giovedì 31 dicembre 2015

kingsman secret service



Per l'ultimo giorno dell'anno 2015 vi consiglio un film decisamente divertente ispirato a una serie di sei fumetti del visionario Mark Millar che ha scritto questa storia Secret Service pubblcata in un unico volume da Panini.

Il film è interpretato da un cast impressionante dove spiccano Colin Firth, Samuel L.Jackson e Michael Caine. Non vi racconto la trama, la potrete scoprire da soli, ma se vi piacciono i fumetti, gli inglesi, James Bond e i combattimenti spettacolari vi consiglio questo film perché vi divertirete, è un ottimo modo per aspettare la mezzanotte, magari in compagnia.

Esilarante l'ultima scena del film quella della principessa, e chi non sognerebbe di concludere l'ultimo dell'anno come il nostro eroe conclude il film?

Provare per credere.
su sky















martedì 29 dicembre 2015

Bologna non c'è più ... recensione di Rino Tripodi


Dopo la bella recensione di Paolo Vinciguerra un altro piccolo capolavoro.
Uno dei motivi del mio scrivere è senz'altro la condivisione e mi rendo conto di ritrovarmi sempre più spesso con una minoranza come diceva Nanni Moretti.
Ma se questa minoranza è composta di insegnanti, intellettuali, divoratori di libri e uomini e donne che non hanno ancora gettato la spugna, curiosi di ciò che li circonda, allora viva la minoranza e viva il libero pensiero e grazie a Rino Tripodi, insegnante, scrittore, critico letterario, docente presso una scuola di scrittura creativa e testimone lucido del nostro tempo, vi lascio alla sua recensione e ai brani che neanche io avrei potuto individuare con tanta precisione.


Il noir ai tempi della crisi
Nel suo nuovo romanzo, “Bologna non c’è più” (Fratelli Frilli Editori), il giallista bolognese Massimo Fagnoni offre uno spietato ritratto dell’Italia odierna
Può un noir descrivere perfettamente, e amaramente, la crisi economica, ma anche politica, sociale, morale, che da tempo attraversa il nostro Paese? La risposta è sì, se vi apprestate a leggere il nuovo romanzo del narratore bolognese doc Massimo Fagnoni. Il suo titolo è Bologna non c’è più. Un’altra indagine di Galeazzo Trebbi (Fratelli Frilli Editori, pp. 224, € 11,90).
Fagnoni.Bologna non c'è più (3)D’altra parte, nelle nostre recensioni ai due precedentilibri di Fagnoni, avevamo già evidenziato la sua acuta sensibilità critica verso le aberrazioni del presente. Ne Il silenzio della Bassa. Un’indagine di Galeazzo Trebbi, da noi recensito in L’assassino? La tv spazzatura!, aveva denunciato la deriva dei media; in Vuoti a perdere (vediUna Bologna borghese e sottoproletaria nel nuovo giallo di Massimo Fagnoni) aveva messo in luce i disvalori dell’odierna gioventù. Ora, in Bologna non c’è più, parla dello sfacelo sociale e morale che in Italia si accompagna all’attuale grave crisi economica, dalla quale non è chiaro se stiamo uscendo e, se pur fosse così, quanti anni saranno necessari per tornare a una situazione decorosa. Il romanzo è ambientato nei primi mesi del 2013. Tanto per fare mente locale, ci troviamo in piena crisi economica e nel caos più totale: fine del governo “tecnico” di Mario Monti, elezioni politiche dalle quali non esce un vincitore, mancanza di un governo e persino del papa…
Le difficoltà economiche recano con sé precariato e quindi sfruttamento. I personaggi sono operatori sociosanitari di centri per psicotici violenti, professoresse trentenni destinate a essere precarie a vita, disgraziati schiavi di call center, laureate in giurisprudenza tiranneggiate da sadiche datrici di lavoro, donne assistenti di odontoiatri in fregola sessuale, ex poliziotti frustrati e separati in casa, operai senza più alcuna identificazione e orgoglio sociale. Ritratti sociologici perfetti. Tutti con ben altre aspirazioni nella vita, tutti soffocati dal grigiore e dalle ristrettezze quotidiane, avvolti da «una rabbia sorda, forte e collettiva, una stanchezza esistenziale definitiva, come una febbre che non ti lascia mai, fiaccando le ore, a volte anche i minuti della loro esistenza e una miseria ogni giorno più sfacciata, più incalzante, senza prospettive, senza un governo, senza una morale se nonquella dell’homo homini lupus».
bologna-chiesa-di-san-petronio[1]In tale contesto, a Bologna, si forma una banda di improbabili terroristi rossi, che agiranno con le stesse armi usate dai partigiani nel corso della Seconda guerra mondiale. L’investigatore Galeazzo Trebbi, che si sta occupando di Wolfango Lazzarini, “solito” tossicodipendente all’ultimo stadio di agiata famiglia, finito, per di più, nelle morse di una banda di spacciatori nordafricani, si trova, quasi per caso, sulle tracce di queste “nuove Brigate rosse”. Ovviamente, come nei migliori gialli, non tutto è come sembra. Pertanto, consigliamo al lettore di non perdersi le sorprese e i molteplici colpi di scena finali. Tuttavia, lo esortiamo caldamente, oltre che a seguire l’intreccio narrativo del romanzo, a leggervi l’amara denuncia sociale, argomento scomodo e, quindi, ben poco trattato dai media, tesi a narcotizzare le coscienze dei cittadini (o quel che ne rimane): «Più la crisi addenta e sbrana il mercato, più le strategie di vendita si fanno aggressive, devono penetrare le difese deboli del consumatore esausto, non dargli il tempo di pensare. Tempo, ancora tempo, la regola è muoversi più veloci della luce, spingere truppe di giovani interinali, appiattiti dalle loro ansie […]. La sua azienda è senza scrupoli, utilizza disgraziati che per un tozzo di pane si prestano a imbrogliare altri sventurati».
Sconvolgente, nella sua lucidità angosciosa e straziante, è la descrizione dei lavoratori dei call center: «Giovani come lui chiacchierano del loro presente privo di qualsiasi consistenza, di progetti futuri, tutti incerti, tutti sfumati, senza una vera passione, senza una concreta speranza. Sono i suoi colleghi, dai diciannove ai trentacinque anni, con qualche vero adulto dai quaranta ai cinquanta, solitamente disoccupati cronici o imprenditori rovinati. Fra i suoi coetanei quasi tutti sono studenti universitari o neolaureati, aspiranti attori, aspiranti scrittori, aspiranti lavoratori, che trascorrono il loro tempo al telefono facendosi insultare e continuando con pacata rassegnazione a consumare tempo».
Fagnoni.Bologna non c'è più (2)Allo spietato sguardo di Fagnoni non sfugge nulla. La scuola, ridotta a parcheggio di ragazzotti maleducati e nullafacenti, italiani e stranieri («Anna non ama i nordafricani, non le piacciono i loro sguardi, hanno qualcosa di predatorio e violento»). La concorrenza sleale degli immigrati: «Parrucchieri italiani che chiudono, ristoranti bolognesi che chiudono, negozi di abbigliamento che chiudono, mentre i cinesi avanzano, con i loro sorrisi melliflui, i loro quartieri conquistati strada per strada, in contanti, come in una guerriglia di posizione silenziosa e spietata». Lo scandalo delle sale giochi e scommesse, che succhiano gli ultimi soldi rimasti in tasca ai poveracci: «All’interno c’è uno sparuto gruppo di disperati senza nulla da perdere ormai se non il loro tempo, libero da lavori perduti dietro a un qualsiasi fantasma di cavallo, o a scommesse impossibili da vincere. I giocatori provengono da tutti i mondi immaginabili, extracomunitari fuggiti dalla loro terra dopo avere bruciato esigui patrimoni familiari e arrivati qui continuano imperterriti a giocare, italiani sgualciti e sbiaditi, nei loro abiti logori, nei gesti contratti e rallentati come tossici all’ultimo stadio. Il giocatore non ha più nulla di umano, ma solo un obiettivo, racimolare il grano per la prossima giocata, quella che lo riporterà in superficie». E quello dei negozi “compro oro”: «Sopra una scritta, gioielleria, e più in basso, come il sottotitolo di un brutto romanzo, vendo e compro oro usato […] quello delle fedi di matrimoni naufragati, quello della prima comunione di figli ormai adulti, quello della medaglia al valore del nonno defunto».
Come sempre, Bologna e il suo paesaggio, naturale e umano, hanno un ruolo molto importante nei libri di Fagnoni: il «freddo della pianura padana, un freddo fradicio, inquinato, puzzolente e pervasivo». Case popolari Acer e circoli per anziani, vie del centro e vie di periferie semisconosciute. Magistrale è la descrizione di via Stalingrado, una direttrice dove «prima e dopo gli svincoli ci sono molteplici opzioni, quasi tutte oltre la linea di confine, quella linea sottile che prima ti contiene nei campi della cosiddetta normalità e subito dopo ti catapulta in un altro mondo» (pp. 35-36, da leggere con cura per intero).
Fagnoni.Bologna non c'è piùMa in questo libro lo scrittore sa ben rappresentare anche l’abile fabbrica del consenso costruita nel capoluogo emiliano dal Pci-Pds-Ds-Pd, articolata in circoli, centri culturali, bocciofile, centri sociali, attività varie. Ma ne ha anche per Pdl, Lega Nord e, meno, per il M5s. In Fagnoni non è presente alcuna pietà per gli italiani, visto che i brigatisti fanno pronunciare al loro rapito, un opinionista tv della Rai, potente quanto corrotto, le seguenti frasi: «Chi ci governa vi sta prendendo in giro, da sempre, e la cosa più grave è che lo sapete, lo avete sempre saputo e vi sta bene, loro vi permettono di evadere, inquinare, uccidere, rubare, loro sono la giusta classe politica utile per soddisfare le vostre esigenze». E «Trebbi si chiede cosa ci sia di tanto mediocre nella testa degli italiani per renderli così superficiali, grevi, ignoranti. L’unica vera cultura del paese, ancora dominante, sembra quella del calcio e anche lì le porcherie si sprecano». Un noir triste, doloroso, caratterizzato da uno scetticismo di fondo.
Le immagini: la copertina del libro, piazza Maggiore e lo stesso Massimo Fagnoni.
Rino Tripodi
(LucidaMente, anno XI, n. 121, gennaio 2016)

