sabato 30 agosto 2014

Federico Calafati e le sue sceneggiature


Attraverso Facebook scopro ogni tanto nuovi scrittori, mi piacerebbe leggerli tutti ma materialmente è impossibile, nel caso di Federico Calafati è facile, ci scambiamo informazioni sulla reciproca passione per la scrittura creativa e il giovane autore, classe 1990, mi parla delle sue sceneggiature a 89 centesimi su Amazon e visto che il mio prossimo progetto è estrapolare una sceneggiatura da romanzo che sto attualmente scrivendo, vado a leggere una delle sue, breve, 17 pagine, e mi sembra per un attimo di ritrovarmi in una sit-com con la simpatia degli anni settanta ottanta Tre cuori in affitto e la freschezza degli anni attuali, una volta tanto una trama leggera, tre giovani che si ritrovano a condividere un appartamento  e si comportano come tali, fra musica, alcol e sesso, frequentazioni obbligatorie per molti studenti fuori sede.
E' divertente, le battute sono veloci e credibili, i personaggi sono delineati e simpatici, l'evoluzione a puntate è una buona ricetta per incentivare il pubblico ad acquistare le puntate successive per vedere cosa accade.
Idee, di questo abbiamo bisogno, creatività, coraggio e anche talento certo.
Se vogliamo uscire dal tunnel ci vuole una bella dose di ottimismo, un po' di incoscienza, e intelligenza, ed è rigenerante trovare un giovane che sembra possedere alcune di queste caratteristiche.
Federico, spero che le tue sceneggiature arrivino in televisione, farebbero la loro figura in un panorama italiano desolatamente provinciale. 

venerdì 29 agosto 2014

Polizia Locale ... nuovi mestieri pericolosi



L'immagine sopra è quella tristemente nota del luogo, a Milano,  dove nel gennaio 2012 fu barbaramente ucciso il collega Niccolò Savarino trascinato per 300 metri da un suv rubato e guidato da Remi Nikolic un pregiudicato rom che all'epoca dei fatti non aveva ancora 18 anni ed è questo il motivo principale per il quale la condanna per omicidio volontario è stata ridotta da 15 a 9 anni di reclusione. Ciò significa che con altri sconti e facezie simili il criminale potrà uscire di galera in piena evoluzione creativa  rafforzato dall'idea di potere uccidere un agente in maniera tanto efferata e cavarsela davvero con poco.

Questo è l'episodio più eclatante e devo mordermi la lingua per non vomitare la rabbia per tanta ingiustizia, indifferenza, solitudine politica e istituzionale nella quale ad oggi, agosto 2014, la nostra divisa continua a permanere.

Nessun governo di destra o di sinistra ha fatto un passo in avanti nella direzione di una reale legge di riforma della polizia locale ferma al 1986, e noi siamo ancora, nell'immaginario collettivo, un esercito di alberto Sordi e Lino Banfi, o  buoni per due risate in un Posto al sole, o considerati esattori nati  solo per vessare il cittadino con sanzioni e gabelle.

Ma veniamo alla cronaca:

TORINO:
Ferragosto 2014, quattro pattuglie di agenti della polizia locale intervengono in un quartiere con forte presenza di nord africani e non riescono a portare a termine il fermo di un cittadino extracomunitario perché circondati da decine di suoi connazionali e devono ritirarsi dopo essere stati aggrediti fra sputi e ingiurie al grido di Allahu Akbar di seguito il link dove potrete vedere il video

Lido di fermo:
Collega aggredito da venditori abusivi, in questo caso la novità è che questi individui, al termine di una giornata durante la quale era stata effettuata un'operazione di contrasto alla vendita di marchi contraffatti con numerosi sequestri, hanno deciso di circondare l'auto di un agente, Alberto Rogante, che aveva come unica colpa quella di indossare la nostra divisa e armati di pietre prima lo hanno minacciato chiedendo la restituzione della merce sequestrata la mattina e poi hanno cominciato a danneggiare con calci  la stessa vettura arrivando ad aggredire l'agente.
Solo l'intervento di 4 volanti della Polizia di Stato e della Guardia di Finanza ha permesso di portare in salvo l'agente ferito e la violenza allora è stata indirizzata ai poliziotti e alle auto in sosta.

