giovedì 31 gennaio 2013

Batman




Sky sta  riproponendo tutta la filmografia relativa al grande personaggio dei fumetti Batman e un po' per giorno mi riguardo i diversi film come con un buon vino da sorseggiare nei momenti migliori.
Dopo Batman del grande Tim Burton sto rivedendo Batman Returns il secondo capitolo della saga firmato sempre da lui.
Mi piace Tim Burton, visionario, gotico, fumettistico, grottesco, mi piacciono le sue caratterizzazioni e se vi astraete un istante i potenti dei due film, i sindaci, i politici, i cattivi ... non sembrano caricature dei nostri politici peggiori?
Nei due film non si nascondono, non fanno in realtà grosse promesse al popolo di Gotham City, sono ridondanti, tamarri, volgari e ricchi in maniera imbarazzante e si espongono alla popolazione di questa cupa e triste città con occhi famelici e ghigni minacciosi,  nel film perdono quasi sempre, nella realtà quasi mai.

Poi ci sono i cattivissimi e sono sempre mostri.
Mostruoso il joker interpretato da quel mirabile psicotico di Jack  Nicholson,
Ancora più brutto il pinguino interpretato da uno degli attori più piccoli e più ricchi di Hollywood, Danny De Vito.

I cattivi dei due Batman di Burton sono in realtà simpaticissimi e a fatica ci si schiera contro di loro, perché alla fine sono due diversi, emarginati, perdenti entrambi traditi dagli amici o dagli stessi genitori, reietti in quanto mostruosi e diversi, entrambi auto ironici e graffianti,  ce l'hanno con il mondo, con la mostruosa Gotham City, con il destino.

Batman invece, che nelle prime due puntate è interpretato da un bravo Michael Keaton  sembra la spalla per i cattivi, loro carnefice involontario,  sempre in bilico fra bene e male in un mondo dove non c'è davvero un concreto punto di demarcazione fra i due campi di gioco, un po' come nel nostro mondo, dove non si capisce più nulla fra scandali bancari che cercano di coinvolgere il PD a pochi giorni dalle elezioni e acquisti di calciatori come Balotelli motivati da alcuni giornalisti  come propaganda elettorale.

Realtà, fantasia.
Gotham City, benvenuta fra noi, finalmente la realtà si sposa con la fantasia, non ci sono più certezze, tutti diffamano tutti, si gioca sporco a tutti i livelli, si urla, si ricatta, si minaccia e si promette sempre con lo stesso ghigno ironico di chi sa di stare recitando una parte.

Milioni di persone spiazzate, spaesate, impoverite sono lì davanti a l'unica piazza accessibile, quella televisiva, e non sanno ancora a chi dovranno dare fiducia.

La differenza sostanziale fra la finzione cinematografica e fumettistica e la nostra realtà è che almeno a Gotham City basta accendere un riflettore nel buio della notte e proiettare l'immagine di Batman nel cielo per poi rimanere ad attendere il suo arrivo, noi invece a che santi dovremmo affidarci in questa notte che sembra non finire più?







mercoledì 30 gennaio 2013

un posto al sole



Stavo costruendo un personaggio in un romanzo appena iniziato, un personaggio femminile che vive in un quartiere popolare a Bologna e la sera durante la cena, anzi dopo, guarda Un posto al sole e andando a scartabellare in Wikipedia mi sono reso conto che questa soap opera napoletana va in onda con regolarità dal 1996, mia figlia aveva un anno, io da pochi anni utilizzavo il computer, allora si chiamava 386 con microprocessore matematico e si utilizzava ancora Dos.
Dal 96 quanti governi?
Ho dato una sbirciatina a questa pagina  e così per gioco mi sono ricordato che in questi 17 anni abbiamo avuto una grande presenza del centro destra nel nostro paese e governi di centro sinistra fragili, e inconsistenti.

Invece Un posto al sole è una formula che non appare né fragile né inconsistente, ha superato le crisi di governo, le crisi dei mercati e si ripropone tutti i giorni con un cast che muta ma mai del tutto e un formato che evidentemente piace, tra parentesi ho scoperto che:

Un posto al sole (Upas) è un formato originale ideato e scritto in Italia da Wayne Doyle con la collaborazione di Adam Bowen e Gino Ventriglia. Il metodo di produzione "industriale" è basato sul formatNeighbours, serie australiana che segue le storie di alcune famiglie che vivono nell'immaginaria "Ramsay Street". da Wikipedia


La soap nasce dalla collaborazione di due stranieri, vi rendete conto?

Io che pensavo fosse un prodotto artigianale nostro, e genuino e napoletano, e invece  nasce da un piccolo nucleo di professionisti, e continua a piacere. Probabilmente la leggerezza che trasmette al telespettatore serale è dovuta al lavoro incessante e scrupoloso di gente che sa come costruire un prodotto destinato a durare.

Quasi sicuramente ci sarà ancora e sopravviverà al prossimo governo italiano, scommettiamo?
Alla protagonista del mio prossimo romanzo fa compagnia, le fa dimenticare la casa popolare in cui vive, il lavoro precario, il fidanzato insulso e il futuro fosco, le permette di distrarsi per almeno 30 minuti,

Speriamo che il nostro futuro governo sappia fare  di meglio.

lunedì 28 gennaio 2013

la chiave di Sara




La memoria ... invecchiando sembra assumere connotati magici, almeno per me, la memoria mi permette di ricreare situazioni assolutamente individuali, personali, vissute solo da me e rivisitate centinaia di volte nei pensieri che precedono i risvegli, nei sogni, nei rimpianti.
Uno dei motivi che mi spinge a scrivere è che attraverso i miei romanzi rivivo situazioni personali, riesco a umanizzarle, a renderle migliori e le regalo all'ignaro lettore che in parte condivide un pezzo dei miei tormentati dormiveglia.

