martedì 31 maggio 2016

Una domenica a San Giuliano Milanese




Di nuovo in gita verso la Lombardia, i pochi che mi conoscono bene sanno quanto mi costi muovermi e soprattutto guidare, ma non potevo esimermi dall'invito dell'amico Gino Marchitelli e alla fine sono stato contento, ho mangiato cose ottime e molto vegetariane, bevuto un paio di bicchieri di un rosso generoso e ho conosciuto alcuni amici e compagni di Gino e ritrovato alcuni amici e colleghi scrittori.
C'era vita pulsante nella biblioteca di San Giuliano e desiderio di comunicare, mi sono sentito giovane insieme ad alcuni coetanei una volta tanto, gente che è cresciuta negli anni settanta e ne porta addosso cicatrici e medaglie.
Gli anni 70. quando la politica era una cosa buona, doverosa, obbligatoria come mangiare e respirare, quando esistevano gli ideali e gli obiettivi.
Ho scoperto che ci sono ancora persone motivate e generose e Gino è sicuramente uno di questi.
Domenica narrativa, impegno sociale e politica buona si sono dati appuntamento e l'unico cruccio è non avere incontrato Varesi che non ho ancora avuto il piacere di conoscere.
Avanti dunque fino alla prossima avventura e in bocca al lupo a Gino Marchitelli e alla sua lista civica.

venerdì 27 maggio 2016

Dov'è Mario?



Ci sono alcuni personaggi che ti rimangono dentro come una fede, come un ricordo di ciò che hanno rappresentato per te, per la tua crescita, per un periodo della giovinezza nel quale comicità andava a braccetto con ironia, con rivoluzione culturale, e una carica di trasgressività che faceva la differenza a tanto spettacolo da sabato sera italiano.
Potrei citare alcune delle trasmissioni presentate dalla Dandini, le metto insieme alla televisione inventata da Arbore fucina di attori che hanno fatto la storia della televisione una televisione finalmente fuori dalle logiche di un qualsiasi regime.
Ci sono personaggi che sono riusciti a trovare nuove strade alla fine delle vecchie, si sono riprogrammati come un computer vecchio che deve essere resettato e aggiornato.
Poi c'è Guzzanti.
Lui fa parte, per me, della giovinezza, ha inventato personaggi potentissimi, ha fatto davvero la differenza per anni, poi si è spento, almeno per me, quindi i casi sono due o io sono troppo vecchio per cogliere il suo nuovo percorso, o lui non buca più lo schermo.
Questa nuova produzione sky è decollata, si fa per dire, due sere fa, ed è stata bene pubblicizzata.
Stanotte ho visto la prima puntata e non capisco dove vuole andare a parare.
L'intellettuale di sinistra con erre moscia che perde la memoria e diventa un comico da cabaret di periferia nottetempo in una vita parallela e schizofrenica.
D'accordo, carino, al di là del fatto che mi ricorda una pellicola recente con Placido "w l'Italia" e un'altra meno recente con il grande Servillo di viva la libertà, quindi ha già due esperimenti sullo stesso tema, solo più interessanti, sicuramente il secondo, ma detto ciò ... non mi ha smosso nulla, non fa ridere, o poco, non arriva da nessuna parte, dovrebbe servire a ironizzare sul nuovo "regime" renziano? ma allora è molto più efficace Crozza tutte le settimane sulla sette con di martedì e allora cosa sta a significare questa nuova apparizione di Guzzanti su Sky?
Lo scopriremo, spero, vivendo. mi guardo anche le altre 3 puntate e poi vi dico.