lunedì 28 dicembre 2015

In treatment2 ... eccellenze italiane




 

Le settimane si susseguono e anche questa seconda stagione pure con alcune significative differenti si delinea come una grande prova di professionalità, non solo per l'analista (Castellitto) che appare più provato e sdrucito che mai, ma per tutto il cast fra i quali voglio segnalare Greta Scarano alla quale certo spetta il ruolo più toccante e coinvolgente, ma che riesce a dare a questo personaggio una consistenza quasi dolorosa e reale, difficilmente si riesce a rimanere indifferenti alla sua interpretazione, sorge prepotente anche in un vecchio sbirro come me il desiderio di entrare nella commedia e aiutarla, confortarla, assisterla
Sono profili di personaggi davvero interessanti perché esprimono una  carnalità vera, non mediata dai luoghi comuni e questa è la magia della fiction, ricreare la realtà fino a fartela respirare e temere.

domenica 27 dicembre 2015

fahrenheit ... i libri ritrovati



Per strada tornando a casa, intercetto radio 3, Fahrenheit trasmissione cult, si parla di libri e di cultura merce rara, merce preziosa, me ne rendo conto mentre parlo con uno dei miei nipoti durante il rituale pranzo di natale, 14 anni, bravo studente, gli chiedo se legge e lui mi risponde che legge solo libri scolastici, e adesso un libro sulla storia della Juventus e mi sembra così normale, così realistico, i giovani leggono poco, comunicano con whatsapp, frasi solo accennate, storpiate, piene di simboli, disegni, faccine ... il nulla.
Ascolto un brano della trasmissione durante la vigilia di Natale e ascolto un lettore che sta cercando un libro di poesie scomparso e grazie alla trasmissione riesce addirittura a parlare con l'autore del libro.
Dopo un'altra telefonata, una donna che ha ricevuto in dono un libro da un collega che ha ascoltato la stessa trasmissione e ha recuperato il libro facendole una sorpresa.
Fahrenheit è un piccolo miracolo di Natale per questi due lettori, in un universo alla deriva dove i giovani leggono al massimo un libro patinato pieno di immagini calcistiche ed è già cultura se ci accontentiamo.
Fahrenheit è una delle trasmissioni che amo di più anche se riesco ad ascoltarla raramente e per caso.
Ve la consiglio, specialmente se state cercando un libro perduto, esaurito, estinto, i libri ritrovati sono spesso pezzi di vita, hanno a che fare con la curiosità, il desiderio di capire se quel libro introvabile contiene la ricetta per la felicità, l'immortalità, la saggezza.
Guai quando il desiderio di scoprire si annulla e la comunicazione si contrae, il passo successivo è il silenzio, il nulla, l'oscurità dell'ignoranza.