Sono solo due episodi di un evidente innalzamento del livello di scontro, ed è oggettivo il problema che il nostro paese, messo in ginocchio da una crisi senza precedenti, continua a dare accoglienza a persone che non solo non hanno da lavorare, ma che sicuramente sono sempre più numerose e incattivite dalla precarietà della loro condizione.


Ma ai sociologi analisi e chiacchiere.
A noi agenti le mazzate. Senza riforma, senza tutele, sempre più anziani, usciamo dal comune nel quale operiamo e non siamo più nulla, divise diverse regione per regione, alcuni armati, altri con lo spray al peperoncino altri con il distanziatore, molti disarmati di fronte a un esercito di disperati, con un contratto fermo al 2009 e una rabbia dilagante.



Quando ti azzardi a chiedere novità legislative ti rispondono sarcastici che non è il momento, c'è la crisi internazionale, le fabbriche chiudono e abbiamo il più alto livello di disoccupazione giovanile, e non ricordo un periodo negli ultimi 15 anni dove non ci fossero altre priorità rispetto alla nostra esigenza di cambiamento.

Questo lo stato dell'arte, e a volte mi chiedo davvero dove riusciamo a trovare la forza per continuare a crederci, è proprio vero, il nostro  deve essere un mestiere vocazionale, ma confesso che la fede  la sto davvero perdendo. 

giovedì 28 agosto 2014

Magdi Allam ... lo conoscete?



Magdi Allam lo conoscete? Io confesso che l'ho intravisto a qualche dibattito televisivo su islamismo e affini, e adesso so che ha scritto sul Giornale, e in questo periodo che definirei anestetizzato nel quale in Iraq massacrano i cristiani ma solo il Papa ne parla con coraggio, e infatti dicono sia già nel mirino del terrorismo, dicevo in questo periodo di sbarchi fuori controllo, dove non esiste più l'espulsione e l'italia viene travolta e coinvolta in questo esodo di proporzioni bibliche un giornalista egiziano, naturalizzato in Italia e cattolico viene sanzionato con un provvedimento disciplinare dall'ordine dei giornalisti per alcune dichiarazioni a loro dire islamofobe leggere per credere.
Io non voglio come al solito prendere posizione per vari motivi, il principale è che nel nostro paese e non solo puoi sputare nel piatto dove mangi, parlare male della Chiesa, del vaticano, delle istituzioni, della bandiera, del crocifisso nelle scuole, e passarla liscia, ma se ti azzardi a dire che ti preoccupa la pressione dei migranti, che non credi nell'integrazione delle culture a tutti i costi, che hai paura del terrorismo isalmico e di leggi barbariche che impongono la mutilazione sessuale alle donne, ecco che rischi di essere tacciato di razzista, islamofobo, e rischi due volte la gogna mediatica e l' incolumità fisica. Quindi vi lascio l'articolo sul caso Magdi che potete leggere cliccando sopra e ognuno è libero come al solito di dire ciò che meglio crede fino a quando ce lo permetteranno ... chiaramente.

