Hall Her Fault ... Colpa sua.
Ho guardato i primi dieci minuti dell'ennesima serie che racconta dell'ennesima madre straricca alla quale rapiscono il figlioletto, biondissimo e dolce dalla scuola esclusiva nella quale è iscritto.
Lei l'avevo già vista in Succession, altra serie, che racconta le vicissitudini di una famiglia di insopportabili miliardari che cercando di scannarsi a suon di milioni.
Il bambino della serie in oggetto viene prelevato da una "tata" che senza problemi riesce a farsi affidare il minore come bere un bicchier d'acqua.
Al di là dell'improbabile affidamento di un bambino a chicchessia nel periodo più paranoico che storia ricordi, la decisione di abbandonare la visione è stata dettata dal momento nel quale la mamma, che lavora tantissimo, e guadagna tantissimo, arriva alla magione familiare e comincia a correre per la proprietà disperata cercando il figlioletto.
Sto parlando di un'enorme villa, con un'enorme piscina, con stanze e scale e spazi peraltro eccessivi per una famiglia di tre persone, con tanto di dependance per il cognato disabile? O almeno provvisto di stampella.
A quel punto ho pensato, sai che c'è? Chi se ne frega di te, della tua vita patinata e opulenta, della ricchezza ostentata, della trama che qualsiasi coniglio farà saltare fuori dal cappello mai potrà intrigarmi.
La realtà, quella che colpisce allo stomaco, è da un'altra parte, in un mondo di bambini uccisi ogni giorno da fame e da bombe, bambini dimenticati, ignorati, violati e cancellati come fossero oggetti da scartare.
Anche la fiction deve attingere a una realtà credibile e scendere nelle periferie e nei luoghi dove ogni spettatore o lettore, per quanto riguarda i romanzi, possa identificarsi, e chi se ne frega se al grande pubblico piace vedere quando i ricchi piangono.

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