Sfortuna vuole che stanotte a seguire mi sono visto un piccolo cammeo dedicato a Gaber con Ombretta Colli e diversi personaggi che lo hanno ricordato con leggerezza e simpatia.
Gaber rispetto a Guzzanti, e rispetto alla maggiore parte degli attori, comici, cantori, cabarettisti, del nostro tempo rimane davvero un mostro irraggiungibile, lui continua bucare schermo e anima, altroché.

martedì 24 maggio 2016

Second chance


Ho visto nel giro di pochi giorni alcuni film nordici e mi sono piaciti tutti. Inizio da Second chance  film danese/svedese che affronta alcuni temi delicati e scottanti del nostro vivere, si parla di coppia, di rapporto madre neonato, di maternità, e partendo da questo presupposto si entra nel delicato territorio della incomunicabilità, della nostra frequente incapacità di affrontare la frustrazione, noi cittadini modernissimi sia che si nasca in Italia, piuttosto che in Danimarca o in Svezia, male conciliamo la nostra fragilità con l'esigenza sociale di essere padri, madri, poliziotti, cittadini del mondo.
Questo è un primo tema, poi ne emerge un altro ancora più sottile, nessuno è al sicuro nel nostro modello sociale e come cantava Cremonini puoi essere figlio di un Re o di un capo di Stato, o figlio di un tossico, ma non necessariamente sarai al sicuro in una collocazione o nell'altra, devi essere fortunato ovunque tu avrai la fortuna o sfortuna di nascere.
Bravi gli attori, pesante l'atmosfera nonostante o grazie anche al paesaggio nordico sempre gelido e distaccato.
Improbabile la trama, che definirei metaforica,  anche se per amore a volte la mente dell'uomo può fare cose davvero inesplicabili.
Dimenticavo, spesso mi chiedono cosa sia il noir, ecco questo è un film decisamente noir e guardandolo capirete il perché.

domenica 22 maggio 2016

Bologna non c'è più a San Giuliano Milanese




















il 29 maggio 2016 torno in Lombardia a San Giuliano Milanese, e devo ringraziare Frilli che scegliendomi come autore mi ha permesso di entrare in contatto con alcuni dei più interessanti giallisti italiani, fra i quali Gino Marchitelli che mi ha invitato a partecipare a questa prima rassegna nazionale del noir.

Ci vediamo domenica quindi e potrò riabbracciare vecchi amici e vantarmi di essere nello stesso luogo con scrittori come Varesi e Morchio senza dimenticare nessuno degli altri che potete trovare nella locandina sopra.

Sono un ragazzo fortunato, ragazzo del 59.

sabato 21 maggio 2016

Bologna è una regola





Poi mi capita di rivedere questo video dopo avere letto l'ultima recensione di #bolognanoncepiu e la Bologna di Carboni è la stessa Bologna che racconto io e se tu la conosci riesci a ritrovarla nel bel video del cantautore emiliano.
C'è la Bologna notturna e deserta, che si muove attraverso luoghi noti da Piazza dei Martiri a Piazza Verdi, dal Portico di Santa Lucia, con i bancali chiusi a Via Saragozza, ed è una Bologna bellissima, che vedi scivolare sotto i portici davanti a un graffito in memoria di Lorusso, è la mia Bologna, quella della giovinezza, attraversata di notte fra osterie, balle colossali e milioni di sigarette fumate mentre si discorreva di rivoluzioni impossibili, donne irraggiungibili e intorno c'era solo Bologna, ci avvolgeva, coccolava, ci teneva lontano dagli impicci della realtà, dal futuro che ci veniva incontro veloce e bellicoso, impaziente di spegnere  illusioni,  smorzare  entusiasmi,  fiaccare  ideali.
Ma Bologna è davvero una regola, è la mia regola, è la regola che per quelli della mia generazione ci permette di vivere e respirare ancora con lo stesso sorriso sornione di allora.
E quando qualche amico mi chiede  ironicamente, ma te cosa scrivi, cos'è questa fregola?
Solitamente non so cosa rispondere, poi guardo Bologna, ascolto Carboni e mi torna in mente il tempo in cui l'estate era Bologna, le donne erano Bologna, la vita era la mia città e non c'era sera che non avessi qualche buon motivo per non credere nel futuro.
Oggi quindi scrivo per non perdere la  memoria, per continuare ancora a sorridere della regola Bologna.


venerdì 20 maggio 2016

Bologna non c'è più ... recensione di Alessio Piras



L'ennesima recensione per il mio #bolognanoncepiu.
Quando penso che l'eco del romanzo abbia ormai esaurito i suoi effetti e decido che si è scritto tutto ciò che si poteva scrivere, ecco spuntare una nuova riflessione, efficace, completa, appassionata e non posso che passarvela così come è stata scritta in Critica letteraria che trovate qui.




