi ci racconta se stessa con una freschezza e un'autenticità disarmante, entra nel tuo salotto, nella tua camera da letto, nel tuo momento privato, quello che dedichi alla lettura, e ti rende partecipe della sua vita, della sua esperienza di giovane donna nei momenti più importanti della sua vita, i suoi amori giovanili, la gravidanza, i viaggi, la famiglia, l'amicizia.

Poi arrivo a questo brano a pag 219 Brusio dell'anima:
"Sono quello che divento", diceva Nietzsche, ebbene è così che mi sento.
Ho trovato la mia pace sentimentale ma, come il mare, l'anima affronta giorni di turbolenza e giorni di calma.
Penso al senso del tutto come non mai. Rifletto sul significato del mio lavoro, sulle energie che la gente investe per costruirsi una famiglia, una professione, un ruolo, una casa, delle amicizie vere.
Poi penso che in un attimo la vita finisce, senza possibilità di ritorno.

Questo è un libro fatto di frammenti, spezzoni di vita, riflessioni, racconti di  momenti, e ti entra dentro con delicatezza, senza violentarti, senza spaventarti, aiutandoti a dare ossigeno ai pensieri.
In questa epoca drogata da una comunicazione sempre più rarefatta e virtuale, è bello trovare una donna giovane, piena di energia vitale ancora libera da intossicazioni nevrotiche e linguaggi storpiati.
Insieme al libro troverete un cd musicale piacevole.
Un prodotto terapeutico alla fine, una buona disintossicazione dell'anima.

sabato 18 aprile 2015

Cremonini ... buon viaggio




Buon viaggio che sia un'andata o un ritorno che sia una vita o solo un giorno, che sia per sempre o un secondo.
 
 
Un volta a una presentazione di un mio romanzo Lupi neri su Bologna, ho osato dire che il primo titolo doveva essere Figlio di un Re, poi con l'editore, Minerva, decidemmo per un titolo più bolognese, ma quella canzone mi era piaciuta tanto da ispirare il cognome del protagonista: Re.
 
A me piace Cremonini, e so che molti lo giudicano superficiale, pressapochista, poco interessante, invece secondo me è bravo, anche se non ascolterei tutto un suo album, mi piacciono alcune canzoni, oltre a quella citata, mi piace Maggese, Marmellata n 25  , Il comico, Dicono di me, Mondo, e qualche altro brano e le canzoni che mi piacciono sono quasi sempre geniali,  sia musicalmente che come testi, sicuramente ha amato e ascoltato molto gli scarafaggi di Liverpool, sicuramente è molto emiliano e bolognese, con il suo cognome che devo prima o poi usare in un romanzo, e la sua vespa special che io ho posseduto e portato davvero a lungo per le colline bolognesi,
 
E quindi in finale ho ascoltato volentieri questo brano che potete vedere sopra, perché è leggero, come dovrebbe essere talvolta la musica italiana, e riporta il viaggio nella sua giusta collocazione, viaggio come aspirazione alla leggerezza, alla voglia di vivere, al ricominciare, una spinta di sano ottimismo in un momento nel quale non può fare che bene.
 
E' giusto essere arrabbiati, giusto essere preoccupati, ma se tu ci pensi come canta lui, siamo solo di passaggio e quindi:
buon viaggio