venerdì 25 dicembre 2015

il mio buon Natale alle mie donne






Cosa avevi in mente ...
Per queste festività 2015 il mio pensiero va alle molte donne della mia vita la mia compagna, le figlie mie e di altri ma sempre mie, la sorella, le colleghe e le tante donne, più degli uomini che leggono i miei libercoli.
Nonostante le violenze, gli abusi, i femminicidi e la discriminazione tuttora forte anche nel nostro paese, voi siete l'architrave sulla quale si regge il nostro mondo,senza di voi, noi omuncoli saremmo nulla e mi dispiace soltanto che il nostro mondo sia ancora pieno di uomini bestie che calpestano tutto per il loro egocentrismo della minchia.
Vi lascio questo video di Venditti perché descrive bene ciò che sento per voi, per quelle che in questi giorni lavorano nella grande distribuzione e sono tante per garantire a noi quei prodotti che spesso butteremo nei cassonetti, alle donne in divisa, alle donne negli ospedali, alle donne che lavorano, studiano e vivono pensando che forse la vita che avevano in mente non era esattamente quella che adesso devono portare avanti ma lo fanno in silenzio con la forza che è solo delle donne, tutte le donne che compongono la mia vita.

mercoledì 23 dicembre 2015

un libro è per sempre




Oggi sono andato in giro per centri commerciali e c'era 

il 

mondo che si muoveva intorno a caccia di regali, 

domani 

è la vigilia di Natale e a prescindere dai gusti regalate un 

libro, possibilmente a qualcuno che abbia l'abitudine di 

leggere. Un libro è per sempre quasi sempre e costa

 molto meno di un diamante.

lunedì 21 dicembre 2015

sullo scrivere





Mi capita di parlare di scrittura e creatività e lo devo ammettere sono uno scrittore compulsivo, non sopporterei corsi di scrittura, scuole di scrittura, maestri di scrittura,  semplicemente per un motivo, ho iniziato a scrivere circa dieci anni fa dietro  un impulso, forse una necessità.
Avevo forte il desiderio di esplorare luoghi dentro la mia testa, o remoti e irraggiungibili, avevo il desiderio di sperimentare e nessuna certezza, nessuna sicurezza, non mi sentivo uno scrittore ma una persona che aveva deciso di fare un gioco nuovo come mi capitava da bambino di inventarmi un mestiere, che ne so il portiere di una squadra di calcio e diventavo Albertosi, il soldato eroico e fingevo di essere John Wayne o il ranger come Tex Willer.
Anche nel caso della scrittura ho iniziato giocando a fare lo scrittore, e anche dopo il primo libro non ero convinto di avere  reali capacità e sono sicuro che qualcuno penserà ancora la stessa cosa, ma devo ammettere che dopo otto romanzi  un libro di racconti e diversi estranei  entrati nella mia vita di scrittore complimentandosi senza un motivo utilitaristico o pietistico, comincio a pensare di esserlo.
Però il metodo il mio metodo è cosa  tanto individuale quanto soggettiva e visto che ogni tanto qualcuno mi chiede come costruisco una storia oggi ne voglio parlare sinteticamente perché con il romanzo che sto creando  ho inserito un nuovo strumento che non avevo mai sperimentato prima.
Fino ad oggi creavo una scaletta o uno scheletro che solitamente mi serviva come base per non perdermi, poi nel tempo ho inserito il file dei personaggi in ordine di apparizione.
La settimana scorsa ho creato quella che definisco impropriamente la sceneggiatura e mi serve perché la memoria a volte mi inganna e con questo strumento non rischio di ripetermi.
Funziona così.
Ogni capitolo scritto lo sintetizzo in punti essenziali dove controllo l'entrata dei personaggi, il loro ruolo, il contenuto dei diversi passaggi e con poche parole descrivo le situazioni.
E' una cosa nuova ma mi pare  abbia un senso.
Scrivere in questo modo diventa come costruire un palazzo, non è più solo improvvisazione o creatività, ma diventa un lavoro sistematico, metodico, sicuramente meno improvvisato.
Vi dirò come mi trovo con questo nuovo strumento, serve soprattutto a non perdere il filo quando per motivi diversi non posso scrivere tutti i giorni.
Se qualcuno vuole raccontare il suo stile è benvenuto.
Si accettano consigli tecnici li prenderò come regali natalizi.

venerdì 18 dicembre 2015

Star Wars il risveglio della Forza




Ieri ho visto il settimo episodio di Star Wars allo Space di Bologna, sala uno, con mia figlia.
C'è qualcosa di significativo in tutto ciò, e non vi svelerò la trama del film, lascio ai puristi come l'amico Fazio di entrare nel merito dell'opera, io vi parlerò di qualcosa di diverso.
Era il 1977 e io andai al cinema con gli amici di allora a vedere il primo/quarto episodio della saga.
Era un periodo storico per me, per l'Italia e per il mondo del cinema.
A Bologna morì Lorusso e nulla fu più come prima, ma io che avevo 17 anni vivevo, come i giovani di allora, fra diverse contraddizioni inevitabili, il mio essere di sinistra e il mio grande amore per tutto ciò che arrivava da oltre oceano.
Con Star Wars noi giovani bolognesi progressisti entrammo di prepotenza nel futuro, imparammo ad amare Harrison Ford e comprendemmo che esisteva la luce della forza e il suo lato opposto quello oscuro.
Conoscevamo già la differenza fra bene e male, ma Star Wars inaugurò una sorta di fede cinematografica che mi ha portato fino ad oggi e fino a dentro un cinema che solitamente evito guardando ormai tutto su sky.
Ma ieri tornare al cinema con mia figlia è stato come attraversare il tempo, come se un solo filo conduttore mi avesse accompagnato dall'adolescenza alla maturità e bambini festosi a parte e corografie di contorno, l'atmosfera non era molto diversa dal 77, non c'erano i cellulari, non c'era la rete, ma l'energia ieri era identica, identiche le suggestioni, come se alcuni prodotti dell'ingegno umano davvero abbiano un destino diverso dal solito appiattimento commerciale, e potrei citare Indiana Jones, i Blues Brothers, Animal house, John Belushi, Frankenstein Junior, I vicini di casa, Il signore degli anelli e potrei citarne altri di film, tutti americani e in un certo senso di formazione per noi giovani bolognesi sedotti da un'America così lontana come cantava Dalla e appiattiti in sabati sera alcolici e densi di  nostalgia per una magia solo immaginata.
Star Wars è la magia, lo era allora lo è ancora oggi.
E' la magia dei mondi possibili, è l'eterna lotta fra il bene e il male, è il trionfo degli effetti speciali, è il tripudio degli eroi e io con mia figlia, due generazioni tanto distanti quanto parallele, ci siamo ritrovati accomunati in quell'avventura. Io non potrò mai farle capire com'era essere adolescenti negli anni settanta, ma chi se ne frega, mi è sembrato per un momento di essermi ritrovato con lei in quel cinema di allora, un po' come in Ritorno al futuro, altro cult generazionale.
La vita a volte può apparire quasi magica nel buio di una  sala  cinematografica, quasi perfetta, proprio come i film che ci accompagnano per tutta la nostra esistenza.