#CriticaNera - La fragile realtà che ci circonda: "Bologna non c'è più" di Massimo Fagnoni



Bologna non c'è più
di Massimo Fagnoni
F.lli Frilli Editore

La differenza sostanziale tra noir e poliziesco credo risieda principalmente in un elemento di base: in entrambi i generi avviene un crimine che sovverte l’ordine della società in cui si commette. Tuttavia, se nel poliziesco il detective risolvendo il delitto riporta ordine nell'universo che lo circonda, nel noir il delitto è manifestazione esplicita dei problemi e delle contraddizioni che affliggono la società: la sua soluzione non riporta l’ordine, ma, anzi, lascia tutti i problemi che l’hanno causato irrisolti e scoperti. Li rende visibili, li smaschera. L’indagine, con le sue scoperte, infatti, solleva il tappeto sotto il quale chi detiene il potere nasconde i guai della realtà. Quest’azione di disvelamento è profondamente sovversiva e temuta: forse per questo ilnoir è sempre stato considerato un genere letterario basso e incolto, in gran parte delegittimato.

Sono ormai trascorsi alcuni decenni dagli anni di piombo. La Storia non ha ancora messo il cappello su quel periodo cruciale del nostro passato recente e forse siamo ancora tutti intontiti dal fumo delle bombe e dalle molte, forse troppe, parole scritte a caldo. Dall'inizio degli anni ’90 del secolo scorso, poi, ci dicono che il mondo è cambiato: Berlinguer è morto, non c'è più l'Unione Sovietica, non esistono più destra e sinistra, la classe operaia è scomparsa insieme alle industrie, quelle che resero grandi città come Genova, Torino e la rossa Bologna. L'identità di classe, ci raccontano, non esiste più e anche la lotta per difendere gli interessi degli ultimi è ormai, vogliono farci credere, anacronistica. Il mondo globale ha spostato altrove la classe operaia, ha de-localizzato la lotta. Eppure, leggendo Bologna non c'è più di Massimo Fagnoni si percepisce una strana sensazione: si ha come l'impressione che qualcosa della bella fiaba che ci hanno raccontato negli ultimi dieci, quindici anni, non torni. È come se mancasse qualcosa.
Bologna non c'è più, infatti, dà modo al lettore di capire che la classe operaia non è sparita, non è stata de-localizzata. Ha solo cambiato volto: è nell'insicurezza di un'insegnante precaria, nella frustrazione di un operatore di un call-center che vende contratti di fornitura elettrica per telefono, nella rabbia di una segretaria sfruttata. Ed è una classe debole, abbandonata e dispersa, che non ha più neanche il riparo di un sindacato e per questo è alla mercé della follia di un esaltato, in una città, Bologna, che ha perso la sua identità, ma non ancora la sua anima.
Mancano i punti di riferimento, quindi, spazzati via dal capitalismo selvaggio e dalla globalizzazione più spietata, e chi ancora non si arrende allo status quo, chi legge l'inganno e prova rabbia, non sa dove e come sfogarla. I partiti politici vivono in una realtà parallela e anche quelli nuovi, come il Movimento 5 Stelle, dimostrano tutta la loro debolezza. Non hanno fondamenta, l'abbandono delle ideologie non ha comportato l'arrivo delle idee e i programmi elettorali si reggono sul nulla.
Pensiamo di essere enormemente più ricchi rispetto a trent'anni fa: abbiamo lo smartphone, il computer portatile, il tablet e facciamo acquisti su Internet. Amazon è il nostro bottegaio. Viviamo in un'overdose costante di consumo: vogliamo e otteniamo sempre di più. La crisi di valori lascia un vuoto in cui sguazzano falsi ideologi come Pietro Ricci, il filosofo-psicologo-terrorista che organizza una cellula simil-brigatista facendo leva proprio sul vuoto lasciato dalla politica e dal sindacato. I componenti di questa sgangherata combriccola di bombaroli sono l’immagine stessa del disincanto che contraddistingue l’Italia d’inizio millennio: hanno le librerie vuote come il conto in banca, vivono in appartamenti condivisi, o con i genitori, fino alla soglia dei quarant'anni, sono frustrati, non si sposano, non fanno figli, sussistono senza un'idea a cui aggrapparsi; senza un progetto sopravvivono in una squallida inerzia quotidiana. E il vuoto che hanno intorno è il brodo di cottura del disincanto che porta alla deriva, che scoppia con l'impeto di una molotov in un call-center, come quello dove lavora Marco, uno dei rappresentanti di questa nuova classe operaia in rivolta. Il disincanto ha il sapore amaro della disperazione, nel senso di “assenza della speranza”: in un futuro migliore, in un progetto di vita. La generazione dei personaggi terroristi di Bologna non c’è più è già vecchia: vive con lo sguardo rivolto al passato in un presente costantemente in bilico.
