mercoledì 31 agosto 2016

Gene Wilder


La sua fama si consolidò con uno dei capolavori della comicità americana, Frankenstein Junior.
Film della mia adolescenza e della mia vita, la leggerezza, l'intelligenza della sceneggiatura, la bellezza del bianco e nero, l'inarrestabile capacità di fare ridere e sorridere fanno di questo film uno dei miei preferiti.
Gene Wilder è un pezzo della mia vita di cinefilo che se ne va, i film sono parte della vita, come i libri, come i brani musicali.
Ti distrai un secondo e scopri che Gene Wilder aveva 83 anni, che Mel Brooks ne ha 90, ma i loro film, la loro comicità continuerà a conservare intatta la freschezza dei vent'anni, quando la leggerezza e l'allegria dovrebbero comporre la vita di chiunque.



martedì 30 agosto 2016

zona d'ombra



Storia vera, bella interpretazione di Will Smith che non disdegna pellicole impegnate e invecchiando migliora come il buon vino.
La storia è semplice, un neuropatologo nigeriano si trova a indagare sulla morte di un ex giocatore di football e scopre danni causati da una patologia degenerativa cerebrale causata dai numerosi traumi subiti nel gioco più amato dagli americani. Inizia una battaglia con la NFL, la lega nazionale football e nonostante i tentativi di insabbiamento la verità viene a galla, dietro alle numerose morti di giocatori professionisti si annida una scomoda verità.
Però una considerazione finale merita sottolineatura.
Nulla è cambiato, questi moderni e pagatissimi gladiatori continuano a scendere in campo e a farsi massacrare per la gloria e per il denaro, unica differenza è che adesso sanno di rischiare una fine dolorosa e indecorosa.
La storia della civiltà occidentale si ripete, quando in ballo ci sono poteri forti (monopolio tabacco, armi, petrolio e sport professionistico) non c'è scampo, prima gli interessi economici e poi la salute.
Imploderemo, vittime della innata smania di potere e ricchezza di pochi.
film pregevole.
su sky


lunedì 29 agosto 2016

la memoria ritrovata



Mi scrive su facebook un messaggio privato, dice di conoscermi, di avermi ritrovato in una libreria, prima ha visto i libri, poi ha collegato il nome, li ha comprati (Il silenzio della bassa, Bologna non c'è più) poi ha deciso di contattarmi, eravamo amici di villeggiatura, ci si incontrava a Gaggio Montano, avevo 13, 14 anni, la puzzolente adolescenza quella dei brufoli e dei primi amori. Ci siamo rivisti per un caffè, l'ho trovato uguale, solo appena ingrigito dopo 40 anni ma sempre identica simpatia e grinta, come se il tempo non fosse trascorso.

Ieri mi scrive un altro lettore, sempre bolognese, stessa storia ha comprato i miei ultimi due romanzi, li ha letti e ha collegato il nome alla sua storia, eravamo insieme al corso ufficiali in artiglieria da montagna, adesso è un collega, lavora in comune e ricorda particolari di quel periodo remoto (1982) che avevo dimenticato.
Forse ci vedremo per rimembrare pezzi di passato comune.

Mi chiedono perché scrivi?
Non sarebbero già due motivi sufficienti?
Noi siamo il nostro passato, bello o brutto che sia ha formato il nostro presente, è rimasto incastrato fra stomaco e cuore e ogni tanto torna a chiederti se sei  abbastanza lucido per ricomporlo, istantanee in bianco e nero dell'esistenza.

giovedì 25 agosto 2016

the giver il mondo di Jonas




Tratto da un romanzo di fantascienza del 1993, il film appartiene alla classe dei romanzi distopici:

per distopia (o antiutopia, pseudo-utopia, utopia negativa o cacotopia) s’intende una società indesiderabile sotto tutti i punti di vista. Il termine, da pronunciarsi “distopìa”, è stato coniato come opposto di utopia ed è soprattutto utilizzato in riferimento alla rappresentazione di una società fittizia (spesso ambientata in un futuro prossimo) nella quale le tendenze sociali sono portate a estremi apocalittici.