Non credo nelle commemorazioni, o almeno non credo in quelle collettive. La giornata della memoria penso sia un evento talmente straordinario e grave da dissipare qualsiasi dubbio.

Però quando sono andato a Cracovia nei campi di concentramento di Auschwitz ho cercato tutto il tempo, con fatica e in parte inutilmente, la dimensione individuale della tragedia, perché secondo me è solo personalizzando il fenomeno che si riesce a riviverlo con la massima partecipazione possibile.
In un certo senso è l'operazione opposta di quella dei nazisti. Loro, i tedeschi, e non dimentichiamolo mai, l'orrore è iniziato in Germania, dicevo i tedeschi gli attuali padroni del mondo economico, volevano la spersonalizzazione delle loro vittime, prima dovevano uccidere l'individuo nella sua anima, poi nel corpo.
Quando l'anima si spezza il corpo la segue velocissima.

La chiave di Sara invece realizza ciò che ritengo più opportuno per la mia memoria, mi fa rivivere la tragedia da una prospettiva diversa, partendo dalle porcate che in questo caso furono perpetrate dai francesi nei confronti dei loro ebrei, e lo fa raccontandoci la particolarissima tragedia della piccola Sarah e della sua famiglia deportata e polverizzata.

E' un bel film, non è sensazionalistico, non sfrutta immagini apocalittiche e ci fa entrare dentro una storia personale caratterizzando con dolcezza il bellissimo personaggio di questa piccola ragazzina, del suo coraggio, della sua determinazione, del suo amore per il fratello, per la sua famiglia, del tenace attaccamento alla vita, alla vita di coloro che ama, prima di tutto e l' inevitabile consapevolezza del fatto che da certi dolori, da certi lutti, non se ne esce mai, o se ne esce morendo.

La storia dell'olocausto è storia collettiva, ci siamo dentro tutti.  Tutti siamo colpevoli o vittime un po' come con il peccato originale, ma quello fa ridere, questo fa paura.
E' attraverso le singole storie che si arriva alla consapevolezza, ed è per questo che scrivo storie, per cercare di trovare attraverso i miei personaggi un senso, anche se spesso, come canta Vasco, quello è perduto per sempre, rinchiuso in un armadio di una palazzina di Parigi ... un armadio senza chiave. 

sabato 26 gennaio 2013

il guardiano del frutteto







Ma il puma ti è mai capitato di vederlo?
Questo primo romanzo del grande McCarthy non è certamente il più bello, ma è impregnato della sua essenza, quella che fa di lui uno degli scrittori che amo di più, la realtà americana del periodo storico nel quale si svolge la storia è sicuramente attendibile e palpabile l'anima di un popolo attraverso l'esplicitazione di un quotidiano difficile, affamato, infangato vissuto all'interno di un ambinete sociale e naturale ostile e spietato.
I tre personaggi principali sviluppano le loro personali vicende umane fino a intrecciarle o solo a farle convergere per un particolare, sono tre uomini di un tempo nel quale la vita e la morte correvano insieme su un identico binario e dove le aspettative di vita o le speranze per un futuro erano spesso affidate al fato, alla inconsapevole crudeltà della natura circostante, al tempo.
Non c'è nessuna magia in questo romanzo e lo stesso puma mitizzato e raccontato da uno dei personaggi è elemento quasi ipotetico e desiderato in un universo dove i veri nemici non sono fra le fiere ma fra gli uomini.

venerdì 25 gennaio 2013

Skyrim



Solo chi gioca o ha giocato a Skyrim potrà capire questo piccolo omaggio a una grande invenzione.
Mi torna alla memoria una canzone di Finardi, anni settanta? ottanta? Chissà.
Extratterestre  s'intitolava la canzone e a un certo punto Finardi cantava un intero pianeta con cui giocare, o qualcosa del genere, ecco Skyrim è questo essenzialmente, un mondo, magnifico, gotico, medievale,  terribile, con enormi draghi che ti volano sopra la testa e mille avventure da completare, un mondo tutto da esplorare.
Io sono soprattutto un arciere e la scelta è stata casuale ed è cresciuta nel tempo.
Non gioco online, non mi piace condividere i giochi, per me sono una esperienza solitaria e personale.
Con Skyrim mi perdo e in questo periodo di forzata permanenza fra le mura domestiche mi sono fatto prendere la mano e chi detesta il mio modo di scrivere o pensa che sia uno scrittoruncolo, può tirare un sospiro di sollievo ho scritto poco e giocato molto.
Credo che il gioco sia cibo per la mente, almeno questo, dove hai mille possibilità, mille personaggi con i quali interagire e la magnificenza di un 46 pollici ad alta definizione.
Skyrim è la quintessenza del gioco di ruolo mescolato al fantasy ed è geniale, apparentemente infinito e una vera opera d'arte.
Consigliato agli estimatori, chi l'ha provato non può che amarlo.

