martedì 15 marzo 2011

Nando o la metafora della comunicazione televisiva

Chi non vorrebbe avere questo bel ragazzone come vicino di casa, fidanzato della propria figlia, amico di calcetto o studente in un corso di alfabetizzazione? Chi dice che guardare il Grande Fratello fa male si è perso la puntatona di ieri sera 14 marzo 2011. Anche se Signorini è stato come al solito abile a spostare l'attenzione dall'immoralità del nuovo Nando sconfessato dalle Iene ad un proclama contro le insidie del jet set legato al Grande Fratello, la verità è emersa evidente e Nando con la sua apparente ingenuità l'ha svelata al pubblico. Il Grande Fratello è soprattutto una metafora. Non è il Grande Fratello di Orwell che entrava nella tua vita e ti controllava per verificare la tua fedeltà al sistema ma al contrario sono queste cavie da laboratorio che sgomitando cercano di infilarsi nella gabbia dorata e fittizia costruita per loro a Cinecittà per avere la loro grande possibilità di riscatto.
Ma non è un riscatto morale che cercano, chi se ne frega dell'amore, dell'amicizia, della cultura, della comunicazione e alla fine anche del sesso quello che un tempo, dicevano, muoveva il mondo.
A loro interessa solo la fama, per potere essere sulle copertine di alcune riviste scandalistiche, o ospiti a qualche programma pomeridiano uno di quelli seguiti dal pubblico che ha tempo il pomeriggio di guardare il nulla della programmazione Rai/Mediaset.
E la fama a cosa serve? A guadagnare migliaia di euro che servono, come confessa onestamente Nando, a non tornare alla sua vita precedente, la vita prima del Grande Fratello.
Vogliamo dargli torto?
Noi sappiamo che vita faceva prima?
Sicuramente non era insegnante di italiano, io credo facesse un lavoro di quelli manuali, sudore, fatica e poche speranze.
Ecco cos'è il Grande Fratello una speranza.
Ecco cosa racconta ai giovani italiani, tu puoi essere ignorante, volgare, stupido e pure brutto, ma se riesci a entrare nella gabbia più spiata dagli italiani hai una speranza di uscire dalla miseria, dal quotidiano fatto di lavoro, poche ferie, molti debiti e normalità.
Non importa allora mentire, poi giurare di avere sbagliato, poi di nuovo mentire, poi raccontare alle Iene la verità, poi mentire ancora davanti alle telecamere in un gioco infinito di falsa comunicazione che sembra la sola cosa che gli italiani prediligono.
I giovani italiani da chi avranno imparato che mentire in televisione fa vincere denaro, fama e potere?
A posteri la divertente sentenza.

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