lunedì 13 giugno 2011

il mio nome era Dora Suarez



Ho terminato il mio terzo e ultimo libro di Derek Raymond, pseudonimo di Robert William Arthur Cook che a me piace di più ma non importa.
Ho letto la sua autobiografia che mi ha moderatamente entusiasmato.
Mi ha colpito molto la sua analisi del noir e il fatto che l'autore lo colleghi strettamente al tessuto sociale nel quale si sviluppa e  il messaggio politico che emerge dal romanzo di genere.
Meno interessante la sua vita raccontata, la guerra e tutto il resto.
Come ho già scritto non mi è piaciuto per niente Incubo di strada, l'ho trovato stucchevole, ridondante, quasi poetico, e molto poco noir.
Dora Suarez, considerato il suo capolavoro, l'ho trovato interessante, mi sono piaciuti due momenti, la parte iniziale, dove si decrive il luogo del delitto e compare subito l'assassino e la parte finale, dove ( non svelo la trama) riemerge la figura dell'assassino e il confronto con colui che lo sta cacciando.
Interessante il personaggio di Dora Suarez, e la cura con la quale l'autore ha immerso occhi, mani e stomaco nell'orrore.
Detto ciò, non leggerò altri romanzi di questo autore, perché lo trovo lontano anni luce dalla mia idea di noir, e quindi o sono io che ho sbagliato tutto, o intendo questo genere letterario diverso, trovando nei suoi romanzi una sfumatura di nero, ma non la più interessante.
Lui persegue le profondità quelle senza speranza, ci mette l'anima e forse come dice ha rischiato in parte la sanità mentale nel tentativo, ma non mi entra dentro, non come altri autori lontanissimi da lui.
Consiglio questo Dora Suarez se non altro per avere un secondo e terzo parere, ma abbandono Derek ai suoi estimatori e torno a letture più vicine al mio modo di sentire.


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