Bologna non c'è più smonta anche l'ultimo grande mito del Novecento rimasto vivo: la famiglia. La tragedia più devastante del romanzo non è quella della bomba al call-center o della rapina al centro scommesse, ma quella che si consuma in seno alla famiglia Lazzarini, dove il giovane rampollo Wolfgango è un tossicodipendente viziato e infelice. L'unico antidepressivo che riesce a trovare il ragazzo è dentro una siringa e ha il sapore dell'eroina: la società nella quale vive non è in grado di dargli altro. Potenzialmente Wolfgango può comprarsi tutto tranne quello che gli servirebbe davvero, la felicità. Allora acquista da uno spacciatore di periferia il pass per l'inconsapevolezza, per quello stato mentale di assuefazione e rilassatezza che la droga riesce a dare in maniera così efficace. Prima è la mente a chiederglielo, poi il corpo: quello di Wolfgango trema e prude e ha un bisogno disperato della puntura magica. E così la famiglia si dissolve nella solitudine del ragazzo che affronta da solo le sue paure e il suo mondo, perdendo miseramente. Ma non solo: lo stesso Galeazzo Trebbi, protagonista e splendido investigatore privato, degno di essere affiancato ai suoi più illustri colleghi Pepe Carvalho e Jules Maigret, è padre di una figlia distrutta dal consumo di droga. Quando la madre di Wolfgango lo assume per controllarlo, Trebbi rivive la propria personale tragedia, trattenendo a stento il turbinio di emozioni che si scatenano nella sua testa.
Con Bologna non c’è più, Fagnoni sembra volerci mettere in guardia nei confronti della società che ci sta lentamente fagocitando. È tutto un gran baccano, un rumore costante e assordante che ci fa stare bene e anestetizza le nostre autodifese. Ha l'effetto di una droga che distorce la realtà e ci convince che viviamo nel migliore dei mondi possibili, con il risultato che non ci alziamo più in un “coro di vibrante protesta” (Fabrizio De Andrè, La domenica delle salme) e quando lo facciamo siamo completamente fuori controllo.
Bologna non c'è più lascia l'amaro in bocca come deve farlo un buon noir. Come da manuale, Galeazzo Trebbi risolve il caso e consegna il colpevole alla giustizia, ma non può rimettere ordine nel mondo, che resta inesorabilmente imperfetto e fragile, con l’unico inconveniente che ora, questa fragilità, è uscita allo scoperto e non possiamo più permetterci di ignorarla.

mercoledì 18 maggio 2016

fear the walking dead



Non so se ci avete fatto caso, ma in questo periodo, ultimi 5 anni, vanno molto zombie e fine del mondo in tv e al cinema e nei fumetti.
Mi sono dato una risposta, individuale e soggettiva.
Abbiamo uno smodato bisogno di ferie. Ferie dal lavoro, dalla famiglia, dal cellulare sempre davanti, da facebook, da twitter, dalle amanti, dalle presentazioni letterarie, dal quotidiano soffocante, dal capo ufficio, dai figli, dai debiti, dalla crisi, dalla precarietà, dall'isis, e da tutte le minchiate del mondo.
Quale migliore vacanza di una bella fine del mondo rimandata?
Quale migliore passatempo della sopravvivenza?
Quale migliore attività sportiva della caccia agli zombie?
Fear the walking dead opera derivata dal più famoso e a mio avviso in via di saturazione, walking dead, non mi dispiace, ha un respiro più lungo del fratello maggiore, ti fa entrare nell'orrore della catastrofe mondiale con un passo diverso, è meno curato, ha personaggi meno solidi, ma comunque si guarda volentieri e spiega e non spiega un possibile mondo alla fine del mondo.
A chi piace il genere è su sky.