martedì 14 aprile 2015

Venditti ... cosa avevi in mente



L'ultimo disco, acquistato dal sottoscritto, di Venditti è Sotto il segno dei pesci e la mia copia deve esserci ancora, rigorosamente in vinile, imboscata insieme ad altri vinili in una casa di montagna.
Venditti è tipicamente romano e fa la sua figura come un' apparizione nel bel film La grande bellezza.  Non lo seguo da tempo però sono incappato nel bel video dove Venditti racconta una storia, e riesce a narrarla nel tempo di un video clip molto curato, con una protagonista dalla bellezza folgorante e raffinata di Giulia Elettra Gorietti.
La canzone mi piace, mi piace il video e scopro che è   dedicata, dal cantautore che ha appena compiuto 66 anni, alle donne ed è infatti uscita strategicamente fra il 7 e l' 8 marzo 2015.
E ascoltando questo brano ho pensato alle mie donne, in una vita al femminile circondato soprattutto da donne e mi sono reso conto di quanto noi uomini facciamo ogni giorno per deluderle, spaventarle, aggredirle, emarginarle, sfruttarle, e anche se non è il mio caso ho riscoperto in questo brano la profonda tenerezza che nutro per le mie donne, tutte le donne che compongono il mio presente e danno un senso alla mia vita, e anche al mio scrivere, e quindi, anche se oggi non è la festa della donna, dedico a loro, alla mia compagna, e alle donne che arricchiscono ogni giorno la mia esistenza questo brano, e spero di non dovere mai  chiedere a mia figlia un giorno ... cosa avevi in mente, tutta un'altra vita, cosa avevi in  testa una foto diversa da  questa,  spero proprio che possa trovare un suo posto nel mondo, e che riesca a realizzare almeno un sogno e che quel sogno possa accompagnarla per tutta la vita.
 

sabato 11 aprile 2015

Landini i miei primi Primo Maggio



A me piace Landini e la mia cronica diffidenza nei confronti dei pochi personaggi pubblici accettabili mi spinge a mettere la mani avanti.
E' storia conosciuta quella di sindacalisti carismatici che dopo anni di lotte in difesa dei lavoratori hanno svoltato verso la politica, penso a Cofferati che è stato grande segretario Cgil, mediocre sindaco, per poi scomparire nel parlamento europeo.
Negli ultimi anni non c'è un solo personaggio della scena politica italiana che abbia scelto di fare un passo indietro giunto al vertice della popolarità mediatica, pensate a Monti, conclusa l'esperienza del suo mediocre governo tecnico che sta affamando ancora noi dipendenti pubblici, credeva di essere così popolare da potere correre in politica, ma pensava male, piacere alle banche europee non significa piacere agli elettori.
E adesso c'è Landini, è rimasto solo lui a urlare la sua indignazione nei programmi televisivi contro il governo Renzi, contro gli evasori, contro i banchieri, contro la frammentazione del Pd e della sinistra in generale e per affrontare la crisi profonda del nostro paese, crisi morale, politica economica cosa fa? Crea o contribuisce a creare un laboratorio di idee, un nuovo guazzabuglio indefinibile e indefinito e dietro chi ha? La Fiom.
Mio padre era della Fiom e allora aveva un grande carisma come organizzazione.
Oggi rimane forse l'unica organizzazione di categoria  Cgil  ad avere una sua dignità e allora perché sprecare il suo credito sociale, la sua credibilità gettandosi in una mischia confusa e melmosa?
E adesso leggo che la Coop Adriatica comprerà 60000 copie del libro di Landini I miei primi Primo Maggio.
Dai non scherziamo.
Landini spiega ai bambini il significato della festa dei lavoratori.
Mi viene in mente Gesù che dice lasciate che i bimbi vengano a me, peccato che dietro ci sia la Coop e voglio dire, io sono socio da trent'anni, ma non mi vengano a raccontare che è ente benefico no profit, è una delle grandi realtà imprenditoriali italiane ma non regala nulla, giustamente né ai soci né ai dipendenti.
Quindi?
Anche questa mi sembra una bella iniziativa demagogica, populista, ottima per il marketing e la vendita di un prodotto, ma poco genuina.
Landini perché non continui semplicemente a fare ciò che ti riesce meglio? Il sindacalista.
Non rischiare di scomparire nella fogna di una politica che nel nostro paese tutto demolisce tutto insudicia, e il Primo Maggio difendilo in piazza non nelle scansie di un super mercato.