A me viene in mente La città e le stelle di Clarke del 1956, per esempio.

La differenza fra questo filone (3 romanzi) e altri del genere, è l'idea di base, la costruzione di un mondo residuale, in bianco e nero, dove le emozioni non ci sono, o sono ridotte al minimo.
Niente dolore, né malattie, né odio, né amore, né morte, etc etc.

L'uomo è sopravvissuto a se stesso in questa storia e ha imparato la filosofia dell'anafettività generalizzata.

Due mostri sacri a tenere in piedi il film, Jeff Bridges e Meryl Streep e uno stuolo di giovanissimi attori.
Ultima considerazione.
Fra il nostro modello sociale che definirei nuovo medioevo e quel modello cinematografico per daltonici dell'anima, quasi quasi faccio un abbonamento al secondo, davanti all'orrore quotidiano, terremoto compreso, diventa logorante aspettare sempre il peggio.

sabato 20 agosto 2016

Memorie di Adriano ... Albertazzi



Memorie di Adriano è una lettura obbligatoria per chi come me ha amato la storia e soprattutto la suggestione che una grande scrittrice può ricreare nella ricostruzione del pensiero e della vita di un  imperatore.
Albertazzi, scomparso quest'anno, è un attore che ha reso grande il nostro teatro, la sua interpretazione di alcuni brani di memorie di Adriano è uno dei tasselli che mi porto dietro per imparare a invecchiare o come recita l'attore per cominciare a simpatizzare con l'idea della morte.
Questa interpretazione racconta la riflessione di un grande vecchio a fine corsa, racconta l'amore e lo ripropone nel rapporto con Antino, dimostrazione di come al di là di ogni dubbio o illazione, l'amore sia unico, totale, immortale, al di sopra di differenze e diversità.
Alla fine cosa rimane della nostra vita? I libri immortali, le grandi interpretazioni, la filosofia che ci insegna a vivere, invecchiare, morire,  il vino che non ubriaca ma scalda lo stomaco, l'amore che fa tremare e sussultare, l'immaginazione che ci permette di distrarci dalla quotidianità.
Tutti aspetti, se ci pensate bene, che difficilmente troverete nel vostro cellulare, o in facebook, simulacri maldestri, imitazioni virtuali delle nostre emozioni.
Guardatevi Albertazzi, un'oretta di pura arte, su sky, o su you tube.
Fermatevi con Adriano a riflettere sulla vita, quella vera, quella che non concede scampo.

venerdì 19 agosto 2016

tutta colpa di Freud



Ieri sera ho guardato Tutta colpa di Freud un altro film di Genovese.
Leggero, meno drammatico di Perfetti sconosciuti e imperniato sul rapporto fra tre figlie grandi e un padre psicanalista.
Il cast è composto in parte dagli attori prediletti da Genovese, Marco Giallini e Anna Foglietta, splendidi protagonisti in Perfetti sconosciuti.
Il cast di Genovese è spesso composto da noti attori del panorama romano che alla fine troviamo in tutte le situazioni dalle fiction (Distretto di Polizia) al cinema, ma al di là di considerazioni squisitamente maligne sul fatto che nel nostro cinema lavorano sempre i soliti noti e chissà perché, il cinema di Genovese mi convince anche in questa pellicola, in maniera decisamente minore rispetto all'altro film citato ma comunque diverte e distrae dai crucci quotidiani.
Ultima riflessione.
Il rapporto padre figlie.
Quanto è difficile essere genitore oggi?
O forse lo è sempre stato.
Chissà.
Ricordo la mia adolescenza, il primo lavoro a 19 anni, l'esigenza prepotente di autonomia, il coraggio di uscire nel mondo e rimboccarmi le maniche, ricordo che i miei c'erano, non ricchi, ma presenti come potevano e che mai mi hanno impedito di fare scelte sostanziali che mi hanno condotto fino ad oggi, un presente nel quale mi riconosco con una storia e un senso nel mio stare al mondo.
Sono cresciuto credendo che ci fossero regole e persone da rispettare.
Merito loro?
Chissà.
Forse sì perché l'unico ruolo del quale non sono soddisfatto è quello di genitore, mi manca quell'autorevolezza educativa, e la forza della determinazione. Forse speravo, come il protagonista del film, che bastasse l'amore a formare il carattere dei figli.
Mi sbagliavo

