sabato 18 agosto 2018

Claudio Lolli




Ho un vago ricordo di lui in un appartamento in penombra, allora lavoravo per l'Einaudi  rateale, un altro animale preistorico allora era ancora indipendente e all'avanguardia, vendevo libri e ogni mese incassavo le rate dai clienti casa per casa, uno dei miei primi lavori da studente universitario e lui era un cliente della rateale Einaudi.
Ma io lo conoscevo già come cantautore di sinistra e impegnato e amavo molte delle sue canzoni che accompagnavano una giovinezza in sintonia con le insoddisfazioni del periodo, lotta politica, pochi denari, poche donne.
Una delle canzoni che mi piaceva di più apparteneva in realtà a uno dei due album dei quali conservo ancora il cd, ed era Quello che mi resta che ripropongo sotto.
Cercate di capire, era il periodo dei grandi amori irrisolti, dell'infelicità obbligatoria e cosucce così, ero sicuramente spesso malinconico ma chissà forse più vivo che in altri periodi della mia vita.
Lolli ha rappresentato per molti della mia generazione un approccio diverso al male di vivere rispetto ad altri cantori politici e sociali del periodo.
Lolli raccontava non solo la rabbia giovanile, la lotta politica, la protesta e la contrapposizione a una borghesia dominante, raccontava anche la difficoltà esistenziale di essere giovani in quel modello sociale anni settanta, ottanta, raccontava l'amore da un'angolazione diversa dai consueti cantori dell'epoca, un artista a tutto tondo, un altro pezzetto della mia giovinezza che se ne va.


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