martedì 26 agosto 2014

milano nera - il silenzio della bassa



Il silenzio della bassa




 Articolo di FRANCESCO RAVIOLI



Celeste è la figlia brava, studiosa, profonda. L’unico gioiello della famiglia Maccaferri, nucleo piccolo borghese da anni residente a pochi chilometri fuori dalla città, che si trova ad attraversare una crisi economica che non lascia tregua. Sua sorella, Angelica, fa propri tutti gli stereotipi dell’adolescente difficoltosa, solitaria, indifferente a ciò che la circonda. Il padre e la madre sono una coppia di ex liceali innamorati, stancamente uniti nel trascorre la giornata con i propri, singoli, problemi. Lei casalinga disperata in cura presso uno psichiatra dell’AUSL, che i privati costano ormai troppo, lui dipendente di una società finanziaria in balia della crisi economica, che si ritaglia piaceri fugaci nelle lunghe assenze di lavoro. Celeste, l’unico raggio di luce, è scomparsa. Al villaggio Airone, agglomerato urbano in cui la gente è di passaggio come l’uccello che gli dà il nome, non la si vede più sfrecciare in bicicletta. La ricerca la Polizia di Stato. Indagine classica. Colloqui con i compagni di classe, con la famiglia. E’ un pool di persone che si occupa del caso della giovane ragazzina. C’è la psicologa, l’esperto della polizia postale, il poliziotto che fa la parte del duro e il commissario. La ricerca anche Galeazzo Trebbi, pensionato ex questurino. Un segugio che, ai suoi tempi, aveva un tartufo che funzionava molto bene. Con gli anni le disgrazie che lo hanno colpito lo hanno imbolsito nel fisico e, ancor più, nell’animo, ma il mestiere e l’intuito non l’hanno abbandonato. Gli serve del denaro, per mantenere le cure della figlia, e lavora per Fiorella Benedetti, primadonna della televisione locale Emilia Futura, che conduce un simil Chi l’ha visto?, eccezionale contenitore delle peggiori piccole cose di pessimo gusto che accadono in provincia. Ognuno ha un obiettivo, nella ricerca. Che sia dare in pasto nuovi dettagli ai viziosi telespettatori o fornire al Pubblico Ministero un nome definitivo sul rapitore, l’indagine è rapida e serrata. Passano i giorni e, si sa, quando una persona scomparsa non riappare, si fa sempre più concreta l’ipotesi peggiore. Si tratta di comprendere il movente, oltre il chi. Sarà un gioco di squadra a fare luce sull’accaduto. Massimo Fagnoni racconta con dovizia di particolari sia il lato professionale che personale dei personaggi che, intrecciandosi, riempie l’universo narrativo; è attento nel dotare di caratteristiche prettamente noir non solo i protagonisti ma anche le comparse della storia e si prodiga nel rappresentare il sobborgo di pianura dove vive la famiglia Maccaferri come un “luogo non luogo” in cui i residenti sembrano fluttuare immersi nella nebbia, reale, che avvolge un sito nato per via artificiale. Se non appare con chiarezza chi sia il vincitore, ben noto è il perdente. La piccola borghesia, non più solo quella pronta a spettegolare in nome del civile rispetto, come cantava Claudio Lolli, ma persino artefice e approfittatrice delle proprie disgrazie.

Il silenzio della bassa- Massimo Fagnoni - Fratelli Frilli

lunedì 25 agosto 2014

six feet under ... da sotto terra fino in cielo



Ieri sera ho visto l'ultima puntata della serie six feet under creata da Alan Ball le prime tre stagioni le ho viste su sky on demand poi ho scaricato le ultime due dalla rete per vedere tutta la serie e ho centellinato le ultime puntate come si fa con un buon vino che sta per finire.
Come alla fine di un bel romanzo uno di quelli eterni tipo Viaggio al termine della notte o La macchia umana rimane dentro un profondo senso di perdita perché mi sono immerso in poche settimane nella vita di una atipica famiglia americana, una famiglia che è anche un'agenzia di pompe funebri ed è una delle famiglie più vive, strampalate, e coinvolgenti che abbia avuto modo di vedere in una fiction televisiva.
In passato ho parlato di altre serie terminate come Una mamma per amica o Medium che mi avevano per motivi diversi entusiasmato o coinvolto, e l'unica cosa in comune fra medium e six feet under è la scelta degli sceneggiatori di dare alla fine alcune possibili conclusioni delle diverse vite dei protagonisti.
Ma al di là di questo e della conclusione della vicenda familiare della famiglia Fischer rimane l' accuratezza stilistica, la profondità dei contenuti, l'intelligenza della sceneggiatura, la bravura degli attori, fra i quali l'unico che veramente ho ritrovato in seguito è il bravissimo Michael C.Hall che da impresario gay diventerà serial killer in  Dexter.
Potrei scrivere un trattato su questa serie televisiva, su come sia possibile affrontare un tema così delicato e tabù come la morte nella civiltà occidentale, con intelligenza, ironia, sensibilità, leggerezza, aprendo la mente per includere all'interno di questa analisi i nostri modi di vivere, di amare, di comunicare, le diverse forme di pazzia, nevrosi, fobia, e inoltre un approccio al tema della diversità una volta tanto non retorico, demagogico, o buonistico.
Credo che alla fine la superiorità stilistica degli americani di qualsiasi origine siano affiori da questo tipo di produzioni.
Noi italiani non siamo solo indietro a causa della mancanza di mezzi e finanziamenti, scusa sempre buona per descrivere la tristezza della nostra produzione cinetelevisiva, noi siamo indietro anche culturalmente,  afflitti da un buonismo mediterraneo pietistico e piagnone, da una paura di uscire allo scoperto, da una rincorsa continua di miti stranieri, senza vera originalità.
Inoltre credo che le nostre produzioni siano anche malate di superficialità, mancanza di vera concorrenza, povertà di idee, e come è bene descritto in Boris dalla solita malattia tutta italiana del favoritismo.
Quindi mi inchino come al solito davanti alla bravura di chi ha saputo inventare un prodotto come questo rassegnato all'idea che in Italia non esista ancora un simile genio.

