giovedì 13 marzo 2014

la grande bellezza




Questa mattina per strada, mentre ero fermo sui viali imbottigliato dentro la mia macchinetta nel traffico convulso delle otto e trenta, mentre mi chiedevo perché tutta quella gente era in strada a rompere le scatole a me e non a lavorare, ho visto un cieco, con il suo lungo bastone bianco sul marciapiede. Cercava di raggiungere il suo obiettivo e ho pensato che lui in questo modello di società tutto incentrato sulle esigenze del singolo, era davvero in svantaggio, anche nella sociale e socievole Bologna fra marciapiedi ingombri di ostacoli, fra  buche e  feci animali eccetera eccetera.
Poi oggi ho guardato La grande bellezza e adesso penso che lui non potrà vederlo, al massimo potrà ascoltare i dialoghi e la musica che sto ancora gustando mentre scrivo.
Non è vero, come diceva Moretti in un film, che per parlare di cinema bisogna conoscerlo bene, il cinema, come la narrativa, sono strumenti attraverso i quali l'autore racconta cose.
La cosa importante è quanto riesce ad arrivare, quanto riesce a cogliere il segno, e ancora una volta è tutto molto soggettivo non trovate?
A proposito di scoperte io ho ritrovato Roma, città che a me piace particolarmente, senza nessun motivo storico, politico, culturale, ma semplicemente perché è una bellissima città che ho visitato in alcuni momenti importanti della mia vita e sempre come pareva a me, percorrendola a piedi nei luoghi più interessanti  del centro storico, perché una prima cosa mi accomuna al personaggio del film, arrivato alla soglia dei 55 anni, in anticipo sul personaggio, sono consapevole insieme a lui di non avere nessuna voglia di perdere tempo a fare cose che non mi va di fare.
La differenza sostanziale fra me  e lui non è solo anagrafica ma sociale, io sono ancora costretto a fare tante cose anche se spesso non mi va, perché devo lavorare per campare.
Ma torniamo al film, come dicevo una Roma da togliere il fiato, vista dall'attico del protagonista a una manciata di metri dal Colosseo, una Roma che rimane negli occhi nelle ultime sequenze percorse dai titoli di coda, girati sul Tevere, o una Roma sempre vista con gli occhi del protagonista fra gente che corre sulle sponde del fiume.
Un'altra cosa importante del film è la musica, la sto ascoltando in cuffia anche ora e senza perdere tempo a capire di chi è, entra dentro insieme alle immagini e si incolla a quella parte del mio cervello che può ancora capire, guardando e  ascoltando, se un film gli piace oppure no.
Poi c'è lui Jep (Servillo) un personaggio che sicuramente entrerà nella lunga carrellata di protagonisti della grande commedia italiana, e non voglio assimilarlo ai grandi attori che interpretarono I vitelloni
anche perché il re della mondanità romana è in crisi in questa capitale del nulla collettivo dove nessuno si muove in una direzione sensata, come dice lui stesso citando i loro magnifici trenini alle feste che non vanno da nessuna parte.
Ma non voglio nemmeno addentrarmi in un'analisi del film perché non mi frega nulla di capirlo, o fare una parafrasi del testo. Dico solamente che la città, le musiche e i personaggi mi sono arrivati, e alla fine del film so che dovrò rivederlo per riascoltare i dialoghi e capire meglio alcuni passaggi, ma ora a caldo, posso solo dire che mi è piaciuto, senza nessun altro vincolo o pretesa, perché come dicevo all'inizio, un film, un brano musicale, un libro, devono lasciare una sensazione, devono lasciare una traccia, un segno.
La prossima volta che passerò per Roma, se mai capiterà, magari andrò a cercare Jep Gambardella, lui conosce tutti, (anche Venditti), magari riesce a piazzarmi un romanzo nel posto giusto, perché in questa nostra società che si sta sgretolando allegramente, non c'è posto per nessuno, oppure c'è posto per tutti, basta conoscere le persone giuste.

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