venerdì 10 aprile 2015

ultimo giro di bozza








E poi alla fine riscopro uno dei momenti più divertenti dello scrivere, quello che precede l'uscita del romanzo.
Mi chiama l'editor della casa editrice che conosco da anni, e la cosa bella è la confidenza che nel tempo si instaura con le persone che collaborano con lo scrittore per la migliore realizzazione possibile del suo lavoro.
Non so se sono io fortunato ad avere sempre collaborato con case editrici serie che amano il proprio mestiere, o se tutte le case editrici sono così, fatto sta che la conversazione telefonica fra me e l'editor dura circa una mezz'ora e per la prima volta una persona mi racconta cosa ne pensa del mio romanzo, mi dice che gli piace, e non è un complimento di convenienza o una concessione che ti può fare un amico per non dispiacerti, il suo è un parere tecnico, mi dice che la storia regge, funziona, buona l'ambientazione, credibili i dialoghi, potrebbe piacere a un pubblico giovanile, scivola bene, mai noioso.
Ringrazio e poi parliamo di alcune cose da mettere a punto, mi dice cosa secondo lui c'è da migliorare, cosa da limare, ridiamo parlando della trama, della mia trama, della mia invenzione e condivido, con questa persona che conosco solo attraverso il nostro comune lavoro, la mia invenzione, mi stupisco come ogni volta della mia creatività, di un mondo inventato che mi è sfuggito di mano diventando autonomo, misterioso, autosufficiente.
Alla fine ci lasciamo con i compiti rispettivi da portare a termine, devo rimmeterci le mani perché ci sono le utlime correzioni da fare, refusi da eliminare, bozze da controllare, copertine da definire e mi rendo conto che non sono solo, non  sono più solo in questa fase, ho trovato dei complici e comunque vada a finire il mio romanzo questo rimarrà probabilmente il momento più divertente, l'approvazione del mio editor, la  certezza di avere scritto un buon lavoro, il prepotente desiderio di vederlo in libreria, e la consapevolezza di essere un privilegiato.
E tutto il resto, il lavoro che mi permette di campare, la paura di invecchiare, gli acciacchi quotidiani, la crisi economica, insomma tutti i pensieri più fastidiosi finiscono all'angolo e per qualche ora sono mi sento quasi appagato, quasi definitivo, come un buon libro di carta in una biblioteca senza tempo.

lunedì 6 aprile 2015

Breva di morte



La brezza che soffia dal centro del lago di Como viene chiamata "breva". È un vento leggero che si alza al pomeriggio e porta il bel tempo. Si leva da sud quando cala il "tivano" e non supera la velocità di 28 chilometri orari. Deve il suo nome, secondo alcuni, alla sua breve durata; altri fanno risalire
l'etimologia al tedesco "brösen", che è una specie di vento, o alla radice sassone "briva", passaggio.

Edgar Faure primo ministro francese nel 1952 in un suo libro sui laghi italiani scrisse " La Breva, il vento del sud che soffia sul lago dopo la calma del mezzodì, è talvolta così tiepido che passando sulla pelle dà l'illusione di tiepide labbra".

E così leggendo il primo romanzo scritto a quattro mani da Cristina Preti ed Emiliano Bezzon ho appreso cosa sia la Breva.

I due autori appartengono alla stessa scuderia per la quale scrivo da anni Eclissi di Milano piccola e coraggiosa casa editrice e in realtà Bezzon ha una cosa ancora più importante in comune con me, indossa la mia divisa, e quindi era grande la curiosità di leggere un romanzo di un altro scrittore e agente della Polizia Locale, in questo caso addirittura Comandante della Polizia Locale di Varese.