giovedì 18 agosto 2016

perfetti sconosciuti



Vincitore del David di Donatello 2016.
Sicuramente Genovese è persona intelligente.
Unico suo film precedente degno di menzione a mio avviso, rimane incantesimo napoletano.
Genovese si inserisce come regista in un desolante panorama italiano rilanciando o almeno provandoci, una commedia sfilacciata e appiattita da anni di cine panettoni e porcate simili.
I suoi rimangono prodotti commerciali, ma intelligenti, dignitosi.
Perfetti sconosciuti a mio avviso rappresenta un salto di qualità.
Genovese indaga su alcuni aspetti del nostro attuale vivere e chi mi conosce, chi conosce i miei scritti, sa quanto io sia sensibile all'argomento.
Nel mio ultimo libro di racconti scrivo del rapporto attuale fra uomo e cellulare, uomo e rete, uomo e comunicazione virtuale.
Lui fa un lavoro decisamente intelligente, da bravo imprenditore della creatività per immagini.
Racconta una storia tanto surreale quanto possibile partendo da un gioco, quello della verità, che viene anche citato nel film.
Nella realtà non credo sia possibile un gioco del genere.
Il cellulare è diventato davvero per tutti la scatola nera, l'armadio delle nostre miserie quotidiane, rifugio di sogni erotici di serie b, di ricette culinarie e di vita, di immagini e video spesso di scadente qualità e in una parola il nostro diario quotidiano, testimone della nostra sconfitta rispetto alla solitudine degli affetti, all'incapacità comunicativa, alla povertà morale.
Genovese non tralascia nulla, con sapiente regia crea l'attesa e colpisce duro, dove fa male.
Unica pecca la sottolineatura sulla diversità, mi pare appena ipocrita, come al solito tesa a catturare facili consensi, ma nel complesso grande commedia, grande interpretazione di tutti da Mastandrea a Giallini, dalla Foglietta alla Smutniak.
Da non perdere e da non emulare come gioco, perché come dice uno dei protagonisti, siamo troppo frangibili per farlo.

mercoledì 17 agosto 2016

a Napoli non piove mai



C'era Edoardo, la commedia napoletana, Totò e soprattutto Troisi. Dopo la sua morte non ho più trovato un giovane comico napoletano in grado di avvicinarsi minimamente alla sua originalità e grandezza.
Questa commedia è leggera, etera, surreale come pranzo di ferragosto anzi di più, e onesta, gioca con Napoli, ne mostra alcuni angoli immutati nella loro ineguagliabile bellezza, racconta una favola moderna con protagonisti improbabili ma seducenti nella loro ingenuità.
La ragazza del nord che sviene davanti alle opere d'arte, il trentottenne  napoletano sfaccendato e sornione, il depresso a causa di un amore finito. Si incrociano i personaggi, sullo sfondo Napoli e qualche noto caratterista rendono il racconto piacevole come una sfogliatella pomeridiana.
Su Sky

martedì 16 agosto 2016

pranzo di ferragosto



Non so se esiste il cinema minimalista.
Questo sarebbe un buon esempio.
Il film ha vinto diversi premi come opera prima nel 2008, ed è davvero gradevole, appena surreale, ma neanche tanto a volere scavare un poco, esordio alla regia di uno sceneggiatore romano.
Il film non si pone, grazie al cielo, obiettivi contenutistici o morali, racconta la storia banale nella sua concretezza di un ferragosto romano dove un attempato uomo che vive con l'anziana madre si trova costretto,suo malgrado, a trasformare l'appartamento in una sorta di bed and breakfast per anziane signore parcheggiate dai parenti che in un modo o nell'altro hanno altri progetti per la settimana più vacanziera dell'anno.
Il film è leggero, scivola via bene come un vino dei colli romani e anche la vecchiaia vista con lo sguardo disincantato di Gianni Di Gregorio, sembra quasi una stagione affrontabile, basta incontrare il personaggio giusto.
Su Sky

domenica 14 agosto 2016

Vite in divisa ...servizio di una giornata di mezza estate


Fotografia tratta da Brescia oggi del 16 giugno 2015. Agente della Polizia Locale che insegue uno dei responsabili della maxi rissa scoppiata sabato sera in piazza Vittoria.

