venerdì 3 dicembre 2021

Renatino o la parabola del lavoro come felicità esistenziale











Ascolto radio due andando al lavoro, la pattuglia dell'alba racconta di un video che ha suscitato polemiche, si parla di lavoro e gratificazione, un giovane addetto alla preparazione del parmigiano annuisce quando una giovane e avvenente fanciulla gli chiede:
"ma davvero lavori 365 giorni l'anno?" lui annuisce.
Quando un altro avvenente ragazzo gli chiede:
"Sei felice?" lui annuisce.
Del resto chi non sarebbe felice di preparare parmigiano per 365 giorni l'anno mentre i ragazzi in gita durante il loro anno studiano, vivono, amano e si divertono in giro.
Il mio animo comunista per un attimo si rianima dalle ceneri e inorridisce.
Il lavoro, ancora una volta la favola del lavoro come ragione di vita, come condizione sine qua non dell'esistenza, e addirittura nel video come strada per la felicità.
Ma scherziamo? Il lavoro nobilita l'uomo certo quando gli dona dignità, possibilità di intervenire attivamente e creativamente nel processo produttivo, quando può essere autodeterminato e ragionato.
Tutto il resto del lavoro, soprattutto quello dei processi industriali complessi o della catena della grande distribuzione, dove sei un ingranaggio, non potrà mai essere gratificante, ma ottemperare a un solo scopo, la sopravvivenza.
Renatino è la parabola capitalistica del tira e tas che mi raccontavano quando ero alpino.
Tira e taci, lavora e annuisci e non osare lamentarti.
Gli anni passano ma nell'era Draghi la felicità sta tornando ufficialmente nelle mani di chi detiene il potere economico e gli altri a testa china a lavorare. 

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