giovedì 21 agosto 2014

Il lato positivo












Il lato positivo  Silver Linings Playbook è un film gradevole sulla perdita e sull' innata capacità dell'essere umano ad adattarsi a qualsiasi situazione pur di sopravvivere.
Lui Bradley Cooper ha perso tutto, dopo avere sorpreso la moglie sotto la doccia con un altro, ha sviluppato una bella psicosi ed è stato in ospedale psichiatrico, torna a casa e si ritrova in famiglia con un padre Robert De Niro nevrotico compulsivo che trascorre le sue giornate vivendo sulle scommesse.

Lei Jennifer Lawrence forte di una bellezza fragile e al contempo esplosiva, è una giovane vedova che riempie i vuoti facendo sesso con tutti quelli che incontra.

Entrambi hanno perso tutto ciò che dava un significato fondante alla propria esistenza.
Entrambi sembrano senza speranza.
Ma il loro incontro e un'appassionante sfida di danza rimetteranno le cose al loro posto anche e soprattutto perché il cinema a differenza della realtà a volte è davvero consolatorio e ottimista e va bene così.
Bella la sceneggiatura, intelligente, ironica, grottesca e comunque non scontata, bravi tutti.
Su sky.



 


























































































































 


lunedì 18 agosto 2014

intervista di GIALLOECUCINA





 gialloecucina
Non c'è nulla di più personale che leggere un libro!

 Ospite di Alessandro Noseda oggi è Massimo Fagnoni. Per chi avesse voglia di approfondire la sua conoscenza, ecco l’indirizzo della sua pagina internet: www.massimofagnoni.com

Buongiorno e grazie per l’accoglienza. Ci racconti chi sei e perché leggi e scrivi?
Mi chiamo Massimo Fagnoni, bolognese classe 59, sono un poliziotto locale di professione, o pulismano come dicono a Bologna, laureato in filosofia ex educatore professionale, leggo perché leggere per me è imprescindibile, non dico come mangiare e bere ma quasi. Scrivo perché mi piace, è terapeutico, gratificante, mi piace raccontare storie, inventarle, condividerle e dopo tanti romanzi, ormai sette pubblicati, è una delle cose che amo di più fare.

 I tuoi romanzi, come nasce l’idea?
Spesso per caso, o dalla cronaca o da un bisogno. Scrivo soprattutto storie nere e di spunti ne ho a bizzeffe dalla cronaca italiana, spunti ne trovo molti nel mio mestiere, per strada di giorno e di notte insieme ad altre forze dell’ordine, basta guardarsi intorno, basta respirare certe atmosfere e le idee arrivano, da sole. Poi le lascio crescere dentro e quando mi sento pronto scrivo.