mercoledì 16 dicembre 2015

storie pazzesche





Ho visto Storie pazzesche prodotto da  Almodovar, regista l'argentino Damián Szifron e sicuramente pure nella superficialità della narrazione a racconti o corto metraggi è un film interessante.
Il grottesco è In letteratura, uno degli aspetti del comico, fondato su una voluta sproporzione degli elementi costitutivi di un momento drammatico ...copio dalla rete.
Questo film affronta alcune situazioni non molto distanti dalla realtà gonfiandole fino a farle divenire grottesche e ti lascia spettatore dell'orrore quotidiano indeciso fra il riso e il disgusto, la meraviglia e la paura.
Ma non sono storie del tutto impossibili, soprattutto la prima, quella dell'aereo, sembra presa pari pari dalla tragedia nella quale il pilota decise di schiantarsi portando con sé tutti passeggeri.
La realtà oggi come oggi è talmente intossicata dai ritmi, dalle nuove nevrosi, dai falsi miti, dai deficit da prestazione, dalla comunicazione virtuale, da divenire spesso una sorta di video gioco dove se ammazzi qualcuno alla fine puoi uscire quasi subito con la buona condotta, se truffi migliaia di risparmiatori, non rischi nemmeno una sospensione, se tradisci tua moglie il giorno del matrimonio puoi sempre scherzarci dopo su facebook.
Il film non è che una esplosione di possibili situazioni reali.
Una in particolare mi ha colpito per la sua somiglianza con la situazione italiana, ho scoperto che anche in Argentina la rimozione di un veicolo in divieto di sosta è trattata in maniera identica alla nostra.
Mi è tornato in mente anche Ammaniti, il suo modo di raccontare e un film tratto da un suo scritto L'ultimo capodanno.
Anche questo film sembra sempre sull'orlo della catastrofe che a volte sfuma e a volte esplode.
Film commerciale ma piacevole e ancora una volta migliore della maggiore parte della attuale commedia italiana, superati in questo caso dagli argentini ... che malinconia.

lunedì 14 dicembre 2015

scommessa a Memphis







Mentre ascolto Tom Baxter alle sette di mattina di una buia giornata di fine autunno scrivo di getto, come al solito, le mie impressioni su Scommessa a Memphis di Mirko Giacchetti.

Questa novella di 35 pagine  avrebbe potuto scriverla Stephen King o Joe Lansdale ma forse non avrebbero utilizzato la stessa attenzione metaforica ai particolari che solo un italiano che ama Elvis e non solo poteva utilizzare, si legge nel tempo che solitamente riempio la sera prima di addormentarmi a riflettere sul mio ultimo romanzo. Perché io la sera quando sono troppo stanco utilizzo le energie residue per cucirmi in testa una scena buona per la prossima inquadratura.
Ieri sera, invece, ho letto Scommessa a Memphis e come in un sogno ho gustato la cura scrupolosa delle citazioni, numerose e puntuali, la caratterizzazione dei personaggi che pure surreali hanno una loro consistenza. La morte è quasi simpatica e paziente, e il diavolo si ingegna per fare sì che il nostro mondo possa davvero essere un luogo meritevole di frequentazione aiutando un giovane e timido Elvis a imboccare la strada del successo.
L'unica citazione che non ho trovato e che invece a me è arrivata veloce in testa è quella della morte di Bergman nel settimo sigillo che ha un ruolo fondamentale anche in quel film dove si diverte a giocare a scacchi con un giovane cavaliere, il grande Max Von Sydow.


Questo racconto che ha vinto un premio, Morte a 666 giri, ed è classificato nella letteratura Horror, in realtà credo potrebbe essere inquadrato in un qualsiasi contesto narrativo, perché è una storia che parla di musica, di speranza, di immortalità, e attraversa diverse passioni generazionali.
Mirko è probabilmente più giovane di me, me lo immagino quarantenne e lucido consumatore delle stesse sostanze che ho assunto io nella mia più lunga vita, musica, cinema, letteratura e forse se ho capito bene anche videogames e la riflessione ultima che mi illumina il cervello prima del sonno è che forse non scrivo solo per una inconscia compulsione a straparlare al mondo, ma  forse perché anch'io ho visto cose che meritano di essere raccontate, in questo arco di tempo che parte nel 1959 e che ancora scorre.
Questa illuminazione l'ho percepita nelle due paginette finali, quelle delle citazioni che hanno sottolineato amori e passioni di Mirko e che forse arricchiscono la sua abilità indiscussa di narratore.
Questa novella deve essergli costata tempo e fatica, perché è curata come un piatto preparato con le giuste dosi, scivola bene, scorre in maniera armoniosa e scalda cuore e pancia.
E un consiglio a Mirko a proposito di caffè, te, me ... trovati il tempo di guardare Una donna in carriera è un film sulla speranza, c'è un pezzo di quell'America che dopo l'11 settembre è diventata un'altra cosa e c'è un grande Harrison Ford che rivedrò giovedì prossimo in uno dei suoi ultimi film credo, Guerre Stellari, il risveglio della forza.
Perché il tempo passa ma dentro rimango ancora un inguaribile adolescente ed Elvis come Morrison non sono mica morti se la passano alla grande nonostante l'età in una qualsiasi isola caraibica, bevono Margarita e hanno un nugolo di figli e nipoti.

Scommessa a Memphis. lo trovate a 0,99 cent qui
regalatevelo per Natale poi mi ringrazierete




sabato 12 dicembre 2015

Bologna non c'è più ... recensione di Mirko Giacchetti

Copio e incollo dal Blog di Mirko Giacchetti che trovate qui



L'Italia è una Repubblica fondata sul piombo.
 

