mercoledì 23 giugno 2021

#stodadio ... l'enigma di Artolè


 

Particolare il romanzo di Carmine Caputo, una citazione:

"Non voglio scrivere un giallo, primo perché non ne sarei capace, secondo perché ho conosciuto alcuni giallisti pieni di sé, convinti di essere il nuovo Camilleri o Lucarelli solo per aver venduto qualche migliaio di copie, che non si rendono conto di raccontare sempre la stessa storia. La citazione a effetto, l'omicidio a pagina 15, un po' di sesso torbido a pagina 27, le descrizione del quartiere degradato che fa tanto noir e denuncia sociale etc etc."

Chi parla è uno dei protagonisti dell'indagine fuori da molti schemi in realtà, che ha come sfondo Tolè un paese dell'appennino emiliano, uno dei tanti.

Tolè non è solo il luogo dove si svolge il romanzo, è anche protagonista vitale di tutta la vicenda, per le sue strade e nei luoghi di incontro delle persone si respira la vita di una comunità pulsante.

I personaggi sono bene caratterizzati e raccontano, ognuno dalla propria prospettiva, la loro versione dei fatti, la loro verità e soprattutto la loro vita.

Caputo ha raccontato, alla presentazione che ha condiviso con me al Trebbo, all'Isola del tesoro, di avere vissuto a Tolè un paio d'anni, per motivi lavorativi.

Il suo punto di vista, il suo modo di raccontare il paese e la comunità montana è autentico, da persona che ha vissuto intensamente quei rapporti e ha saputo memorizzare stili, abitudini, dialetti, tradizioni.

Io sono nato a Bologna ma le mie radici sono fra Granaglione e Gaggio Montano e pure non avendo mai vissuto in quei luoghi ho respirato, leggendo il romanzo, sensazioni familiari.

Il romanzo è un giallo, ma non insegue i consueti canoni tanto criticati da uno dei protagonisti, il fine di Caputo mi è parso più quello di  raccontare la sua idea di appennino, il ricordo di un'esperienza sicuramente intensa, e le persone, magari reinventate per l'occasione.

Non manca un sottile umorismo a tratti velato di malinconia che rende questo lavoro ancora più interessante.

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