Dove scrivi? Hai un “luogo del cuore” dove trovi ispirazione?
Scrivo ovunque, ma il luogo di origine, come negli incendi, è il mio sgabuzzino, che nasce proprio come sgabuzzino, grande uguale, quando abbiamo comprato casa io e mia moglie lei disse, ecco quello sarà il tuo studiolo, minuscolo, ci sta appena il pc, la mia collezione di Tex e una sedia, ha una finestrella affacciata su un cortile interno e stop, ma lì sono nate molte delle mie storie.

Preferisci il silenzio o ami musica di sottofondo?
Musica, sempre e comunque, ho cambiato solo genere, adesso ascolto più musica e meno parole, ascolto, trance, goa, classica, cold play etc etc.

Il silenzio della Bassa è la tua ultima fatica. Dove hai trovato spunto? E’ autobiografico? Quanto prendi in prestito alla realtà e quanto è frutto di mera fantasia? Come delinei i personaggi? Segui una scaletta o ti fai guidare dalla storia
Lo spunto è banale la scomparsa e il ritrovamento della povera Yara Gambirasi, ma è solo uno spunto perché non c’entra nulla né con la storia reale né con gli sviluppi, peraltro fermi da un pezzo, non è autobiografico, il mio secondo obiettivo in questo caso era di parlare dei mass media e della televisione spazzatura, quella che sbatte i mostri in prima serata e campa sulla cronaca nera. I personaggi sono dentro di me, sono quelli che incontro nella vita tutti i giorni, quelli che incontro in tanta letteratura e cinema. seguo una scaletta poi la tradisco continuamente.

Quali sono state le maggiori difficoltà nella stesura del romanzo?
Ho dovuto rifarlo di sana pianta, in questo caso, l’editore che a me piace molto (Frilli di Genova) voleva un personaggio seriale, nuovo e mi ha chiesto di rivoltare la storia fino a metterlo in luce, è stata dura, perché è sempre faticoso prendere un lavoro finito e riscriverlo, ma ce l’ho fatta.

Del rapporto con Editore ed Editor cosa puoi dirci?
Ho pubblicato con 5 diverse case editrici, e non ho mai avuto problemi, il mio è un lavoro creativo, e mi piace lavorare a contatto con chi della narrativa ne ha fatto un mestiere, è gente coraggiosa, specie oggi, ed io sono un privilegiato, perché non scrivo per vivere, ma soprattutto per passione. L’editor è fondamentale, alla Giraldi sono tornato con un libro di racconti soprattutto per l’editor.

Hai altri progetti in fieri?
In inverno uscirà, spero, il mio terzo romanzo con Eclissi di Milano, anche questo è seriale, sono le indagini del maresciallo Greco e dei suoi carabinieri, un’altra avventura.

E se ti proponessero una sceneggiatura per un film? Saresti d’accordo o ritieni che i tuoi romanzi soffrirebbero nella trasposizione cinematografica?
E’ il mio sogno nel cassetto, i miei romanzi sono sempre immaginati per il cinema o la fiction, sono spesso dinamici e d’azione, direi solo dove devo firmare?

Descriviti come lettore. Quali libri compri? Hai un genere preferito o spazi a seconda del momento, dello stato d’animo? E se devi regalarlo un libro come lo scegli?
Leggo soprattutto noir e ultimamente racconti italiani (Calvino) e stranieri Cheever, però non disdegno anche altri generi, dipende da ciò che mi ispira. Se devo regalare un libro penso alla persona che lo riceverà e mi regolo di conseguenza.