giovedì 24 gennaio 2013

il senso dello sport






Il senso dello sport è un po' come il senso della vita, quante volte lo perdiamo di vista o non ci pensiamo,  abituati a lasciarci vivere, quindi guardiamo una partita di calcio o ci abboniamo allo stadio e accettiamo la spettacolarizzazione del doppio gioco, la realtà inconfutabile della corruzione  arrivata anche nello sport, fra partite truccate, doping, calcio mercato, etc etc.
Io non amo lo sport guardato, ho sempre preferito farlo, intendendolo come pratica personale di miglioramento individuale, necessaria attività per il proprio benessere, imparando nel tempo a distaccarmi completamente dallo sport spettacolo.
Poi questa mattina mi è capitato di ascoltare   Di Maggio su rmc intento a raccontare la vicenda del  corridore spagnolo (nella fotografia) il quale arrivato alle spalle del keniota, che aveva condotto tutta la gara, invece di approfittare di una sua distrazione gli ha indicato il traguardo invitandolo a vincere la gara.
La nobiltà del gesto è esplicita, non sembra nascondere nessun altro senso se non il riconoscimento di un merito senza il desiderio di vincere giocando sporco.
Quale buon esempio per tutti noi iniziando dai tanti sportivi che ogni giorno sono costretti a scendere a compromessi malsani e sporchi pur di conservare lo scettro di un privilegio?
Quale buono esempio per i politici, i nostri politici, nessuno di loro direbbe mai all'altro  ormai prossimo alla vittoria, prenditela è tua di diritto. Per loro vincere è spesso questione di sopravvivenza, significa evitare problemi giudiziari, o continuare a vivere dei privilegi del potere.
Impariamo dal giovane spagnolo, che diventi un esempio  per ritrovare un senso nello sport e un senso nella vita.

mercoledì 23 gennaio 2013

Shame



Shame , che immediatamente mi riporta a una canzone anni 80 Such a shame ( una tale vergogna) di un gruppo estinto credo i Talk Talk, è un film interessante, non facile, né piacevole, ma interessante, sia dal punto di vista stilistico che contenutistico.
La nudità dei personaggi sia esteriore che interiore arriva dritta allo spettatore, che si trova esplicitata una vita fatta di apparenza dove la vergogna in realtà è l'unico sentimento che non traspare, nella quale il personaggio, un algido e sensuale Fassbender, si aggira in una città priva di energia positiva, dove non esistono relazioni significative se non dal punto professionale e ad un apparente benessere non corrisponde nessuna gioia o felicità  ma solo il bisogno nevrotico e continuo di soddisfare le proprie esigenze sessuali, senza entusiasmo,  senza una soluzione o l'idea di una qualsiasi realizzazione esistenziale.
Non so se si possa ricollegare la nevrosi del personaggio principale a questa nuova forma di dipendenza sessuale che da qualche anno è diventata famosa specialmente quando si devono giustificare le vite dissolute e amorali di famosi personaggi dello spettacolo o della politica.
Credo che certi rapporti interpersonali facciano parte ormai del nostro modello sociale, dove a benessere e soddisfazione dei bisogni primari e secondari spesso corrisponde un senso di vuoto e disperazione, come se tutto ciò che fa parte dei rapporti affettivi sia divenuto un accessorio più o meno sacrificabile.
Questo è un film che possono capire molto bene quelli che hanno rinunciato da tempo alla socialità per una più o meno quieta solitudine.
In programmazione su Sky.

lunedì 21 gennaio 2013

Quasi amici



Non so quante persone leggano i miei post e comunque per chi mi conosce e per chi non mi conosce ho lavorato per 17 anni nel settore socio sanitario privato come educatore professionale, dall' handicap alla psichiatria e conosco la retorica dei buoni sentimenti che in quel mondo si spreca, dal paziente all'operatore, non è un caso se per anni mi sono sentito definire in tutti i modi, da obiettore di coscienza a volontario, come se non fosse possibile essere professionisti nel sociale.

Tutta questa premessa per dire che il film di cui vado a scrivere è emozionante senza essere melenso e pietistico, affronta un tema toccandone altri facendo riflettere con leggerezza, ci ricorda come da certi problemi non sia possibile uscire, ma sia possibile una diversa qualità della vita per chi è costretto a subire l'impossibilità di utilizzare autonomamente il proprio corpo.

Il film nasce da una storia vera e i veri protagonisti dell'amicizia fra un assistente poco ortodosso e un tetraplegico assai ricco non sono belli come gli attori del film, ma sembra siano ancora amici.

Il tema dell'approccio all'assistenza e alla riabilitazione di persone con gravi handicap come in questo caso, è sempre molto relegato agli esperti del settore, e l'opinione pubblica di solito preferisce sorvolare sulla sofferenza  quando non tocca personalmente.

Questo è un bel film perché ti avvicina al problema senza indulgere in false speranze e luoghi comuni.
Gli attori sono bravi, uno è un noto attore francese, l' altro, il senegalese, è bravo, molto gradito all'ala femminile della famiglia e per me sconosciuto.

Film consigliato, come al solito su Sky

domenica 20 gennaio 2013

jo



La faccia pesta di Jean Reno riempie la prima serata di Sky per l'ennesimo telefilm ambientato a Parigi    
che ha come protagonista il poliziotto rude e duro della omicidi francese, con un passato doloroso, un presente intossicato e un futuro incerto.
Diciamoci la verità la formula è scontata, sfruttata e collaudata, l'associazione immediata è con Luther fiction britannica, con analogo duro inglese molto abbronzato come direbbe Berlusconi e affascinante, con una vita privata disintegrata, un futuro improbabile e un'amica psicotica.

Cambiano gli sfondi, ma Parigi si presta perfettamente alle ambientazioni noir/gialle, con possibili inseguimenti e scene dinamiche.

Un'altra fiction parigina molto incentrata sulla città e sulla protagonista dall'esistenza tormentata è Profiling dove la profiler ha un padre assassino della stessa madre.

Tornando a questo Jo, il bravo Jean Reno è invecchiato e appesantito, con vistose borse sotto gli occhi tipici da ipertiroideo e lo stomaco più dilatato di come lo ricordavo, è perfetto nel ruolo del detective senza paura e senza molto da perdere.

Le storie sono sempre le stesse, omicidi chiaramente, e si comincia con l'omicidio di un professionista dell'organo, nel senso di un musicista chiaramente.