E la chiamano estate.
Tutti gli anni arriva puntuale ferragosto e i quotidiani più per abitudine che per malafede, ritraggono le diverse centrali radio operative dimenticandosi quasi sempre della nostra.
Ma cosa fanno i "vigili" d'estate?
Le multe ai turisti, diranno i più, mentre succhiano un ghiacciolo sotto l'ombrellone.
I controlli dei mercati.
Danno le informazioni ai turisti.
Si imboscano negli angoli d'ombra risparmiati dal sole.
Si nascondono negli uffici.

Vi racconto cosa facciamo.
Basta ascoltare la radio in una qualsiasi giornata, a Bologna!
E' scoppiato un incendio in centro e i primi ad arrivare sul posto sono quelli della municipale, erano in zona, perché presidiano il territorio, cercano l'origine dell'incendio, chiudono la strada, collaborano con i vigili del fuoco...
Un'altra pattuglia è su una copiosa perdita d'acqua, la strada rischia di sprofondare bisogna deviare gli autobus e il traffico, attendere il pronto intervento Hera, utilizzare la propria pazienza per smontare la rabbia di alcuni automobilisti che non vogliono sentir ragione e vogliono passare per forza...
Una pattuglia è andata a prendere due migranti presunti minorenni, bisogna affidarli ai servizi sociali, appurare l'età, accudirli e nutrirli e questa banale operazione può durare tutto il giorno protraendosi a volte anche per parte della notte (e ormai avviene quasi settimanalmente)...
Una pattuglia interviene su un sinistro stradale, sembra routine ma improvvisamente i ''contendenti'' si insultano e vengono alle mani ed i colleghi stendono sul cofano quello più facinoroso, rischiando di prendersi un cazzotto destinato all'avversario...
Un cittadino segnala cattivo odore  dall'appartamento di un  vicino, un anziano, uno di quelli dimenticati, bisogna chiamare i vigili del fuoco e buttare giù la porta...
C'è un trattamento sanitario da fare, perché i nostri anziani spesso sono soli, come i nostri malati di mente, dimenticati nel paese dell'accoglienza a tutti i costi, perché i nostri marginali non fanno notizia, non riempiono i notiziari...
Due agenti si avvicinano a un giovane straniero che sta importunando dei negozianti e dei passanti, gli chiedono i documenti e questo (ubriaco o impasticcato o tutti e due), improvvisamente, tira un pugno e afferra alla gola uno dei due...

Nella città di metà estate ci siamo noi, e di notte siamo ai telefoni, alla radio, e ascoltiamo i cittadini che spesso chiamano perché non hanno altre persone con le quali parlare, malati di una solitudine talmente amara che meglio parlare con un vigile piuttosto che rimanere da soli con i propri fantasmi.

Perché noi ci siamo, a volte siamo nervosi, a volte stanchi, delusi da uno stato che ci ignora e talvolta da un'amministrazione locale che ci osteggia e denigra... ma chi ci cerca, chi ci infama e chi ci telefona, sa che in un modo o nell'altro noi ci siamo, controlliamo il territorio e la nostra città, che tanto amiamo in quanto, spesso, è quella in cui siamo nati.
Molti cittadini lo sanno.
Chissà se i giornalisti e i politici se lo sono dimenticato?