Un consiglio ad un esordiente che ha la sua storia nel cassetto e non ha trovato ancora nessun editore interessato a pubblicarla?
Mai arrendersi se credi in ciò che hai scritto, se è una storia interessante prima o poi qualcuno se ne accorgerà, non pagare mai un editore per pubblicare, piuttosto autoproduci il tuo romanzo adesso costa davvero poco
Un autore (o più) che costituisce per te un benchmark. E perché? Se ti va, ponigli il quesito che da tempo hai in mente! Magari è tra i lettori del Blog!
Mi piace Cormac McCarthy, e mi piace Lansdale Joe R, hanno due modi diversi di proporre la violenza della nostra società, anzi della loro società quella americana, ma dentro c’è un’atmosfera che ritrovo e che a volte cerco di trasporre nei miei scritti, poi mi piace il ritmo, la capacità di descrivere dati oggettivamente reali da una parte, come la crudeltà della natura (McCarthy) o la capacità di scrivere con ironia e leggerezza anche per affrontare storie truci e sanguinolente, Lansdale. Fra gli italiani mi piace Baricco, e alcune cose di Ammaniti, nessun quesito.
 Quale suo libro consiglieresti ai nostri lettori?

Cavalli selvaggi, la strada Cormac McCarthy
Mucho Mojo Lansdale

Donaci una citazione e una ricetta.
La vita è questo, una scheggia di luce che finisce nella notte.
 Louis-Ferdinand Céline
Viaggio al termine della notte
Uno dei libri che bisogna leggere prima di morire
 https://mignonnetwork.com/come-si-fanno-le-tigelle/
Nel link sopra c’è la mia ricetta per le tigelle che donai a un amico per metterla in rete, è vostra.
Grazie mille e a presto

giovedì 14 agosto 2014

uomini di fede




Girovagando per le serie complete di my sky ho trovato questa serie tv francese trasmessa dal canale di Feltrinelli, Laeffe, canale 50 del dtt.
Mi intrigava il discorso di un seminario di capuccini a Parigi e devo dire che le prime 8 puntate mi sono piaciute anche se le ho trovate poco realistiche e abbastanza didascaliche, mi sono divertito con le vicende umane di cinque giovani francesi che per motivi diversi decidono di intraprendere la difficile strada della fede.
I piani del racconto sono diversi e si intersecano per poi nuovamente dividersi.
Ci sono le cinque vicende esistenziali dei seminaristi, ognuno con una storia importante alle spalle e problemi interiori irrisolti, un pregiudicato, due omosessuali, un figlio della ricca e decadente borghesia, un cattolico puro ex boy scout, ( mi è venuto in mente Renzi).
Da una parte le difficoltà dei cinque giovani a inserirsi nel seminario, dall'altra il seminario stesso con un capo molto carismatico con alcuni scheletri nell'armadio e le dinamiche tipiche dei luoghi di fede, giochi di potere, segreti mai svelati.
Infine c'è la chiesa, quella di Roma, la Chiesa dei vescovi, dei cardinali, del vaticano, la chiesa che tutte vede, e tutto vuole controllare.
Le storie sono tutte interessanti, bravi gli attori, però come principale difetto, e torno alla critica iniziale, trovo la necessità di metterci dentro tutto a questa vicenda di fede, la storia omosessuale fra i due gay, il richiamo della carne che coinvolge comunque tutti i protagonisti, il solito Vescovo che vuole comandare e dirigere, e la nota più retorica, il gruppo di africani che occupano il seminario grazie alla complicità di alcuni seminaristi. Questi africani nella realizzazione televisiva sembrano vittime senza speranza schiacciati in una Parigi insensibile e militarizzata. Più che migranti in Europa sembrano profughi in mezzo al deserto, e sono poco credibili, con una caduta retorica dal mio punto di vista ridicola.
Per il resto la fiction mi piace, mi piace tutta la parte riguardante la fede, il rapporto con il  modo di credere di ognuno dei personaggi, mi piacciono i momenti collettivi durante la messa e sono bravi gli attori francesi, secondo me mediamente più convincenti di tanti attori italiani che compongono il nostro triste panorama televisivo.
E' in preparazione la seconda serie e la guarderò senz'altro.
 Laeffe tv e my scky