Penso che la trama gialla in queste fiction sia accessoria a tutto ciò che compone la ricetta, quasi secondaria, prima c'è il personaggio, che deve bucare lo schermo con il suo dolore, poi  la città con la sua misteriosa bellezza e dentro quasi a distoglierci dal piatto per me già appetitoso, il solito delitto a volte poco interessante.

Regole del mercato, ma funzionano ancora, intanto mi guarderò Jo, e cercherò di ritrovare angoli di Parigi, una delle metropoli più belle del mondo che amo molto e nella quale spero di tornare un giorno.

Su Sky, e dovrebbero pagarmi, solo per la pubblicità, o almeno farmi uno sconto sull'abbonamento.

giovedì 17 gennaio 2013

Bersani e i giovani


Fuori nevischia, inverno maledetto, mai accaduto che abbia trascorso un inverno schifoso e boia  in un bel paese caldo, come fanno i ricchi.
I ricchi categoria del pensiero, un tempo li odiavo, odiavo genericamente e politicamente chi in inverno ad esempio poteva scappare e svernare altrove o chi aveva i soldi per settimane bianche.
Ero giovane, testosterone e povertà da ostentare con orgoglio.
Oggi mi arrabbio meno e mi piacerebbe essere ricco, per potere svernare altrove.
Il tempo educa.

Ma volevo appunto parlarvi di giovani.
Oggi dal divano di casa ho seguito in parte la diretta dell'incontro di Bersani ( accompagnato da tre giovani candidati del PD che potete vedere nella foto sopra), con  giovani elettori e candidati avvenuto a Roma

Alcuni miei amici giovani dicono che noi quaranta/cinquantenni non sappiamo mica usare la rete, siamo facilmente raggirabili e ci emozioniamo per niente, andropausa intellettuale la chiamano,  e incompatibilità congenita con il nuovo che avanza.

Probabilmente è vero.

Quindi oggi mi sono fatto forse abbindolare da quei tre giovani sul palco di un teatro (credo) romano.
Il ragazzo, del quale non ho memorizzato il nome, ha 24 anni e mentre leggeva il suo discorso, non particolarmente originale, si è aggrovigliato spesso con le parole, era emozionato.

Le due ragazze sono state più brave, disinvolte e  determinate.
Giovani del PD che fanno politica da tempo e che partecipano attivamente, un mondo per me ormai sconosciuto. Io ero un giovane militante fino al 77/79 della fgci, poi dopo la morte di Lorusso come molti abbandonai il partito.

Ma a parte la preistoria, tutto questo sproloquio per dire che mi sono piaciuti i tre ragazzi.
Con le loro indecisioni, gli errori nel linguaggio e l'emozione della prima volta, e aggiungo mi è piaciuto anche Bersani, che è un vecchio politico e volpone, ma sta giocando bene le sue carte, perché dietro ha una base, ha gente che  crede ancora sia possibile fare politica  ed essere onesti.

Cosa volete che vi dica?
Che voterò PD?  Probabile, non so, però quei tre giovani mi hanno convinto e magari fra le file del movimento 5 stelle ci sono altri splendidi giovani che vogliono cambiare il volto a questo paese.
Non riusciranno a cancellare la mafia, e la corruzione, ma forse è un inizio.

Sono ingenuo, vero, mi sto facendo di nuovo raggirare e tutto è solo l'ennesimo gioco di prestigio. Penso alla Bindi e un po' inorridisco, ma spero che questi giovani crescano diventando  splendidi dirigenti e mandino a casa la vecchia classe politica.

Loro sono l'unica speranza possibile per questo paese, perché come dice Bersani hanno l'occhio lungo e devono ancora costruirsi una storia, speriamo lo facciano bene.

mercoledì 16 gennaio 2013

zelig 2013


E' iniziato Zelig Circus 2013 e non avevo aspettative particolari, io guardo Zelig fin dalla prima edizione, amo la comicità quando è fatta bene, e mi è sempre piaciuto lo stile di Zelig, velocissimo, incalzante, una fucina di talenti.
Ma negli ultimi anni, come scrissi già in passato, c'è stato un calo clamoroso dal punto di vista qualitativo, perché?
Forse tutte le cose belle sono destinate a finire, comprese le fiction, o le storie d'amore?
Non so dare risposta.
Chi si aspettava una delusione dalla nuova conduzione si dovrà ricredere.
L'unica cosa davvero convincente, sono i due comici, brava la Mannino che avevo già avuto modo di gradire nella sua Se stasera sono qui, bravo Forrest (Foresta) che adoro dai tempi delle sue conduzioni con la Giallappa's.

E i comici?
Si ride poco e alcuni sono davvero impresentabili come i Pari e dispari, o i Fichi d'India, per me davvero poco divertenti.
Non convince l'imitazione di Corona fatta dal simpatico Giovanni Vernia, poi c'è il solito trasformista, bravissimo ma noioso.
Insomma forse se Bisio si è defilato un motivo c'è e non è solo la decisione di fare altro, tra parentesi divertente la sua partecipazione alla serata.
Vedremo le prossime puntate, ma credo di potere affermare che Zelig si avvia verso un declino inevitabile e forse fisiologico, in linea con i tempi poco divertenti che stiamo vivendo.