lunedì 16 maggio 2016

di cosa parliamo quando parliamo d'amore



Carver lo conoscevo già ero arrivato ai suoi racconti attraverso il cinema, quel America oggi film illuminato di Altman rimane, come scrisse il Newsweek, la migliore sintesi realizzata fra un grande regista americano e un grande scrittore americano.
Dopo avere visto Birdman mi era rimasta la curiosità di leggere Di cosa parliamo quando parliamo d'amore e chi non ha visto il film non capirà.
Il libriccino di racconti è arrivato puntuale e preciso con Amazon, che sta diventando il mio tramite commerciale con il mondo, e la prefazione mi ha davvero colpito, perché si parla del fatto sicuramente diffuso di paragonare gli scrittori di racconti a Carver quando si vuole fare loro un complimento.
Sicuramente Carver è magistrale, originale, devastante nella sua realistica concretezza, e mi rendo conto che fra gli scrittori di racconti continuo a privilegiare gli americani da Carver a Cheever, ma non credo che scrivere racconti significhi necessariamente cercare di emulare questi due grandi scrittori, proprio perché loro raccontano l'America del loro tempo e già questo fatto li discosta necessariamente da ogni altro scrittore che non appartenga al loro mondo e  al loro tempo.
Detto ciò rileggendo Carver sono giunto a un'altra conclusione esistenziale.
Carver per me è un maestro stilisticamente e dal punto di vista contenutistico, lui fa davvero la differenza, i suoi racconti sono immersioni pure nelle storie inventate eppure realistiche e vivide come frammenti cinematografici e nonostante la sua grandezza la sua vita fu una costellazione di difficoltà fra precarietà economica e alcolismo e finì a soli cinquant'anni a causa di un tumore.
Una delle sue affermazioni nel periodo precedente alla morte fu.
« Vorrei avere ancora un po' di tempo. Non cinque anni, e nemmeno tre, non potrei sperare così tanto — ma se avessi anche solo un anno. Se sapessi di avere un anno. » da wikipedia.
In questa frase c'è per me l'essenza dello scrivere e anche del vivere.
Ciò che costruiamo oggi difficilmente verrà riconosciuto quindi noi scriviamo inseguendo un impulso e non dobbiamo aspettarci o inseguire riconoscimenti oggi, ma vivere, scrivere, continuare a inventare e cercare di migliorare, la nostra fatica forse un giorno sarà riconosciuta se davvero merita di esserlo.
Il nostro tempo però non bisogna mai buttarlo ma cercare di ottimizzarlo, mi sembra una grande lezione di vita la sua.

sabato 14 maggio 2016

18 maggio 16 doppia presentazione al centro Lame



18 MAGGIO 16
CENTRO LAME BOLOGNA 
ORE 18
CON L'AMICO NICOLA ARCANGELI
DUE LIBRI DIVERSI FRA LORO
STESSO EDITORE
SOPRA I DETTAGLI
VI ASPETTIAMO