Massimo Fagnoni delegato SULPL Bologna

sabato 13 agosto 2016

azzurro




Era il 1968 io avevo 9 anni e il ricordo di un'estate è tutto in questa canzone.
Non mi ricordo di com'ero, immagino un ragazzetto carino, magro, molti capelli ricci e castani, pantaloni corti e una vaga idea di estate.
Ricordo una casa nel verde di Porretta Terme sopra la piscina olimpionica, gli zii più giovani che vivevano in quel luogo e una stanza fresca nell'ombra di un pomeriggio estivo e poi ricordo il mangiadischi, un ordigno misterioso e affascinante che sapeva di possibilità, di benessere, di anni sessanta.
Infilavo il 45 giri nel mangiadischi e all'improvviso la magia dell'estate era tutta lì, nelle parole di Paolo Conte, nella voce roca di Celentano.
Non conoscevo Paolo Conte, conoscevo Celentano, già un'icona nell'immaginario collettivo.
Quel brano mi pare ancora di vederlo più che ascoltarlo, perché il racconto dell'estate di Paolo Conte era tanto vivido quanto condivisibile.
Immaginavo me stesso passeggiare in quel giardino fra   oleandro e baobab, inventandomi un'Africa o un paese esotico come immaginavo  Mompracem leggendo Salgari.
Rivivo ancora la noia e la solitudine dell'infanzia e tutto quell'azzurro di cui non sapevo che fare.
Quella era l'estate degli anni sessanta,  nostalgia leggera e quieta di una stagione nella quale il discrimine fra essere poveri o ricchi  era tutto nel possedere o meno un mangiadischi.


mercoledì 10 agosto 2016

Vite in divisa ... da Ventimiglia a Pompei




Morire in divisa, morire in agosto, mentre la gente è in vacanza... gli altri, quelli che passandosi il piatto della grigliata in un qualsiasi luogo di vacanza e masticando allegramente, commentano:
è morto un poliziotto cinquantenne, a Ventimiglia, dove i no borders manifestavano per i diritti dei migranti.

Morire in divisa d'agosto a Pompei, 55 anni, agente della Municipale, mentre rincorreva alcuni extra comunitari che vendevano merce contraffatta, anche in questo caso infarto.

Casi simili, colleghi anziani, come lo sono io che di anni ne ho 56 e so cosa significa correre dietro a qualcuno, affrontare situazioni a rischio, fra illegalità, trattamenti sanitari obbligatori, sgomberi, viabilità, conflitti umani e follie improvvise.
Noi non facciamo ordine pubblico, ma mi immagino a 55 anni nel calore opprimente di un qualsiasi confine a sostenere lo stress, con casco, e tutta l'armatura, perché devo fare il mio dovere, perché l'età media dei lavoratori in divisa è sempre più elevata per tutti! E noi della Polizia Locale non abbiamo nemmeno la speranza di potere andare in pensione prima, condannati come in un girone dantesco a indossare dei panni sempre più stretti, con una microcriminalità sempre più dilagante e le nuove emergenze sociali e terroristiche.

Non entro nel merito delle questioni, non mi dilungo a parlare di migranti, ho le mie idee e me le tengo.

Io sto dalla parte dei miei colleghi, fratelli, compagni.
Loro, che siano colleghi della Municipale o poliziotti o carabinieri, loro sono la mia gente, sarei ipocrita se mi schierassi diversamente e forse il problema in questo paese è proprio questo.
Se muore uno sbirro di  infarto, era un vecchio, doveva stare a casa, in fin dei conti stava facendo il suo lavoro lo sapeva cosa rischiava.

Ma la gente che non indossa la divisa, quelli di prima che mangiano carne alla griglia e brindano all'imminente ferragosto e quelli che giocano in parlamento con la vita delle persone, si dimenticano come al solito che è per permettere loro di godersi le ferie che in giro ci sono divise sotto il sole che fanno il loro dovere con armi spuntate, pochi strumenti ed ancor meno tutele.

Io penso ai due colleghi, morti in contesti diversi, gente come me, persone che lasciano famiglie, e il mio pensiero è solo per loro e per quelli che in questi giorni controllano le strade, le piazze, gli accessi, i confini.
Non dimentichiamoci di loro.
Nessuno deve restare indietro.