martedì 15 gennaio 2013

berlusconi e il pifferaio magico



Non ho visto berlusconi da Santoro, le chiacchiere dicono che abbia fatto un figurone, è tornato a casa o in villa con la sensazione di avere vinto e probabilmente ha ragione.
Magari Santoro si è fatto prendere dal nervosismo e non è l'unico.
Monti cita il pifferaio magico parlando della capacità di berlusconi di affabulare la massa, e probabilmente è vero.
Ci sono pensionati soli, che si fanno imbrogliare da zingare.
Queste si presentano alle loro porte vestite in maniera normale, raccontano che sono le nipoti del vicino di sopra e che devono fare una telefonata, sono rimaste fuori di casa.
Molti anziani ci credono, loro entrano con una complice e mentre una  finge di telefonare, l'altra ruba gli ori, gli argenti no perché anche gli zingari se li schifano.
I pensionati, soli e spesso abbandonati, e non ne faccio una questione morale, sono facilmente imbrogliabili, ma Santoro? E Monti? E ci metto anche Bersani e chiunque venga nominasto dal cavaliere si sente in dovere di intervenire e di difendersi o di attaccare e sproloquia, parla a vanvera, si accolora, come Santoro, si indigna come Monti, mette i paletti come Bersani che afferma : chi non vota Pd è come se votasse berlusconi.
Il problema di questo paese non è berlusconi, è la nostra classe politica insieme alla  schiera di giornalisti politici e alle nostre fonti di informazioni.
Il nostro problema è che berlusconi ha molti processi, ma altrove non si salva quasi nessuno, come ricordava Crozza a proposito di Di Pietro, e dei suoi molti rogiti per diverse proprietà.
Vorrei dirvi che spero nei giovani di Grillo ma lui mi piace talmente poco, vorrei dirvi che mi convinceva Monti, nonostante le collusioni con i poteri forti, ma i suoi continui battibecchi con il cavaliere lo affossano definitivamente.
Ce lo meritiamo  berlusconi, insieme alla lega e a Bossi, anche perché le alternative sono  demagogiche o nebulose come il cielo di questa brutta giornata di gennaio.

domenica 13 gennaio 2013

Mary Reilly



Quante sofferenze può affrontare una donna rispetto al più coraggioso e stoico uomo?
Abituata a una storia di sopraffazione e accanimento, crudeltà gratuite e vessazioni, riuscirà comunque a sopravvivere  anche al proprio padre padrone che senza scrupoli e con sadismo le ha regalato una bella infanzia di terrore.

In questo film  del 1996,  del bravo regista Stephen Frears, la protagonista è sicuramente una incredibile Julia Roberts, nel ruolo di governante del famoso dottor Jekyll interpretato magistralmente da John Malkovich.

Tratto da un romanzo che analizza la sfruttata vicenda del dualismo bene male nel rapporto fra Jekyll e mr. Hide questa volta vissuta e osservata dagli occhi della governante, il film è una mirabile prova di bravura interpretativa e convince, ponendo allo spettatore i due temi bene e male senza indulgere in considerazioni moralistiche.

Mary Reilly ha subito le peggiori violenze in una Londra cupa, degradata, nebbiosa come doveva essere all'epoca, ma non può resistere davanti al fascino del male puro incarnato nel cattivissimo Hide, che pure essendo uno psicotico violento riesce a trovare un barlume di umanità negli occhi disperati della allora giovane Julia Roberts.

Non c'è fuga, né speranza, solo l'accettazione della propria condizione e del proprio lato oscuro che permette al protagonista di rinunciare alla vita pur di interrompere la sequenza male bene che non ha nessuna via d'uscita.

Mi è piaciuto, forse anche a causa del desolato panorama cinematografico attuale. Su sky come al solito.

sabato 12 gennaio 2013

non ammesso




Costretto a casa dagli orari a suo tempo imposti dal non rimpianto Brunetta e dal mio tallone d'Achille, mi capita di scivolare anche sulle trasmissioni preferite dall'ala femminile della famiglia.
Prima di cena e dell'antinfiammatorio delle venti vedo distrattamente un frammento di masterchef Italia dove tre guru della cucina internazionale strapazzano una ciurma di candidati a vincere la seconda edizione dell'ambito titolo e 100000 euro mi pare, con una carriera spianata o quasi nel mondo della cucina.
I tre istrioni sono bravissimi nel loro ruolo e sono tre persone di successo, pagate profumatamente, credo e nel contempo sponsorizzate per selezionare i migliori fra gli aspiranti cuochi, che sopportano di tutto pur di avere una speranza.
La parola d'ordine è speranza.

Dopo cena vedo anche e poi fuggo spaventato, alcuni minuti di Amici 2013 con la bionica De Filippi e il solito drappello di esaminatori fra i quali spicca per simpatia la Celentano per la sezione danza e  Grazia Di  Michele nella sezione cantanti.

Credo che la loro durezza nella selezione e anche i diversi ruoli, modello poliziotto buono e poliziotto cattivo, facciano parte dello spettacolo, magari mi sbaglio, noi cinquantenni ci sbagliamo spesso.

Ma credo anche che sarei altrettanto selettivo, se non peggio con i diversi candidati.

Perché non ci credo nelle scorciatoie, non esistono, forse le lotterie sono scorciatoie, ma come dicono le statistiche è più facile essere colpiti da un fulmine che vincere una qualsiasi lotteria.

Quindi qual'è il senso di questi programmi? E ne cito solo tre: Masterchef, amici, xfactor.

Io credo che il senso sia: indici di ascolto. determinati dal desiderio del pubblico televisivo di vedere i gladiatori nell'arena combattere, sbranarsi, soffrire, cadere nella polvere e a volte  trionfare.

Il senso di questi programmi finisce quando finiscono i programmi stessi.

Quanti di questi artisti hanno veramente avuto un successo? Tutti o solo alcuni? Non sono andato a investigare, ma il mercato è ancora più spietato di questi giudici televisivi.
Il mondo è molto più definitivo.
Il messaggio invece è ingannevole.
Ce la puoi fare, esistono scorciatoie per il successo, per la fama, per il denaro.