Il 6 giugno del '46 Il Corriere della Sera annunciava in prima pagina la nascita della Repubblica italiana. Nei giorni precedenti, per la precisione il 2 e il 3, un referendum istituzionale chiamava alle urne gli aventi diritto. Con uno scarto di circa due milioni di voti, la nazione abbandonava la monarchia e sembravadimenticare una guerra civileche aveva insanguinato unintero paese nelle sorti di unconflitto mondiale.
Sempre nella stessa edizione del giornale, nella colonna di sinistra, appariva il titolo che tendeva a conciliare e, dove possibile, spegnere eventuali antagonismi con un rassicurante: “Tregua nazionale”.
In poco più di un anno, l'Italia era davvero riuscita a voltare pagina e lasciarsi tutto alle spalle?
Ho sempre avuto un debole per la Storia e, pur avendola incontrata tra i banchi di scuola, non ho mai ceduto alla tentazione di imparare a memoria delle date e studiare quanto basta da pagina x a y, perché avevo come la sensazione che fosse uno strumento utile per comprendere il presente oltre al facile qualunquismo e lefacili soluzioni.
Tornando al '46, le elezioni dovevano ancora concludersi che già nell'aria circolava il sospetto che ci fossero stati dei brogli. Alcuni gruppi partigiani non ne volevano sapere di consegnare le armi usate e altri avevano nascosto la camicia nera nell'armadio ma continuavano a essere fascisti sotto bandiere diverse. Anni dopo,l'aristocratico Coppi e il popolare Bartali scambiandosiuna borraccia durante una tappa del Tour de France, più della politica e del buon senso, scongiurano una ripresa delle ostilità e proiettano gli italiani verso gli anni '50, quelli della ripresa economica.
 
 
I problemi non sono mai stati veramente risolti, ma solo nascosti sotto il tappeto. Pur cantando tutto il tempo Chi ha avut' ha avut' ha avut', chi ha dat' ha dat' ha dat', scurdammc’ ‘u passat, le tensioni rimangono presenti nella vita politica e civile sino a scoppiare in tutte le contraddizioni possibili il 12 dicembre del '69 - la strage di Piazza Fontana - e nell'agosto del '70, quando, a un convegno a Pecorile, nascono le Brigate Rosse.
Banalizzando (molto) si potrebbe pensare che un filo rosso e uno nero hanno attraversato la trama dellaRepubblica e dopo venticinque anni si sono affrontati per riuscire a rovesciare le sorti della Seconda GuerraMondiale o portare a termine ciò che era stato interrotto con la resa dell'esercito tedesco, avvenuta l'8 maggio del'45.
Le cose non sono mai così semplici, gli antagonisti nel corso del tempo si sono affrontati più volte in un girone all'italiana e, nelle varie partite, sono entrati in campo il partito comunista sovietico, l'ingerenza americana, iservizi segreti deviati, gli interessi economici e una guerra fredda.
Non sono uno storico né, fortunatamente, un politico. Sono solo un lettore che ha avuto la fortuna di imbattersi in un ottimo romanzo che, per essere compreso al meglio, deve essere inserito in un contesto storico; per la precisione nell'eredità degli Anni di Piombo.
Bologna non c'è più di Massimo Fagnoni è il secondo capitolo delle indagini di Galeazzo Trebbi. Per apprezzarlonon è necessaria un'approfondita conoscenza degli ultimi settanta anni della storia italiana, ma è utile perapprezzarne alcune sfumature.
 
 
Dopo quanto accaduto ne I delitti della Bassa, l'investigatore privato torna a occuparsi di un adolescente problematico, tal Wolfango Lazzarini, unico erede di una importante azienda. Il giovane è un consumato tossicodipendente che non gioca solo con il proprio destino, ma con tutti quelli dei lavoratori, dei creditori e debitori legati a doppia mandata all'industria di cui, un giorno, prenderà le redini. Un caso senza troppe difficoltàma che riserva qualche spiacevole sorpresa. Parallelamente a questa vicenda, l'autore ci porta, con dei salti temporali, sulle tracce di Pietro Ricci e l'intento che l'educatore cinquantenne ha di costituireun'organizzazione eversiva. Durante un seminario sulleBR avrà modo di reclutare alcuni elementi con cui mettere in moto un'azione sovversiva in un panorama politico incerto come quello che fu nel 2013. Uno scenario che, tanto per intenderci, stagnava tra i tecnicismi di Monti, la nascita del Movimento 5 stelle e la fiaccaopposizione tra Pd e Pdl.
Per quella che è qualcosa in più di una coincidenza, Trebbi deve ritrovare una ragazza e scoprire l'identità dei cospiratori.
Limito al minimo la sinossi, proprio per non rovinare il gusto della lettura.
 
 
 
Perché è un libro da leggere? Come molti altri autori del noir italiano, Fagnoni attraversa la società in cui viviamo e non lesina nel mostrare lo squallore in cui siamo immersi. Lo fa percorrendo strade scomode e ipotizzando scenari che non sono così lontani dal diventare minacce reali.
Gli anni '70 sono stati disinnescati dalla boria degli anni '80, il rosso e il nero si sono annacquati e diluiti negli interessi economici, il lavoro non è più una realtà solida ma ha l'aspetto di un fantasma piuttosto pallido. Allora,come e perché dovrebbe risorgere un'organizzazione terroristica di stampo politico, contando che sono state tutte debellate e rese inoffensive? È una questione diideologia o c'è dell'altro?
Leggete Bologna non c'è più e lo scoprirete.

Bologna non c'è più di Massimo Fagnoni. Fratelli FrilliEditori, collana Tascabili Noir. 2015, 214 pagine, € 11,90 disponibile anche in formato ebook presso tutti gli store on line.

giovedì 10 dicembre 2015

il ragazzo invisibile



Noi italiani non crediamo nei super eroi, ci limitiamo ad amarli da lontano come Dei dell'Olimpo, preferiamo collezionare raccolte di fumetti, ci presentiamo a frotte alle prime della Marvel, e fantastichiamo da sempre dietro alle sventurate vite di chi ha scelto di assumersi grosse responsabilità pur di salvare il mondo dal lato oscuro della forza.
Ma alla fine non ci crediamo, altrimenti ne avremmo inventato almeno uno, l'avremmo coltivato, sponsorizzato, esaltato e magari esportato all'estero come facciamo con il vino.
In questo momento l'unico super eroe nostrano che mi viene in mente è il grande Superciuk creato da Max Bunker e disegnato dall'indimenticabile Magnus, ed era un super eroe davvero nostrano ti stendeva con la sua fiatata alcolica e faceva abbastanza ridere, io ho amato e divorato Alan Ford nella età spensierata dell'adolescenza, quando i fumetti riempivano quasi tutto l'immaginario.

L'altro super eroe nostrano che adesso mi viene in mente è questo:




E' la storia di un super eroe che vive fra i tetti di Bologna su Terra L, un mondo quasi uguale al nostro. E' del 2009 credo e a chi piace Morozzi non può essere sfuggito.

E finalmente parliamo velocemente di questo ragazzo invisibile e devo ammettere che non mi decidevo a guardarlo temendo l'ennesima delusione e invece Salvatores non mi delude quasi mai, anche se Come Dio comanda non mi è piaciuto però nonostante questo quando penso al libro mi tornano in mente alcune scene del film.