Ma al di là della condivisione professionale, ero curioso e questo romanzo non ha deluso le mie aspettative, finalmente un'indagine seria condotta bene, scritta benissimo, precisa senza sbavature o concessioni a retorica e giri di parole.
I personaggi sono  credibili, autentici, nella loro consistenza realistica di uomini e donne in divisa che nel quotidiano della provincia italiana indagano sul ritrovamento di un cadavere sulle rive di un lago nel comune di Valsolda .
Quante volte è accaduto nella realtà della cronaca, quante volte accadrà.
In questo romanzo si racconta un'indagine con una precisione invidiabile e auspicabile in una realtà dove invece purtroppo spesso si sprecano errori, imprecisioni, grossolani inquinamenti di aree investigative, spesso colpa di  scarsa  preparazione e di una cronica insufficienza di risorse messe in campo in un settore, quello dell'indagine investigativa,  non considerato cruciale nel nostro paese.

Ma polemiche a parte la bella tenente dei carabinieri  Daria Mastrangelo sembra destinata a diventare un personaggio seriale in una, auspico, fortunata serie di gialli italiani di ottimo livello.
Non vi svelo nulla del romanzo  a tutti gli effetti  giallo puro, senza digressioni noir, ma con una pulita e precisa analisi delle indagini, e una descrizione accurata dei personaggi, senza concessioni a svolazzi esistenziali.
Piacerà ai puristi del genere, e a chi a un giallo chiede la sua essenza, omicidio, indagine, risoluzione.
Complimenti all'esordio di questa coppia di autori, dove spicca Cristina Preti che ha già pubblicato con successo nella stessa casa editrice.
Breva di morte, Cristina Preti, Emiliano Bezzon, Eclissi editrice
248 pagine.
12 euro.


domenica 5 aprile 2015

Polizia Locale ... forze dell'ordine ... magistratura



Chi difende i difensori? Seconda puntata.
Si può parlare di magistratura?
Si possono esprimere dubbi sull'operato dei giudici?
Un tempo nella mia educazione c'erano alcuni punti cardine:
Il dottore ha sempre ragione. Quando il medico condotto entrava in casa dai miei genitori quasi magicamente i miei assumevano un atteggiamento ossequioso che io allora bambino davo per scontato. Il medico era lo stregone, quello che guariva la tosse, il raffreddore, l'influenza, e anche se non ti guariva infondeva una legittima speranza di guarigione, lui ti aveva concesso il privilegio della sua salvifica presenza e io mi sentivo un bambino fortunato, il medico era venuto a casa mia per salvarmi.
Le cose sono cambiate, oggi i medici a volte pagano per i loro errori, vengono condannati penalmente, vengono indagati, pagano risarcimenti, insomma è stata riconosciuta la loro fallibilità, la loro umana imperfezione e nel tempo sono tornati ad essere essere umani e non più guaritori onnipotenti.

E i giudici?
La magistratura?
Nell' immaginazione popolare e nella cinematografia italiana degli anni sessanta, i giudici come i medici rivestivano sempre un ruolo al di sopra di tutto, vera incarnazione dell'equità della giustizia, che come un'imposizione divina era unica e insindacabile.

Assisto da tempo, silente, a un frequente lavoro di diffamazione nei nostri confronti da parte dei cosiddetti organi di informazione, e quando dico nostri in questo caso parlo anche dei colleghi della Polizia di Stato e in minore misura dei carabinieri.

Tutti contro le divise, noi siamo o quelli che fanno le multe, come nel caso della Polizia Locale, o vessano il povero migrante che come unico demerito ha quello di vendere merce contraffatta, che è un reato nel nostro paese, mentre nei confronti delle altre forze dell'ordine le accuse sono soprattutto indirizzate a violenze o prevaricazioni nei confronti di inermi cittadini.

E la magistratura?
Che ruolo ha in questa bagarre mediatica nella quale noi siamo i prevaricatori e i cittadini le vittime?
Ultimamente ho avuto notizie di alcune cause nelle quali sono coinvolti colleghi, indagati per fatti accaduti in servizio, e mi sento davvero colto nel vivo di una preoccupazione serpeggiante fra gli operatori, l'idea che troppo spesso manchino le tutele minime per potere operare con serenità, in un contesto sociale forcaiolo e intimidatorio nel quale  chiunque con un telefonino in mano diventa testimone della sua verità per poi proporla in rete su you tube con conseguenti commenti deliranti di cittadini rabbiosi che non vedono l'ora di crocifiggere la divisa di turno.