Ma non è vero ragazzi, non per la maggior parte di voi.
Fuori dall'illusione c'è una giungla pronta a inghiottirvi, quindi occhi aperti e attenti a chi cerca come al solito di vendervi fumo.

venerdì 11 gennaio 2013

fiscal compact e promesse elettorali


Cos'è il fiscal compact?
Da Treccani.it:


Il lemma
fiscal compact loc. s.le m. Patto firmato dai 25 Paesi aderenti all’Unione Europea il 2 marzo 2012, che contiene regole vincolanti per il principio dell’equilibrio di bilancio; patto di bilancio.
Espressione ingl. composta dall’agg. fiscal (‘fiscale’) e dal s. compact (‘accordo, intesa, patto’).
 
Elaborato dalla redazione di “Lingua italiana” del Portale Treccani

Se cliccate qui potete leggervi anche l'intervento sull'accordo del 2012 a livello europeo riportato su Treccani.it.

Non sono un economista, al massimo ha l' accortezza del buon padre di famiglia, anche se la mia severità spesso è scambiata con tirchieria quando storco il naso davanti a certi smartphone da 600 euro o cose del genere.
Detto ciò, all'alba di un nuovo splendido 2013 che presto sarà allietato da entusiasmanti elezioni politiche, volevo solo riflettere su come il dibattito politico elettorale sia ridicolo, mi ricorda tanto i manzoniani polli di  Renzo che si beccano allegramente mentre vanno verso un infausto destino.

Siamo qui ad ascoltare ancora i nostri "politici" che ci raccontano che ridurranno l'imu, le tasse, e daranno un colpo al cerchio e uno alla botte, mentre vogliono distrarci dal fatto che non sono e non saranno loro a dettare le regole del nostro futuro economico, quello è già stato sancito da un accordo sottoscritto anche da noi che prevede come scriveva il Manifesto:

Il senato l'ha approvato il 12 luglio senza dibattito. Lo stesso si appresta a fare oggi la camera. Meno di una settimana di lavoro per ratificare il «fiscal compact», il trattato europeo che impone all'Italia di tagliare 45 miliardi di debito pubblico all'anno per 20 anni (la spending review «cancella» spese per 29 miliardi in 3 anni).
Matteo Bartocci, Manifesto.it, 19 luglio 2012, Attualità

Non  credo che la situazione sia mutata da allora, forse peggiorata.
Quindi amici, concittadini, compagni, la politica potremmo accantonarla e mettere tutto in mano a un ragioniere, ma bravo e onesto però, perché non ci sono promesse, non ci sono scappatoie, ma solo un bel cappio lungo 20 anni, l'unica consolazione è che forse io non ci sarò a saldare il conto
 

mercoledì 9 gennaio 2013

equilibrium



Equilibrium non decolla, film del 2002 con uno degli attori più interessanti nel panorama americano e non solo, Christian Bale, che associo sempre a uno dei romanzi che ho amato di più, perdonatemi, American Psycho.

Il film segue il filone della fantascienza metaforica legata ai regimi totalitari dove lo scopo del sistema è l'annullamento dell'individuo, come 1984,  o Fahrenheit 451.

L'idea del film non è originale, la realizzazione faraginosa, e l'equilibrium dell'intero sistema, in realtà assai precario,  è affidato all'assunzione individuale di una droga che plachi le emozioni e a un agguerrito squadrone della morte che elimina in trasgressori.
L'unica cosa che mi ha lasciato questo film è una riflessione sulla nostra capacità di provare emozioni, ed è scaturita dalla scena nella quale il protagonista deve eliminare molti agenti per salvare il suo cucciolo di cane nascosto nel bagagliaio dell'auto e con lui sé stesso.

Pensavo, estremizzando, che nel nostro attuale modello sociale ci emozioniamo in maniera individualistica ma condizionata.
Ci emozioniamo se vediamo un animale  maltrattato, a volte meno per i bambini che in luoghi remoti muoiono per denutrizione o aids, ci emozioniamo per una partita di calcio, statisticamente meno per un risultato scientifico ottenuto da un nostro scienziato.

Poi ci sono i nostri politici, non tutti, come dice Benigni. Loro, quelli non bravi, si emozionano quando intascano una tangente, quando organizzano la loro vita usando il denaro del finanziamento ai partiti per le loro emozionanti esigenze molto individuali.
Gli stessi politici si emozionano meno per i cassaintegrati, licenziati, disoccupati (record in questi giorni di disoccupazione giovanile).

In conclusione, nel film l'esigenza del regime è abbattere le emozioni eliminando così la violenza.
Almeno in quel regime hanno un progetto, approssimativo, faraginoso e destinato a fallire, nel nostro emozionante sistema sociale invece sembra che l'unico progetto sia rubare e corrompere senza ritegno.

Benigni esalta la politica raccontandoci in maniera convincente che la politica è cosa buona se eserciata in maniera nobile.
Infatti concludendo io credo nella politica, mi emoziona ancora, purtroppo non credo nei nostri politici e per essere democratico in nessuno di loro.

Dimenticavo pregevole il kata della pistola.



martedì 8 gennaio 2013

polizia locale, elezioni politiche, guerrieri della notte




Sono a casa. Una fascite plantare che mi da il tormento da mesi mi ha costretto a un forzato periodo di riposo.
Questo per dire che sono in malattia, non potendo attribuire questa mia condizione a un fatto professionale e non posso farlo perché la legge non me lo consente, visto che noi agenti della Polizia Locale, siamo considerati semplicemente dipendenti degli enti locali.

Non vi smuove qualcosa a livello di stomaco, colleghi?
Non possiamo sempre dire:
 chi se ne frega, meglio essere semplici dipendenti comunali, purtroppo a volte con pistola e manganello, che  poliziotti.
I poliziotti, i carabinieri, hanno responsabilità, noi fino a quando saremo considerati dipendenti comunali non le avremo.

