domenica 17 gennaio 2021

padrenostro


 

La prima considerazione è che ultimamente incontro tanti bambini, attori davvero bravi, e quando si parla di bambini non c'è accademia che tenga, se sono bravi evidentemente possiedono il talento, ingrediente sconosciuto ma indispensabile per quasìasi arte.

Il film mi è entrato nel profondo, si parla del delicato e soggettivo rapporto padre figlio, si parla di famiglia, degli anni di piombo e in questo caso 1976, si parla di amore, amicizia e solitudine.

Favino, pur non essendo il protagonista, che rimane il bambino, eccelle come sempre.

L'ambientazione, la musica, i personaggi, la sceneggiatura, tutto mi ha riportato a quegli anni terribili e disperati della mia adolescenza, fra occupazioni scolastiche, terrorismo e ideologia.

Con gli occhi della mia età ripenso al terrorismo e ai terroristi come uno dei tanti cancri italiani, una sorta di dittatura del terrore che per anni mise all'angolo ragionevolezza e democrazia innescando in noi giovani una pericolosa confusione.

Ma il tema principale rimane il punto di vista del bambino costretto a reinventare un rapporto con il padre, vicequestore, uomo dello Stato, in prima linea, lontanissimo, in pericolo e tanto amato.

Il tema riguarda la capacità di vivere i nostri drammi individuali, le nostre tragedie, sapendo superarle da soli, perché si nasce, si muore e si vive in grande solitudine e la solidarietà è una fandonia cattolica per indorare la pillola.

Cosa rimane? La capacità di raccontare il proprio vissuto personale rendendolo condivisibile.

Come in questo caso.

Su Sky

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