Questo film è gradevole, quasi credibile nel senso che ha le caratteristiche del vero film di super eroi ci sono tutti gli ingredienti, l'adolescente vittima di bullismo, timido, introverso, innamorato della bella ragazzina bionda, figlio adottivo di una ispettrice di polizia, Golino, e poi improvvisamente la scoperta dei suoi poteri e l'evoluzione del film nei termini che gli si addicono, pura avventura.
Non voglio fare analisi socio politiche sul significato intrinseco del messaggio morale, non mi interessa e forse non interessava nemmeno il regista che sta già preparando il seguito, il film è gradevole, non ha molto a che fare con le grandi produzioni americane, ma alla fine mi ha divertito. Nonostante qualche fragilità posso affermare che è un film di super eroi e anche noi adesso possiamo rivendicare il nostro primo super eroe con un costume di tutto rispetto. Spero sia la fine di un complesso di inferiorità nei confronti della Marvel e l'inizio di qualcosa di innovativo.
Salvatores ha del coraggio ed è bravo.
E secondo me deve avere qualche collezione di fumetti come me ben impilata da qualche parte e ogni tanto, magari, trova anche il tempo di leggerli.

martedì 8 dicembre 2015

Bologna non c'è più a Casalecchio



Venerdì 11 dicembre 2015 si torna in scena seconda apparizione per Bologna non c'è più in uno scenario inusuale per una presentazione presso vi.ta caffè in via del lavoro 70 a Casalecchio di Reno.
La serata si svolgerà in questo modo, alle 20 chi vuole potrà mangiare e bere presso il buffet del locale e dopo, intorno alle 21,si svolgerà la presentazione con sottofondo musicale e i consueti interpreti, questa volta insieme al sottoscritto ci sarà l'amico Claudio Balboni alla consolle e l'inossidabile Marco Piovella alle letture, poi dopo la presentazione chi ha ancora energie e voglia di ballare potrà divertirsi con musica anni 80 ... la migliore.
Vi aspetto.
Sotto la mappa per gli "stranieri", comunque via del Lavoro è nella zona industriale dietro l'Ikea per intenderci.




lunedì 7 dicembre 2015

ogni maledetto natale




E visto che domani è l'Immacolata e io sono bloccato a casa da una bella influenza gastrointestinale cosa c'è di più confortevole che guardarsi una commedia italiana con il meglio della comicità romana e nazionale.
Ormai sono troppo vecchio per aspettarmi capolavori dalla commedia italiana, ma in  questo caso ero ottimista perché gli sceneggiatori sono gli stessi di Boris che ho molto amato, il cast è davvero interessante con Mastandrea, Guzzanti, Morante (quella di Bianca per intenderci) tutto il cast o quasi di Boris, compresa Caterina Guzzanti, che mi piace più della sorella.
Poi il film, sfilacciato, inconcludente, poco divertente in una sorta di grottesca imitazione di certo cinema italiano di ben altro spessore come Parenti Serpenti del grande Monicelli, dove il Natale davvero diventava lo sfondo per una commedia amara, sarcastica, nerissima e divertente di una tipica famiglia italiana, con le sue contraddizioni e i suoi orrori nascosti nell'armadio.
Qui non c'è nulla di tutto ciò, il simpatico Cattelan è bravissimo a presentare Xfactor, è sicuramente un grande comunicatore stile 2015 raffiche di parole veloci e rimbalzanti, ma in questo film non ci sta a dire nulla, e tutti scompaiono sullo sfondo di una sceneggiatura inconsistente, e i moralismi della seconda parte del film non servono a nulla se non a fare sbadigliare, l'unico a salvarsi è Guzzanti e aggiungo anche Mastandrea e mi chiedo come al solito, avevano bisogno di farlo questo film?
Perché non credo che l'abbiano interpretato per la gloria.



mercoledì 2 dicembre 2015

Donne d' Italia ... Renzi ospite d'onore



L’anno scorso se l’era evitata. Ma quest’anno Renzi ha detto sì. Appuntamento al Tempio di Adriano, in pieno centro a Roma. Stavolta il libro si chiama ‘Donne d’Italia’. L’autore è sempre lui: Bruno Vespa. Per vent'anni e con cadenza annuale ha battezzato i suoi volumi con Silvio Berlusconi, più o meno sempre lì al Tempio di Adriano e sempre tra novembre e dicembre. Erano appuntamenti di show e battute, mettevano il punto mediatico sull'anno passato e andavano a capo. Adesso inizia la nuova saga: quella di Renzi, che per la prima volta presenta il libro di Vespa da presidente del Consiglio. Insomma, se c’è pure il timbro di Vespa è ufficiale: un ciclo si è chiuso, un altro se n’è aperto. Ma l’officiante resta sempre lui: il ‘padre’ di Porta a Porta, prima, seconda e terza repubblica in una sola persona. E la platea, quella già schierata a prendere i posti in prima fila, rappresenta un tempo passato.
tratto dall'Uffington Post.

Questa mattina durante la colazione vedo Renzi in televisione su Sky che parla di politica e dietro come sfondo la cover dell'ultimo capolavoro di Vespa, Donne D'Italia e mi chiedo PERCHE'?

Era un appuntamento con Berlusconi e ci stava, Silvio negli studi di Rai uno ha firmato anche un contratto con gli italiani mica scherzi, però perché Renzi? Ne aveva il bisogno e la necessità di rendere omaggio a Vespa?
Il mio sindacato lo invita regolarmente l'attuale  presidente del consiglio ai nostri convegni ed è un sindacato che rappresenta migliaia di lavoratori, ma lui chiaramente neanche ci risponde, non ci sono riflettori ai nostri convegni solo lavoratori che da anni attendono una riforma.
Vespa invece è un appuntamento che non può essere disatteso.
Si parla di cultura ... certo.
Si parla di società ... sicuramente.
Si parla dei problemi che affliggono il ceto medio.
E non pensate che io sia invidioso della ricchezza e della gloria del giornalista più potente d'Italia, solo perplesso, scandalizzato, divertito.
Egregio Presidente del Consiglio, anch' io sono uno scrittore, mi farebbe l'onore di partecipare ad una mia presentazione?
Segue invito