Non è vero colleghi, non è più vero, svegliatevi, noi abbiamo le stesse responsabilità delle altre forze dell'ordine, pensate al collega trucidato a Milano, peccato che non abbiamo gli stessi diritti, le stesse tutele.
Una tallonite per me è malattia, per un poliziotto può diventare malattia professionale, e almeno consentirgli di non spendere i soldi che sto spendendo io fra planari, ortopedici, scarpe, etc etc.

E' solo un esempio.

Costretto a casa mi sono riguardato l'inizio dei Guerrieri della notte, film mitico della mia adolescenza.
All'inizio il capo della gang più numerosa della città davanti a tutte le bande riunite in assemblea ricorda loro la forza dell'unità.
60000 mila soldati tutti uniti, un niente se divisi.
Coincidenza vuole che anche noi in Italia siamo circa 60000 agenti, migliaio più migliaio meno.
Mille comuni, mille divise diverse, con la pistola, senza, con il manganello, senza, con indennità o senza indennità.
Siamo un esercito diviso, frammentato, debole, senza una guida.

Divisi siamo niente, non andremo da nessuna parte.

Solo la legge di riforma voluta dal SULPM può sanare le contraddizioni e spero che gli altri sindacati lo capiscano.
Adesso, fra meno di due mesi ci saranno le elezioni.
Fino ad oggi né la destra né la sinistra ci hanno considerato, rimandando, ascoltando i prefetti, prendendoci in giro.
Noi rappresentiamo una piccola ma significativa parte dell'elettorato, 60000 divise più mogli, figli, genitori, nonni, arriviamo forse a 100000 voti.
Facciamoglielo capire, facciamoglielo credere.
Loro continuano a promettere cose assurde, ci vogliono fare credere che toglieranno l' imu, che abbasseranno le tasse. che penseranno ai più deboli, noi andiamo da chi seriamente ci può dare una nuova legge, una nuova dignità, andiamoci insieme, né destra né sinistra. facciamogli capire che possiamo spostare una piccola ma agguerrita fetta dell'elettorato, forse qualcuno ci ascolterà.

lunedì 7 gennaio 2013

vita di pi



Alla fine il film si riassume bene nell'immagine sopra, un giovane indiano con tre religioni con le quali fare i conti, e una tigre del bengala, che vorrebbe molto mangiarselo a tratti.
Mi è piaciuto soprattutto perché ero con mia figlia e non andavo al cinema da più di un anno, ma ho speso 24 euri in due, compresi gli occhialini, per un 3d che mi ha entusiasmato il giusto.
Intanto una precisazione, non ha nulla a che fare con Avatar, come racconta la pubblicità, nulla di nulla.
Dovrebbe essere una metafora della vita, quando è impietosa ma vuole essere vissuta a tutti i costi grazie anche alla fede, magari in più dei.
Le immagini sono interessanti, belle, a tratti emozionanti, la tigre è favolosa e il ragazzino poco realistico nella sua fede nella vita e in un dio,  nella sua incrollabile forza, e nella incommensurabile bontà.
Devo ammettere che da quando ho appreso che in India violentano una donna/bambina/ femmina ogni 20 minuti, sento una sorta di viscerale diffidenza rispetto all'uomo/maschio indiano ... mai generalizzare, ma questo film propone un giovane indiano/francese, praticamente perfetto che attraversa un oceano quasi mistico per poi raccontare la sua avventura a uno scrittore quasi fallito.
Un'altra cosa che mi ha lasciato perplesso è quella delle due versioni quella con la tigre e quell'altra, solo raccontata, con gli esseri umani.
Fra parentesi nel film compare per un attimo Depardieu, che negli ultimi giorni è riuscito a cancellare qualsiasi barlume di simpatia potessi avere nei suoi confronti con la storia della cittadinanza russa.
Morale?
Il film non ve lo consiglio, non vale 12 euri, secondo me, e non è un capolavoro, però se vi piace il mare, le tigri e l'alta definizione, magari vi può intrigare un minimo, ma non cercateci dentro le grandi risposte  della vita, rimarreste delusi.

domenica 6 gennaio 2013

benvenuti al nord


Facciamo un po di conti:
Benvenuti al Nord è il sequel di Benvenuti al sud che è il remake di un bel film francese, Giù al nord, e i conti sono presto fatti, con una sola idea tre film, e se Benvenuti al Nord pur non essendo originale e non all'altezza del film francese si è rivelato un film divertente, appena sopra commedie più commerciali modello Vanzina, per intenderci, il sequel invece è decisamente brutto, ci sono alcuni momenti dove si avverte il vuoto della sceneggiatura, come se lo sceneggiatore non sapendo cosa fare dire o fare ai personaggi avesse buttato lì qualcosa, una frase qualsiasi, un concetto, un punto e virgola, per concludere la scena.
Il film fa ridere pochissimo, e dovrebbe essere il suo scopo principale.
Lasciamo stare il discorso trito e ritrito delle differenze socio antropologiche fra nord e sud che nella realtà sono molto poche ormai, mafia compresa, quella ormai è più radicata al nord che al sud.
Su Sky, saltabile a piè pari.
Un' ultima considerazione, ma Bisio ha proprio bisogno di fare tutto?
E se è vero è un peccato che non sia più a Zelig, che peraltro non si vede all'orizzonte, almeno per ora.

