domenica 7 luglio 2013

blood story




Blood story  in Wikipedia se cliccate avrete le informazioni e scoprirete che il film è un remake di un altro film del 2008, tratto da un romanzo e ambientato in luoghi europei più freddi.
Io in effetti l'avrei intitolato come sopra Let me in come in originale, perché rende meglio l'idea della storia.
Ed è una bella storia, lo definirei un horror minimalista, si svolge in un luogo qualsiasi che nel film è america, ma potrebbe essere anche  veneto o  Svezia.
Si svolge in un qualsiasi sobborgo, ma potrebbe essere una periferia, un po' come accadeva in Come dio comanda.
La storia è di adolescenti che mi intrigano più dei bambini e non pensate male, sto parlando di narrativa.
Non è un caso se il mio prossimo romanzo in uscita con una nuova casa editrice, parliamo del 2014, parlerà appunto di un'adolescente e anche il prossimo romanzo della serie di Greco si svolge a lato di un liceo bolognese (se mai uscirà).
In questo caso parliamo di un dodicenne che vive fra una madre alcolista e depressa, a causa della recente separazione, e una scuola, superficiale, disattenta, spietata, dove il ragazzo subisce le violente angherie di un gruppetto di bulli.
La vita del ragazzino si trascina senza speranze, senza aspettative, nel disagio più profondo che cerca di alleviare ingurgitando dolcetti che compra con i soldi rubati dal portafoglio di una madre tanto inesistente quanto detestabile ( se l'avessi scritto io, l'avrei eliminata fisicamente nel romanzo).

Poi una sera arriva una nuova vicina di casa, una ragazzina inquietante e affascinante e la storia immediatamente prende un'altra strada.
Non vi racconto altro ma vi lascio con due considerazioni.
Il ragazzo chiede a suo padre al quale telefona disperato una cosa tipo, cos'è il male?
Ma lui, remoto e indifferente neanche capisce la domanda.
Siamo sicuri di sapere distinguere fra male e bene?
E non è forse vero che a volte è la strada sbagliata quella che ci salva?
Queste sono le riflessioni che mi ha lasciato il film e mi torna in mente la scena finale di Cane di paglia.
Il matto, un superlativo attore inglese del quale non ricordo il nome, dice a un giovane e stropicciato Dustin Hoffman, non conosco la strada giusta e lui sorridendo risponde, neanche io.

Morale, se siete a pezzi e una eterea presenza vi chiede  let me in, con occhi credibili, fatelo/a entrare magari vi cambierà la vita

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