venerdì 13 maggio 2016

Libreria Il secondo Rinascimento ... le librerie indipendenti



Ieri 12 maggio 2016 ho presentato #bolognesipercaso alla Libreria Il secondo Rinascimento, una piccola libreria indipendente  che a Bologna rappresenta un punto di riferimento per una ricca schiera di persone interessate soprattutto alla cultura intesa nel più largo senso possibile, una cultura controcorrente fuori dai circuiti delle librerie legate alla grande distribuzione dove gli eventi sono sempre di più legati ai personaggi che appaiono in televisione, in rete, nel mondo dei like.
Non è un caso che alla Feltrinelli spesso ci siano personaggi dello spettacolo a presentare l'ultimo album, nomi che attirano folle, mentre i piccoli scrittori locali come me fanno sempre più fatica a presentare proprio perché pur avendo un pubblico di lettori non richiamano come il rapper di turno.
Questa constatazione  fino a qualche tempo fa mi provocava un certo disagio.
Frustrazioni da andropausa.
Poi ieri sera sono tornato alla Libreria Il Secondo Rinascimento, che insieme ad altre piccole librerie indipendenti dona lustro vero alla città, librerie come Trame di via Goito o Ulisse di Via degli Orti, e ieri sera mi sono ritrovato, lo spazio dove ho presentato il mio secondo libro di racconti era pieno, Sergio Dalla Val psicoanalista e anima dell'Associazione ha condotto l'evento con la consueta professionalità, l'amico Andrea Piselli ha letto dei brani e le persone hanno realmente partecipato, e c'è stato anche un piccolo rinfresco finale.
Come ho detto ieri sera, io scrivo per diletto, per passione, per condanna forse, per diversi altri motivi, ma non scrivo per costrizione, non scrivo per denaro, non devo rispettare  tempi stabiliti da altri, e non ho padroni, quindi penso che la  collocazione più salutare per il mio equilibrio sia nelle librerie indipendenti come Il secondo rinascimento, senza escludere le altre (la prossima settimana sarò alla Libreria Coop del Centro Lame), ma privilegiando i luoghi (sempre meno) dove la cultura e la passione per la parola scritta sono i primi interessi, fuori da ogni regola di mercato.

lunedì 9 maggio 2016

Child 44



Child 44, è soprattutto un thriller ed è decisamente nero, nera l'atmosfera di tragedia incombente, neri i colori di una Russia reinventata per l'occasione, neri i personaggi e il cielo, e le case, le fabbriche, le suggestioni.
Da un lato il film è davvero bello, perché lentamente ti porta dentro l'incubo del mostro che si aggira in un paese di mostri per poi avvincerti fino all'ultima scena che non è necessariamente salvifica, neanche liberatoria, solo vagamente consolatoria, dall'altro è angosciante, claustrofobico, definitivo.
Protagonista del film, e probabilmente del romanzo è la Russia stalinista quella delle spie obbligatorie, del paradiso in terra, delle esecuzioni sommarie e del totalitarismo più spietato e il mostro di Rostov che viene inserito con grande libertà romanzesca nella trama  diventa l'emblema della fine della speranza, della disperazione in terra, una terra che probabilmente non troverà mai la vera pace.
su sky

domenica 8 maggio 2016

la guerra di Cevoli



Come al solito vi racconto impressioni a caldo, senza documentarmi.
Sapevo vagamente di questo film e considerata la simpatia che nutro per il comico romagnolo ieri ho perso un po' del mio tempo libero per guardare Soldato semplice.
Non so cosa abbia spinto Cevoli a investire denaro, visto che è  produttore ed energie e reputazione, visto che è anche regista e attore protagonista, in questa impresa, però devo ammettere che la visione del film mi ha lasciato un buon retrogusto, come certi caffè fatti con miscele particolari che non berrei tutti i giorni ma che lasciano un buon ricordo.
Il cast è composto da un manipolo di attori fra i quali spicca, oltre al Cevoli, il tenente Luca Lionello figlio del grande Oreste, che dà prova di grande professionalità ed è uno dei personaggi più riusciti, poi c'è Antonio Orefice, giovanissimo attore napoletano davvero convincente.
Il film è un'allegoria della guerra che ripropone la grande guerra in una veste surreale quasi fiabesca e al di là del messaggio pacifista e anarchico di Cevoli c'è anche la leggerezza della trama, la bellezza dell'ambientazione,  e una considerazione non casuale sull'eroismo.
L'insegnante anarchico e donnaiolo Cevoli costretto ad andare al fronte per i suoi insegnamenti anti nazionalisti, educa i suoi studenti al rifiuto della retorica del libro Cuore che invita i giovani al sacrificio eroico per una guerra incomprensibile e cita l'episodio della piccola vedetta lombarda, però alla fine del film torna sul tema dell'eroismo divenuto un valore quando serve per salvare vite umane.
In questo passaggio mi è tornato in mente un altro film, un grande film, capolavoro indiscusso del cinema italiano, La grande guerra, con i compianti Gassman e Sordi del mitico Monicelli, anche in quel film due soldati loro malgrado diventano eroi per salvare qualcuno.
L'eroismo esiste, e non solo in guerra, è quello che ognuno di noi è in grado di mettere in campo per aiutare un suo simile, ed è tanto prezioso quanto invisibile, i veri eroi sono quasi sempre soldati per caso.