martedì 1 dicembre 2015

booklovers



Ho iniziato a vedere le brevi e curate puntate di Booklovers su Sky Arte, e come al solito rimango incantato dalla magia delle parole di grandi scrittori lette questa volta da scrittori contemporanei.
Non ho ancora visto la puntata dedicata al noir metropolitano con Lucarelli e mi sono però gustato la puntata sul cosiddetto romanzo psicologico girata a Torino che ho avuto la fortuna di visitare pochi anni fa e che rimane per me luogo affascinante sia dal punto di vista architettonico sia per i rimandi letterari ed editoriali che mi trasmette, la Torino dell'Einaudi.
In questa puntata Paolo Giordano del quale ho letto solo la solitudine dei numeri primi, parla dello scrivere e della fatica di essere scrittori, intervistato da un puntuale Giorgio Porrà, che riesce a fare domande essenziali e mai banali, e questo giovane scrittore che è anche un fisico, svela senza reticenze quanto lo scrivere possa essere faticoso,  una sorta di sentiero difficile e precorritore di scombussolamenti esistenziali, e al di là delle sue parole, che vi consiglio di ascoltare su Sky Arte, il suo atteggiamento pacato e asciutto e le sue riflessioni hanno provocato in me un momento di riflessione.
Scrivere, a prescindere dalla preparazione tecnica, dalla predisposizione, dalla volontà, è a certi livelli una sorta di scelta obbligata, si scrive perché si vuole scoprire qualcosa, come dice Giordano, in questo la scrittura creativa è affine alla matematica o a una qualsiasi scienza.
La scrittura  nasce da dentro per permetterci di svelare qualcosa prima noi stessi e poi al mondo, scrittura come desiderio di cambiamento. Scriviamo per cambiare il mondo o almeno per potere urlare al mondo il nostro desiderio di cambiamento e gli scrittori non sono mai appagati, e anche in questo mi riconosco, perché  sento di arrivare sempre dopo le cose, dopo la realtà che descrivo, dopo gli stati d'animo e mai in perfetta armonia, come un inseguimento infinito di aspirazioni, desideri, progetti di vita.
E più cerco una spiegazione al mio scrivere più mi rendo conto che è impossibile trovarne una, una plausibile intendo, e i profani potranno dire il desiderio di fama e ricchezza, ma chi conosce il mondo letterario sa che la fama può anche essere un problema e la ricchezza è quasi sempre improbabile.

lunedì 30 novembre 2015

in treatment 2



Dicevo ieri sera con la mia dolce metà che forse da Giovanni/Castellitto terapeuta mi farei anche aiutare se proprio ne sentissi il bisogno, ma la verità è che per formazione non ci credo nella terapia relazionale, come non credo nella psicanalisi, nella relazione con il terapeuta e nella buona fede di chicchessia e non mi fiderei a raccontare i fatti miei ad uno sconosciuto che inoltre vuole essere pagato profumatamente per il suo servizio.
Ma detto ciò la cosa che davvero mi piace di questa serie giunta alla seconda stagione è la cura con la quale emergono i personaggi, chi mi legge ormai avrà capito quanta importanza abbiano per me tutti i protagonisti di un romanzo, e non è solo un esercizio di stile, ma la mia nevrosi nei confronti delle singole umanità che ognuno si porta dietro fino alla tomba.
Ogni personaggio ha diritto al suo spazio nella finzione come nella realtà, non credete?
In questa fiction, remake di una analoga serie americana, si assiste alla settimana tipo del terapeuta Giovanni Mari, sono 35 sedute e relativo incontro con il suo supervisore a fine settimana e quest'anno nel cast c'è il grande Placido, che interpreta un maniaco del controllo in procinto di andare in pezzi.
Gli attori sono bravi, bravissimo è Castellitto che riveste i panni scomodi di questo umanissimo terapeuta con una vita sbriciolata e una grande forza di volontà che gli permette di svolgere ancora con passione il suo lavoro con i pazienti.
Definizione dei personaggi, intensità e partecipazione, una sceneggiatura profonda, lucida, tagliente, tutti ingredienti importanti per uno come me che ama i dialoghi serrati e le passioni travolgenti.
Una piccola immersione nelle vite degli altri viste  attraverso il buco della serratura di un analista.
Mi piace, e capisco che non possa piacere a tutti, avrà anche dei limiti, ma di fronte al nulla di tanta fiction nostrana è una boccata d'ossigeno.
su sky atlantic

venerdì 27 novembre 2015

la sit com americana da The Middle a Mike & Molly



Oggi ho voglia di rilassarmi, il nuovo romanzo mi sta succhiando le energie e capita sempre così alle nuove uscite, quindi perdo cinque minuti a segnalarvi due serie leggere come bolle di sapone, ma in fin dei conti sempre bene confezionate.
Mike&Molly sono ormai alla sesta stagione in America e qui vengono proposti dal canale Comedy di sky e come potete vedere i due protagonisti sono leggerissimi nella loro consistenza terrena, e sono una rivincita degli obesi nei confronti della commedia dove i protagonisti devono essere slanciati, longilinei, belli e improbabili.
Loro si sono conosciuti dagli obesi anonimi e lui fa il poliziotto lei l'insegnante e si amano alla follia, ma la trama non è necessariamente importante, importante è la leggerezza della sit com, l'intelligenza della sceneggiatura, la simpatia dei personaggi.




The Middle invece è la storia di una famiglia media americana che vive in una piccola cittadina dell'Indiana. La famiglia vive in pieno la crisi economica, e i due genitori si trovano a gestire i tre figli in un delirio esilarante di situazioni improbabili, sicuramente emerge la difficoltà dell'essere genitori nel nostro modello sociale, ma anche qui domina la leggerezza, i tre figli sono spettacolari, e bravissimi attori, il più piccolo con tratti autistici, specialmente quando ripete sottovoce le parole è l'intellettuale di casa, poi c'è la sorella che è tanto bruttina quanto esuberante e talmente ingenua da trasfigurare la realtà circostante, infine il terzo fratello cialtrone, sciatto, fancazzista sempre in mutande per casa, e la commistione di questi tre personaggi adolescenziali e lo sforzo disumano della madre per tenere insieme i pezzi della famiglia e della sua vita diventano in realtà materiale comico irresistibile,  grazie ai dialoghi serrati e alle situazioni grottesche.
Ho abbandonato i grandi fratelli e gli xfactor nostrani, mi provocavano nausea e acidità di stomaco, se devo perdere tempo davanti alla mistificazione della realtà preferisco i professionisti americani.
Su sky fox  comedy

giovedì 26 novembre 2015

Bologna non c'è più recensione di Paolo Vinciguerra











Come accennavo in facebook, ci sono recensioni diverse dalle altre e come scrivevo a proposito di una recensione dell'amico Tripodi, le recensioni autentiche e sentite si percepiscono immediatamente.
Paolo Vinciguerra ha capito perfettamente dove volevo andare a parare e cosa mi riproponevo con il mio ultimo romanzo e in una efficace recensione lo spiega, che sia dovuto a affinità elettive o a un comune sentire della nostra generazione non saprei dire, in ogni caso certe recensioni danno un senso al mio scrivere e quindi anche al mio tempo di vita qui e adesso, grazie.
il blog da cui è tratta la recensione è Atmosfere letterarie



