mercoledì 19 febbraio 2020

generation kill






Cosa può spingere un giovane americano a fare di tutto per entrare nel Marines degli Stati Uniti e partire volontario per una guerra qualsiasi?
Impossibile saperlo, ricordo però un giorno di quasi 40 anni fa quando all'uscita di un esame universitario  andato male, diritto del lavoro, decisi che era ora di farla finita con le sciocchezze e andai diretto al distretto militare a fare domanda per entrare negli auc (allievi ufficiali di complemento) e la mia scelta segnò parte del mio carattere futuro, parte della mia vita, e forse determinò anche l'inizio di qualche artrosi, in Friuli era molto freddo quell'inverno.
I personaggi di questa fiction guerresca sono realistici, come realistico è lo stile della regia, la sceneggiatura, l'ambientazione.
La guerra è brutta, puzza, fa schifo, uccide innocenti, è una follia, ma continua ad essere di grande moda fra gli esseri umani, quindi tanto vale raccontarla per bene, dalla parte di questi giovani marines matti come erano matti i protagonisti di Apocalypse Now, quando si mostra il lato più oscuro e stravagante dell'essere umano con in mano una qualsiasi arma da fuoco.
Questi ragazzi la guerra ce l'hanno dentro le loro teste, se la portano da casa, è una generazione di killer, frutto di un'educazione o una diseducazione al vivere civile che ormai ha contagiato tutti gli ambiti dei paesi civilizzati.
La serie mi piace, mi piacciono i personaggi, consigliata, cruda, reale per quanto può essere, sconsigliata a pacifisti irriducibili, non ci sono buoni sentimenti dove si vive con un fucile di fianco alla branda.

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