Massimo Fagnoni delegato SULPL Bologna

lunedì 8 agosto 2016

domenica 7 agosto 2016

Lebowitz vs Lebowitz



Pregevole serie francese che racconta le cause intraprese dalla studio Lebowitz dove convivono forzatamente le due avvocate dell'immagine sopra, coproduzione belga, svizzera, francese, commedia brillante a tratti gialla, adatta a un pomeriggio agostano come questo

sabato 6 agosto 2016

le osterie di fuori porta






Pomeriggio di agosto, Bologna, un bel vento leggero e primaverile spazza la città e oggi faccio pace con Guccini, tanto l'ho ascoltato, tanto l'ho cantato, molto l'ho amato e poi dimenticato.
Ma oggi ve lo regalo in una canzone che noi bolognesi  cinquantenni conosciamo bene.
Si parla delle osterie di fuori porta.
Non credo ne siano rimaste molte e le poche non saranno più quelle della mia giovinezza.
Nessuna nostalgia le cose andate sono andate e ho per unico rimorso le occasioni che ho perduto.

Ma in una giornata di agosto in città si può fare pace con Guccini e con il passato e con la giovinezza perduta, perché io ci credevo, non chiedetemi in cosa, poco importa, ma avevo gli occhi spalancati e pensavo prima di agire. I giovani di oggi, e non è solo lo sproloquio di un vecchio, spesso in testa hanno solo il mare e ci affogano dentro senza neanche accorgersene.


giovedì 4 agosto 2016

i bambini oggi ... questi sconosciuti




Sto entrando in piscina quella dove solitamente nuota anche Trebbi, giornata estiva, periodo nel quale le piscine si riempiono  di minori accompagnati da educatori più o meno preparati, sono i cosiddetti centri estivi che radunano i bambini nel periodo in cui la scuola è chiusa e i genitori non sapendo dove collocarli li inseriscono in queste situazioni comunali o private, poco importa. La speranza dei genitori è che i loro pargoli possano divertirsi facendo attività ludico sportive in compagnia.

Mentre vado verso l'ingresso vedo un bambino, uno scarabocchio magro e saltellante che sta facendo versi e gesti verso una  educatrice bionda e giovane, potrà avere vent'anni al massimo e potrebbe essere una discreta pallavolista giudicando dal fisico, dietro alla educatrice una bambina sta piangendo a dirotto.
Si intuisce che la causa di tanto sconforto è il marmocchio saltellante che irride educatrice e coetanea e fa gestacci espliciti con il dito medio.
L'educatrice sta separando i contesti, sta tenendo fuori dal gruppo l'elemento disturbatore, e si vede che fatica a gestire la situazione, si vede che è arrabbiata e impotente, mentre il bambino indisciplinato continua a offendere senza un argine, senza un minimo timore.

Stessa piscina pochi giorni dopo, due bambini sotto le docce, forse fratelli, forse no, si lanciano i costumi bagnati da un capo all'altro del locale, ridono urlano, sembrano scimmie in libertà, sono nudi, quando la regola prevederebbe l'utilizzo del costume sotto le docce, devo chiedere loro di interrompere il gioco per permettermi di fare la doccia senza essere colpito dai loro costumi, generosamente interrompono il loro gioco per pochi istanti per poi ricominciare appena esco di scena.

Bambini ...
Io non ero così, rispettavo le regole, temevo la punizione e non solo dai miei genitori, dalla maestra, dall'educatore di turno in colonia, dal poliziotto municipale (allora vigile), dal carabiniere, dal passante, dall'adulto.

Questi minori cosa hanno da temere?
L'educatrice non può intervenire in nessun modo, rischierebbe una denuncia, o l'ira di genitori subito pronti a difendere il loro piccino, poco importa che sia l'enfant sauvage di Truffaut, poco importa che non rispetti regole, coetanei, istituzioni, adulti.
Il bimbo può tutto, al bimbo tutto è dovuto, il minore spesso lo sa, lo sanno i minori che stuprano in branco, lo sanno i criminali che li utilizzano per i reati, lo sanno i bulli nelle scuole.
Ma noi adulti lo sappiamo?
E di chi è la colpa? come sono strutturate le famiglie oggi, con figli spesso unici cresciuti a playstation e facebook, senza controllo, senza argine.
Quali adulti diventeranno questi bambini totalmente privi di regole, viziati, anestetizzati da una virtualità che riempie le loro vite e i loro giorni?
E non ditemi che non mi piacciono i bambini, mi piacciono molto, visti da lontano.