La "colonna" bolognese della Fratelli Frilli Editori, continua a sfornare ottimi e appassionanti romanzi. Questa volta è Massimo Fagnoni, con il suo disincantato investigatore Trebbi, a coinvolgere il lettore in una storia tanto drammatica quanto realmente possibile. Ho mutuato il termine "colonna" da vecchie cronache non a caso: infatti in "Bologna non c'è più" si parla di terrorismo. Ma non è il classico romanzo sull'argomento. E' davvero un qualcosa di diverso. Con una scrittura di grande intensità, Fagnoni è stato capace di rendere appieno l'idea di cosa si potrebbe celare dietro un rigurgito della lotta armata. Quali potrebbero essere le motivazioni, le ragioni e la disperazione, di chi oggi fosse tentato di lasciarsi trascinare in un'altra avventura senza futuro e speranza. E' una storia di emarginazione dalla società di quel ceto medio che non esiste quasi più, incastonata in una storia sulla Bologna della ricca borghesia. O meglio, viceversa. Ed è questo parallelo contrastante che risalta maggiormente nella lettura. Il romanzo, fra le righe, pone ancora oggi tante domande che non hanno mai avuto risposta nella lunga storia del terrorismo italiano. Trebbi, insieme al commissario Guerra, si ritrova coinvolto in questo doppio incarico e ne uscirà ancora più provato. Al di fuori del raccontoesce un ritratto amaro e disperato di un Paese sull'orlo del collasso economico e sociale. Una serie di personaggi totalmente diversi uno dall'altro. Molto significativi, a partire da Pietro Ricci, protagonista quasi assoluto insieme a Cesare, ex poliziotto disilluso. Figura questa davvero spettacolare e commovente, pur in tutta la sua rabbia repressa. Un'analisi che, come dicevo, rimanda ad antichi quesiti: quanto erano manovrati i vecchi terroristi? Davvero ci credevano? Il periodo storico è importante? Gli anni 70' furono contrassegnati da una profonda crisi economico/sociale paragonabile a quella dei giorni nostri e questa senz'altro favorì il fenomeno della lotta armata. Fagnoni ha saputo raccontare senza cadere nello scontato, nel già detto. Perchè è un romanzo di persone. Di stati d'animo, di rabbia e furore, ma anche d'amore. E Trebbi rimane quasi ai margini, confuso in questa moltitudine di personaggi.  Come confusi sono i pensieri di questa gente. Come oggi sono confusi i nostri pensieri e le nostre idee di gente comune. Un grande affresco moderno, di uomini e donne; specialmente queste ultime meravigliosamente descritte e assolute protagoniste. In conclusione un libro da non perdere assolutamente. Far raccontare le persone, saper "raccontare" le persone: questo è il romanzo. Questo è il noir.

mercoledì 25 novembre 2015

#bolognanoncepiu intervista di Quibolognatv




Ecco per voi la tradizionale e sempre perfetta intervista dell'amico Stefano Zanerini di QuiBolognaTv.
Sono 10 minuti ma danno l'idea di cosa voglio raccontare con il mio ultimo romanzo, e ci sono alcune immagini davvero suggestive di Bologna.
Stefano è  un grande professionista, lunga vita alla sua bella televisione sempre in prima linea a Bologna

martedì 24 novembre 2015

Bologna non c'è più articolo di Dario Villasanta


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Copio e incollo l'articolo dell'amico Dario Villasanta in merito alla bella presentazione organizzata da lui e dalla bravissima Giusy Giulianini, il link dal quale l'ho preso è BABETTE BROWN


Massimo Fagnoni: autore locale, realtà nazionale

Bologna-Eventi: l’anteprima dell’ultimo noir di Massimo Fagnoni al Mondadori Megastore di Bologna.
Prendete un’anteprima nazionale di un libro in una prestigiosa libreria del centro, metteteci che l’autore è un rappresentante di spicco della Polizia Locale, aggiungete partecipanti a grappoli fino a gremire la sala, condite con vivaci rappresentanti del comune della città che non mancano di far sentire le loro voci, ed ecco l’evento perfetto: la presentazione dell’ultimo libro di Massimo Fagnoni, ‘Bologna non c’è più’, titolo quanto mai sintomatico di una città che è terrorizzata dall’idea di perdere la propria identità.
Bolognese, fortemente radicato nel tessuto sociale della città grazie (o per colpa) del suo lavoro, Massimo ha scritto un noir di cui dicono un gran bene, competente com’è in prima persona su certi temi sociali. Intanto, ci ha pensato la sala traboccante di spettatori a dargli soddisfazione, una platea attenta e interessata che si è goduta le letture tratte dal romanzo e ha partecipato attivamente alla discusisone, i cui temi, peraltro serissimi, non hanno impedito ai due relatori di stemperare ogni tanto l’atmosfera con battute e sorrisi.
Personalmente, da spettatore, avrei amato potermela godere di più, ma, dico davvero, non riuscivo sempre a conservare il mio posto in piedi nella sala tanto era gremita. Sono riuscito però a cogliere alcune digressioni sulle realtà del territorio, che ovviamente hanno catturato l’attenzione dei presenti, e a chiedere, da forestiero quale sono ancora a Bologna, come mai questa città ispiri ai suoi artisti soprattutto tematiche noir, invece che romantiche cornici d’amore. Ci ha pensato il consigliere comunale Carella, uno dei due relatori della serata, a rispondermi, facendomi notare come i portici bolognesi siano tanto suggestivi quanto inquietanti, tenendo nascosti molti più angoli di quanti ne appaiano. Considero che ha ragione, e l’autore completa il quadro con la sua competenza sul territorio. Massimo Fagnoni forse non sarà ancora conosciuto ai più, in Italia, ma ritenerlo una realtà locale sarebbe un errore: non solo perché i suoi romanzi sono targati Fratelli Frilli Editori, garanzia di qualità (come chi sa chi ha letto Maria Masella, Roberto Carboni, Simone Togneri, Alessandro Reali e tanti altri) e di reperibilità delle sue opere, ma perché tocca argomenti che solo ultimamente nel noir si stanno sdoganando e che non tutti fino a poco tempo fa hanno avuto la competenza, o il coraggio, di raccontare nella loro vera essenza e crudezza, come le patologie psichiatriche in contesti di disagio sociale e l’intervento delle istituzioni in questi delicati contesti. E dice una cosa importantissima, Massimo: “i cittadini spesso  ci vedono solo come ‘divise’, non considerando che siamo anche e soprattutto degli esseri umani, che devono a loro volta considerare le storie, altrettanto umane, che ci capitano di fronte ogni giorno: le loro”.
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