In tutto ciò mi chiedo: il magistrato può sbagliare?
E se sbaglia sarà chiamato a pagare?
Quando uno di noi è condannato in qualsiasi grado di giudizio ha già iniziato a espiare, dovendo pagare migliaia di euro di avvocato,  dovendo subire linciaggi mediatici, conseguenze lavorative, notti insonni e stress devastante, ma anche quando il caso viene archiviato le spese rimangono, rimane la gogna sociale, l'emarginazione e problemi per se stessi e per i familiari.
E se il giudice sbaglia?
Potremo un giorno chiedergli di risarcirci per i danni morali, psicologici, sociali, economici subiti o dovremo come al solito abbozzare davanti alla sua onnipotenza?
Un giorno anche loro torneranno ad essere come i medici semplici esseri umani e servitori dello Stato o continueranno come i medici della mia infanzia a incutere un timore reverenziale tipico di chi non ha da temere nulla nella totale impunità?

giovedì 2 aprile 2015

Polizia Locale ... quando le regole non esistono







E' facile in questo momento storico parlare male della Polizia Municipale, poi se si tratta di quella capitolina è ancora meglio, come sparare sulla Croce Rossa.
Quindi ecco l'ennesima polemica sull'intervento dei colleghi davanti al centro di accoglienza di La Rustica dove ci sono stati momenti di tensione fra gli agenti intervenuti e alcuni rom.
Terreno scivoloso questo, si parla di fasce marginali da una parte e Polizia Locale dall'altra.
Terreno insidioso specialmente se i rom riprendono alcune scene con il telefonino e gridano all'aggressione con tanto di pistola.
Ho guardato il video, pessima regia, brutta sceneggiatura, immagini concitate e confuse.
Solo chi si è trovato in mezzo a uno sgombero o a una situazione analoga sa cosa significa cercare di mantenere la calma, a me è capitato spesso e non è né facile, né scontato, specialmente quando una persona, minorenne o maggiorenne, poco importa, ti aggredisce a colpi di manico di scopa, mentre tutti intorno ti offendono, minacciano e mettono in pratica tutto ciò che è possibile per provocarti e costringerti alla ritirata.
La persona fermata dai colleghi è spinta nell' auto di servizio, dopo pochi istanti esce dall'altra parte quasi indisturbata mentre intorno è totale e incontrollabile la bagarre.
Nell'articolo si parla di pistole maneggiate con disinvoltura e altre cose del genere, ma la situazione così delicata, confusa e convulsa non è che la conseguenza di una totale mancanza di regole d'ingaggio.
L'amministrazione ti impone di andare in quel luogo e fare il tuo dovere, costringendoti a fronteggiare un gruppo di professionisti della disubbidienza sociale, non prendiamoci in giro, poi però davanti a una piccola sommossa quali armi puoi mettere in campo? Davanti alla ragazzina che ti percuote con il manico di scopa, davanti alla persona fermata che si dà alla fuga, cosa possono fare gli operanti per non essere tacciati di violenti, prevaricatori, e vigili inadeguati?
In parole semplici, quali armi possiamo mettere in campo per non farci picchiare e adempiere ai compiti che l'amministrazione ci impone di portare a termine?
Fino a quando lo Stato e le sue emanazioni, Regioni e Comuni, non decideranno quali sono i nostri compiti, i nostri limiti d'azione, le nostre possibilità di intervento, noi saremo sempre in balia di coloro che conoscono bene fino a dove possono spingersi, persone, gruppi, associazioni, pregiudicati, che sanno quanto in Italia un agente della Polizia Locale sia poco tutelato, e quasi sempre messo in condizioni di non potere svolgere al meglio le sue mansioni di agente di Polizia
Come fare rispettare le regole se chi è chiamato a farlo è vittima di una totale assenza delle stesse?