sabato 7 maggio 2016

la famiglia Belier



La famiglia Belier è un film sulla diversità e ve lo dice uno che ha lavorato per anni nel settore dove la diversità legata a dei deficit è affrontata nel tipico stile italiano, dove gli operatori sono sottopagati e sfruttati e gli utenti portatori di un qualsiasi deficit scontano l'arretratezza culturale di un paese che non ce la può fare a crescere in coscienza e riabilitazione.
Detto ciò questo è un film educativo e buca lo schermo con la leggerezza e la forza della positività, è un film vitale, pieno di energia, dove i protagonisti sono personaggi che lottano per fare valere dei principi e inseguono la loro idea di felicità.
La famiglia Belier è composta da una madre, un padre, un figlio sordomuti, e una figlia invece normodotata con il dono aggiuntivo di una voce soave, una cantante in divenire.
Al di là della trama che vi lascio svelare in autonomia, è il messaggio che davvero funziona.
Si può essere sordomuti ad esempio e nello stesso tempo carichi di uno slancio vitale che gli permetterà di superare le avversità e fare valere il proprio ruolo nel mondo.
Si può vivere con leggerezza pur non sentendo tutti i suoni del mondo, si può amare e rincorrere la felicità e soprattutto si può fare in modo che chi ha un deficit sia messo nelle condizioni di vivere al meglio nel proprio contesto sociale.
Questo film vi prende e con forza vi canta quanto la vita sia un valore e quanto chiunque sia importante, bello, meritevole di essere amato ma soprattutto rispettato.
Finalmente non il solito film pietistico e opportunista.
Molto belle le canzoni proposte.

domenica 1 maggio 2016

bolognesi per caso ... libreria Il secondo rinascimento



Scrivere racconti mi risulta relativamente facile.
Vendere racconti è impresa già più ardua.
Sperare che la gente li legga è una chimera.
Ma nonostante tutto sono convinto che i racconti nascondano la realtà in maniera determinante svelandola a chi sa  ascoltare e guardare al di là della superficialità delle parole.
I miei racconti entrano nella realtà dei personaggi e la fanno esplodere per permettere al lettore di compararla con la propria o semplicemente con i propri pensieri e considerazioni relativi al quotidiano, perché non c'è nulla di più incalzante del quotidiano, è lì nella tua maledetta o benedetta giornata in divenire che avvengono i miracoli, le tragedie, le violenze, i soprusi, le vittorie e le sconfitte.
Il quotidiano è quella porzione di tempo che un giorno diverrà storia, la tua storia, che qualcuno si divertirà per un attimo o per tutta la vita ad analizzare, sezionare, giudicare.
I racconti, almeno i miei, hanno la presunzione di entrare nel quotidiano come testimoni invisibili del nostro vivere raccontando le cose che ho vissuto, che mi hanno raccontato, che ho visto e immaginato,  è un gioco davvero divertente, a volte angosciante, a volte tenero, e rimangono sospesi, come i giudizi che non esprimiamo per non comprometterci, come gli amici che dimentichiamo di chiamare al telefono, come gli amori svaniti nel tempo.
I miei racconti sono frammenti sospesi di bolognesi per caso.
Se ti piacciono i racconti e se hai letto e gradito Solitario bolognese, vieni a chiacchierare con me il 12 maggio alle 17 e 30 alla libreria Il secondo rinascimento.
Le coordinate nella locandina sopra.