martedì 12 agosto 2014

Mi chiamo Mork




Credo che Mork e Mindy sia per me e per molti miei coetanei uno dei primi ricordi di Robin Williams,
Era il 1979 un periodo cupo per l'Italia fra terrorismo di destra e di sinistra e servizi deviati, ma per me che avevo vent'anni la televisione era un autentico motivo di svago e questa serie televisiva americana che narrava le vicende di un alieno sbarcato nell'appartamento di un' attraente americana, era uno dei miei appuntamenti fissi televisivi, come prima happy days e serie simili.
Fu doloroso per me scoprire in seguito nel 1983 o giù di lì  leggendo la biografia ( Chi tocca muore) di un altro attore prematuramente scomparso, mitico per me, John Belushi, che anche Robin Williams faceva parte del suo disperato nucleo di amici insieme a De Niro e altri divi hollyvoodiani e già allora 30 anni fa Williams veniva descritto da Bob Woodward il giornalista che scrisse Tutti gli uomini del presidente, come una persona fragile dedita alla cocaina e alle droghe in generale, insicuro e depresso.
Da allora plagiato da quel libro, forse, ho sempre pensato a Williams in quel modo, un grande attore, istrionico e coinvolgente con una vita privata sicuramente complicata.
Torniamo al solito tema, l'attore alla fine è solo un interprete della commedia umana e la sua bravura, la sua comicità, la sua capacità di coinvolgere il pubblico non ha niente a che fare con la realtà della sua vita, perché la vita, parliamoci chiaro può assomigliare a tante cose ma difficilmente si avvicina anche solo per sbaglio a quella dell'insegnante dell'Attimo fuggente, o a quella drammatica dello psicologo Sean McGuire,
in Genio ribelle, perché i film anche quelli a lieto fine durano solo un paio d'ore ma la depressione, e le proprie contraddizioni ti accompagnano spesso tutta la vita.

domenica 10 agosto 2014

Il silenzio della bassa a 0,99 centesimi in ebook


Saldi di ferragosto.

Il mio ultimo romanzo, forse il più amato, proprio perché l'ultimo, è in vendita su Feltrinelli online a 0,99 centesimi, accorrete gente, se non altro per curiosità, aggiungetelo ai vostri Ken Follet, Camilleri,  Erri De Luca, pesa solo pochi file e magari troverete un paio di giorni nella vostra vacanza per immergervi nelle atmosfere della bassa emiliana costa meno di un quotidiano.

sabato 9 agosto 2014

leftovers? Bocciato




L'unica scena divertente della quinta puntata di questo scherzo televisivo è la lapidazione di una delle donne vestite di bianco del gruppo di fanatici che si autodefinisce sopravvissuti colpevoli o giù di lì.
Questi simpatici buontemponi che potete vedere nell'immagine sopra vestono di bianco, fumano una sigaretta dietro l'altra( molto poco educativo oltretutto), non parlano e quando devono comunicare scrivono su bloc notes le loro minchiate.
La povera vittima di un gruppo di misteriosi assassini pensa bene di ricominciare a parlare per chiedere pietà.
Arrivato alla quinta puntata di questa schifezza americana inconprensibile, dico la quinta non la seconda, ho deciso che non è necessario vedere tutto in televisione e che non tutto ciò che arriva da oltre oceano deve per forza essere di buona qualità.
Qui come in Lost, che smisi di seguire per motivi analoghi, non si capisce niente, non si capisce dove sono andati a finire i poveretti che sono spariti nel nulla, non si capisce il misterioso guru di colore chi sia, si capisce ancora meno questa setta di antipaticissimi vestiti di bianco che fanno di tutto per farsi odiare dalla popolazione.
Nell'anteprima gli sceneggiatori avevano detto che più della trama avevano voluto sottolineare i personaggi, ma ve lo dice uno che per passione inventa storie, trama e personaggi vanno insieme.
Se i personaggi sono ben caratterizzati ma la trama è insensata, ti troverai con dei bei burattini che frullano in giro senza arrivare da nessuna parte, ed è ciò che accade qui con la differenza che anche i personaggi sono mediocri e inconsistenti.
L'unico personaggio che mi piace è il polizioto rude e sensibile, con la moglie che l'ha mollato insieme ai figli per seguire il suo delirio.
Basta ho parlato troppo di questa cosa.
Bocciato.
Se invece a voi è piaciuto, venite a dirmi perché.
Sono curioso.

