Troisi mi ha condizionato a tal punto che nel 1987 guardando "le vie del Signore sono finite" decisi che non mi sarei mai cimentato nella scrittura creativa.
In una scena del film, mentre il protagonista Camillo (Troisi) è sul treno e parla con Orlando (Massimo Bonetti) gli confessa che lui non legge perché ci sono troppi scrittori nel mondo e lui un unico lettore.
Ascoltando quel passaggio decisi che ero d'accordo con lui, troppi e aggiungo scadenti scrittori e io avrei solo ingrossato le fila diventando uno scadente scrittore.
Quella consapevolezza ha fatto si che abbia deciso di iniziare a scrivere vent'anni dopo, spinto forse dall'amore per una donna.
Troisi per me era come un fratello maggiore napoletano, ma neanche tanto, disincantato, insofferente al dilagante qualunquismo culturale e a un paese così corrotto e sempre dalla parte del più forte.
Era un Masaniello divertito e divertente e piaceva a tutti, rimane insieme a pochissimi italiani contemporanei un esempio di come una mente lucida e controcorrente possa, a dispetto di santi e regimi, realizzare il sogno.
Ho visto il documentario di Martone regista, mio coetaneo, uomo sensibile e colto.
Ho faticato a prendere sonno dopo la visione, mi rigiravo nel letto, ascoltando i tuoni di un temporale lontano e pensavo, cosa sarebbe accaduto se Troisi avesse deciso di farsi operare in America invece di girare Il postino?
Non lo sapremo mai.
Rimane solo questa struggente malinconia, la nostalgia di ciò che non ha potuto realizzare e un sentimento di vicinanza, come accade solo con le persone care che non compongono più il quotidiano della mia vita.
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