mercoledì 3 agosto 2016

Jesse Stone - delitti irrisolti




Nono episodio per Jesse Stone su Sky, produzione 2015 che vede la partecipazione economica di Tom Selleck che sembra avere trovato la sua dimensione di nicchia, ma dignitosa,  in questa interpretazione del vecchio poliziotto metropolitano sbarcato a Paradise, località nebbiosa e depressa,  il quale, arrivato alla pensione, decide di collaborare con la polizia di Boston su alcuni casi irrisolti.
Come già scritto, nella narrativa di genere e non, fondamentale diventa la descrizione dei personaggi, lo sviluppo dell'intreccio, e in questo caso la sceneggiatura, essenziale e funzionale alla definizione del personaggio principale, il poliziotto duro e puro, alcolista  con moderazione, che ama ed è amato dal genere femminile, ma che si ritrova regolarmente solo con un nuovo cane e con le sue malinconie.
Mi piace il personaggio, il film è piacevole, buoni spunti per la mia narrazione, alla fine un simpatico intermezzo estivo.
su sky.

martedì 2 agosto 2016

2 agosto 1980 ... 2 agosto 2016



Questa bambina scomparve il 2 agosto 1980 nella esplosione avvenuta alla stazione di Bologna.
La strage del 2 agosto rimane l'atto di terrorismo più grave avvenuto in Italia nel secondo dopoguerra e noi bolognesi ogni anno scendiamo in piazza per non dimenticare.
Conosco personalmente almeno un sopravvissuto e quella giornata è  incisa nella nostra memoria collettiva e individuale di bolognesi e italiani.
Allora si parlò di strategia della tensione, ancora oggi abbiamo dubbi e sospetti su quanti e quali poteri fossero dietro a quella strage, a tutte le stragi, che in quel periodo insanguinarono l'Emilia e l'intero paese.
Sono state spese milioni di parole, girati film, inchieste televisive e documentari, mobilitate le coscienze e nonostante l'alternarsi dei governi rimangono ancora dubbi e lati oscuri.

Adesso il terrorismo ha cambiato aspetto, ha cambiato matrice, è diventato internazionale.
Ci sono alcune differenze sostanziali.
Allora i terroristi appoggiavano una valigetta in una stazione, in un treno, in una piazza e poi se ne andavano.
Adesso i terroristi si fanno saltare in aria, investono la gente con i camion, sparano in un locale affollato e alla fine si fanno uccidere.
Ciò che rimane oscuro allora come adesso è la motivazione.
I terroristi di allora erano probabilmente italiani e seminavano morte e distruzione per una motivazione politica, ideologica, magari erano pagati per compiere le loro nefandezze.
Quelli attuali uccidono nel nome di una religione, la stessa religione che sembra smentire le loro azioni.
Chi sono questi mostri?
Chi erano i mostri di allora?
Da dove nascono persone come queste, stessa matrice marcia, stesso buio nel cervello.
Perché non esiste motivazione plausibile che può giustificare la morte di persone innocenti, innocenti come Angela Fresu dissolta nel calore intollerabile di una esplosione terribile che distrusse una stazione, uccise 85 persone, cercando di piegare Bologna e il paese.
Chi uccide persone indifese nei luoghi dove ci si incontra per vivere insieme, per condividere, non può rientrare in nessuna categoria umana o animale, sono ed erano mostri.
Noi bolognesi lo sappiamo.
Siamo sopravvissuti a tutto quell'orrore, non ci hanno piegati, siamo ancora qui ogni anno per non dimenticare e se ci pensate bene la ricetta bolognese è esportabile anche contro il nuovo orrore.
Bisogna scendere nelle piazze in tanti, devono capire, coloro che seminano il terrore, che non ci possono piegare allora come oggi.
Forse un giorno scopriremo che dietro a questi mostri suicidi c'è qualcuno di potente, oscuro, con una motivazione legata a potere e denaro, come al solito.
Non importa.
Qualunque sia la logica noi dobbiamo continuare a mobilitarci per dimostrare che non esiste terrorismo vincente di fronte alla forza della ragione.
Non possono ammazzarci tutti, non devono piegarci.
Nessuno deve rimanere indietro.