venerdì 8 agosto 2014

Polizia Locale e Sicurezza Urbana



Si fa un gran parlare di sicurezza urbana nelle città italiane.
Da anni il tema della sicurezza, del degrado, della qualità della vita sono punti qualificanti di ogni campagna elettorale, insieme al lavoro per i giovani, la pensione e il defict pubblico.
Forse ora a causa della crisi economica la sicurezza urbana è passata in secondo piano, ma non per gli operatori delle diverse forze dell'ordine. La cosa che a me ormai fa sorridere è lo stupore del cittadino medio davanti alle unità cinofile delle diverse polizie locali e le domande di rito:
Anche i vigili hanno i cani?
Cosa ci fate con i cani?
Posso accarezzarli?
E amenità simili.
Oggi vorrei per l'ennesima volta sottolineare un fatto ormai conclamato:
Anche la Polizia Locale, in diverse città italiane utilizza quotidianamente unità cinofile:

Milano, Padova, Palermo, Vittorio Veneto, Bologna, Torino, solo per citarne alcuni, hanno costituito il loro nucleo cinofili, di solito specializzandosi per il controllo del territorio, altri anche per la ricerca di stupefacenti o di persone.

Se volete saperne di più questo è il link del mio sindacato il SULPM dove si descrivono le attività di queste unità e sotto l'articolo del Carlino Bologna dove si descrivono le ultime operazioni svolte nel capoluogo emiliano.



Non c'è cosa più mortificante per un professionista serio di non essere considerato dall'opinione pubblica, dai media e dalle stesse istituzioni, per questo motivo ogni tanto nel mio piccolo blog di periferia mi piace ricordare ai miei trecento lettori fissi (come gli spartani, ma spero più fortunati) che la Polizia Locale, ogni giorno è in strada, con le unità cinofile, con le pattuglie appiedate, con le auto per i rilievi degli incidenti, nei trattamenti sanitari obbligatori, nel controllo del territorio per prevenire i taccheggi, i furti, le rapine.
Noi ci siamo, non siamo invisibili, basta guardare i risultati, basta uscire dai luoghi comuni che ci identificano solo con la sanzione, la multa, la punizione.
Noi e i nostri cani siamo al servizio della comunità, sarebbe bello se qualcuno cominciasse ad accorgersene.

domenica 3 agosto 2014

Paulette




E dopo l'Erba di Grace ci troviamo di nuovo di fronte a un'attempata signora che per sopravvivere spaccia cannabis nella periferia parigina e il film francese ha dalla sua una maggiore attenzione alla realtà attuale che costringe etnie diverse e spesso agli antipodi a una forzata convivenza dove la parola d'ordine è sopravvivere. Paulette sembra tratto da una storia vera, ma  è in realtà un film grottesco a tratti e sicuramente divertente, dove la simpatica vecchietta che vedete nella locandina decide di spacciare hashish nella periferia parigina per potere mettere insieme i denari per la sua sopravvivenza, ha un genero poliziotto di colore, un delizioso nipotino di colore sui quali sfoga un razzismo rabbioso frutto di miseria e ignoranza.
Ma si intuisce fin dalle prime battute che il cinismo della protagonista è funzionale a fare emergere le contraddizioni del nostro sistema sociale, e la periferia di Parigi non è molto diversa dalla periferia bolognese, o di qualsiasi metropoli europea dove lo spaccio di sostanze stupefacenti è in mano ai nord africani foraggiati spesso da  etnie dell'est Europa.
Il film introduce molti argomenti attuali, sorvola sul tema del razzismo e dell'accettazione dello straniero, del diverso, lo fa con leggerezza e diverte senza angosciare.
Non ha la pretesa di educare ma come spesso avviene con il cinema francese ben fatto diverte e forse fa riflettere senza colpevolizzare o puntare il dito perché la convivenza è difficile anche quando ci si ama, figurarsi quando non ci si sopporta.
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