sabato 5 gennaio 2013

Il quinto elemento



Ho rivisto il quinto elemento film del 1997 del regista francese Luc Besson e interpretato oltre che da Bruce Willis, che a me piace molto, anche dalla bellissima Milla Jovovic.
Considerando che è un film del 1997 rimango ancora incantato davanti alla sua realizzazione, forse Besson è uno dei registi francesi più vicini alla capacità tutta americana di creare mondi e portarli al cinema.
Non è un caso se il protagonista maschile si chiama Bruce Willis, che anche in questo caso è uomo d'azione ma con un passo diverso dal solito, un'inaspettata dolcezza, anche perché incontra sul suo cammino un quinto elemento davvero irresistibile.
Non so perché, ma nella mia personale classifica di attrici femminili non avevo mai collocato questa bellissima attrice americana con origini serbe/ucraine.
Definita la perfezione nel film, incarna in quel momento della sua carriera cinematografica un vero gioiello estetico che unito al personaggio puro del film ne esce con una potenza inaspettata.
Non a caso Besson decise di innamorarsi di lei durante le riprese, matrimonio velocissimo naufragato neanche due anni dopo.
Ma al di là del gossip, è un film profetico, altro che Maya.
Il nostro destino è nelle nostre mani, la terra, nel film, deve essere salvata da una minaccia esterna, ma la scena più convincente è quella di Leeloo mentre piange apprendendo la nostra storia relativa alla parola war.
E dentro quei frammenti velocissimi passa tutto, dai lager nazisti alla minaccia nucleare.
Noi esseri umani non siamo pacifici, non è nel nostro DNA,  cerchiamo di raccontarcela la favola dell'amore universale, ma là fuori, nel mondo, continuano ad ammazzarsi allegramente.
Infatti il quinto elemento è indeciso, vale la pena salvarla la terra? E' infestata dall'uomo e dove c'è l'uomo c'è guerra, violenza e sopraffazione.
Alla fine trionfa l'amore, ma è solo un film.

venerdì 4 gennaio 2013

Zucchero e Guantanamera






Sì, lo ammetto, Zucchero non rientra fra i mei autori preferiti, ci sono alcune sue canzoni, o brani che dir si voglia che hanno accompagnato alcuni momenti della mia vita, ma fra tutti i suoi dischi, che non ho mai acquistato, le canzoni veramente belle per me sono meno di dieci.
Ciò premesso, e non entrando nel merito di stile o scelte professionali, qualcuno mi sa dire perché Zucchero ha deciso di riproporre il brano Guantanamera in italiano collocandosi, almeno secondo Wikipedia che incollo, al ventisettesimo posto in classifica cronologica fra i diversi artisti che prima di lui ne hanno fatto una cover?
Zucchero è molto da cover, non trovate? E la divisa (cubana?) gli sta molto bene, però lo so la mia domanda rimarrà inevasa e resterà la frustrazione, quindi la metterò insieme a queste altre:
Perché le radio trasmettono questa cover in italiano identica e poco originale a tutte le ore?
Perché sicuramente ci saranno in giro milioni di persone che compreranno o scaricheranno il brano o l'eventuale album?
Perché Berlusconi parla ancora in televisione?  No scusate questo era un altro dubbio.
Comunque mi consolo se da una parte Zucchero ripropone un vecchio brano sfruttatissimo, dall'altra Jovanotti, invece, prova sempre a creare cose nuove dimostrandomi che lo stile non è acqua.
Attendo curioso le vostre risposte, per quanto riguarda Berlusconi non è necessario ho già in testa diverse opzioni, tutte ragionevoli.

martedì 1 gennaio 2013

Benigni e la Costituzione



Ho visto alcuni brani dello spettacolo di Benigni sulla Costituzione.
In passato mi è capitato di esaltarlo o  ridimensionarlo a seconda del suo modo di presentarsi al pubblico, penso che il cinema non sia il suo migliore terreno di espressione, ma probabilmente lo penso solo io, credo invece che alcune forme di spettacolo si addicano al grande comico, attore, affabulatore toscano.
Andrò a cercarmi tutto lo spettacolo in rete, ma sono bastate alcuni frammenti riportati da Blob, il migliore programma Rai da molti anni, per farmi capire che Benigni ha ancora una volta centrato l'obiettivo, almeno con me, quello di farmi riflettere.

I padri della nostra Costituzione avevano una giovinezza intellettuale e un amore per la libertà, la democrazia e il popolo tutto, talmente spiccati da fare concepire loro il capolavoro della nostra Costituzione, forse la migliore del mondo, senz'altro la più disattesa attualmente.

Benigni ci ha ricordato come la nostra Costituzione sia fondata sul lavoro, quello benedetto e maledetto che ci accompagna fino agli ultimi anni produttivi della nostra vita, ci permette di fare studiare i figli, pagare i mutui e mantenere una delle peggiori classi politiche dal dopoguerra.

I padri della nostra Costituzione hanno scritto un capolavoro nel momento più difficile della nostra storia, i nostri politici non riescono a fare una riforma elettorale decente, non riescono a scrivere una legge seria sul conflitto d'interessi, fanno festini e si trastullano con prostitute e giocolieri.

Benigni da vero giullare, e lo dico in senso buono, con ammirazione, ricorda a noi tutti il vero ruolo del comico, quello di fare esplodere le contraddizioni, ridmensionando i poteri forti e ricordando a tutti che la Costituzione italiana sancisce come primo potere nel nostro paese quello della democrazia e quindi quello del Popolo sovrano.

I politici dovrebbero essere una nostra emanazione, al nostro servizio, come diceva Grillo quando non era ancora perso nei suoi problemi politici.

Grazie Benigni per averci ricordato che dentro la nostra Costituzione c'è già tutto ciò che  serve. Basta auto blu, basta inchini tremanti davanti a politici, loro sono e dovrebbero essere eletti da noi e non i nostri dittatori, siamo una democrazia, non dimentichiamolo mai.