lunedì 28 febbraio 2011

A single man


Ho visto in perfetta solitudine A single man esordio alla regia di uno stilista Tom Ford. Al di là della trama, devo dire che mi è piaciuto molto, per la cura dei particolari. La vicenda è abbastanza nota, si narra l'ultima giornata di vita di un professore universitario gay, il bravissmo Colin Firth, in una Los Angeles nel 1961.
Il regista si è divertito a caratterizzare gli ambienti interni ed esterni con i colori e gli accessori degli anni 60 dalle automobili, agli abiti, alle acconciature delle donne, fino alla macchinetta del caffé.
Manca l'oggi, quello che ossessiona tanto Jovanotti nel suo ultimo album, il nostro nevrotico quotidiano colmo di telefonini, cattivo gusto, cattiva televisione e politici impresentabili.
Nel film è tutto sfumato, non ci sono nevrosi odierne ma su tutto aleggia la psicosi della minaccia nucleare che vista dal futuro fa abbastanza tenerezza.
La trama del film è quasi sostituibile, unica riflessione la difficoltà di essere diversi in una società omologata e ancora discriminatoria come quella americana negli anni 60.
Se vi piace la cura dei particolari estetici, se siete nostalgici, se amate la fotografia curata, non potete perdervi A single man.

venerdì 25 febbraio 2011

Bologna si tinge di giallo

Il nuovo romanzo di Massimo Fagnoni



Sono un pessimo fruitore di narrativa moderna. Gialli e neri in particolar modo.
Ebbene sì, lo confesso: dormirei coi romanzi di Nabòkov e John Fante sotto il cuscino.

Belva di città però è un buon libro.
Un giallo metropolitano ottimamente scritto, che trasuda un orrore genuino ma che non lascia spazio al compiacimento sadico che troppo spesso si trova in questo genere (e che non sopporto a prescindere). Mi sono trovato davanti un romanzo interessante a 360 gradi.
Storia originale, non convenzionale, credibile, ma soprattutto semplice, intendendo la parola "semplice" nella sua accezione migliore.
Perché lo scrittore non deve mostrare intelligenza, la sua intelligenza consiste nel farsi da parte.
Nell'organizzare una bella festa e poi sparire, lasciando spazio solo al divertimento. Il protagonista deve essere il lettore.
Ho detto "orrore genuino" perché mentre leggi Belva di città sai che non si tratta di "potrebbe accadere" ma di "accade tutti giorni".
E accade qui. anche in questo momento, accanto a te, o poco più in là.
Ma accade: il crimine, l'aberrante perversione umana. Basta aprire gli occhi. Le pagine del romanzo però (e qui sta la differenza che tanto ho apprezzato) ringhiano anche una voglia disperata di normalità.
Di tentare a tutti i costi di riportare l'ordine, tenuemente.
Da lettore affermo che mi ha preso il cuore. Senza ombra di dubbio.
Da “addetto ai lavori” sono rimasto incantato da alcune finezze che possono anche fare scuola.
Una tra tutte la presentazione "visiva" del maresciallo Greco (pag. 45). Incastonata a meraviglia negli occhi di una vittima. Capolavoro!
Cos'altro mi ha colpito?
La struttura della storia, l'incastro della trama, il riuscire a fare fluire con naturalità gli eventi.
Ma soprattutto il farti sentire lì, sul posto.
Immerso in una Bologna reale, vista con occhi esperti.
Un romanzo da non perdere, e Fagnoni non ha nulla da invidiare a colleghi più famosi.
Teniamolo d'occhio, perché il suo nome diventerà una consuetudine.

Recensione di Roberto Carboni per "Resto di Sasso" - Mensile di informazione sassese

martedì 22 febbraio 2011

Codice genesi ... la bibbia ci salverà?

La bibbia ci salverà? O noi salveremo la Bibbia? Ho finalmente visto Codice Genesi con il carismatico Denzel Washington. Mi piacciono i film apocalittici e post nucleari deve avere a che fare con il mio inguaribile ottimismo, il film però non è particolarmente originale, né particolarmente intrigante, ci sono alcuni colpi di scena interessanti e due belle scene di combattimento che mi piacerebbe inserire in un mio romanzo, sono troppo veloci, ma esteticamente efficaci. Denzel aveva bisogno di soldi o credeva davvero nel progetto? Chissà, il film strizza un pò troppo l'occhio al memorabile romanzo La strada di Cormac Mccarthy del quale aspetto il film sulla piattaforma, comunque l'ho visto volentieri anche se alla fine mi chiedo dove andrà la ragazzina con la spada (giapponese?) dell'eroe? Mistero. Buona interpretazione del grande Gary Oldman e una fuggevole apparizione del grande Malcolm Mcdovell.

domenica 20 febbraio 2011

Luther poliziesco contro ogni regola

E' terminata la prima serie su Sky, sei puntate belle dense e prima considerazione, la forza di Luther è il personaggio che da il titolo alla serie, non c'è niente da fare questo attore di colore  oltre che affascinante è anche bravo. Non fatevi idee sbagliate sul suo fascino ho mia moglie e una schiera di  amiche a ricordarmelo. Premesso questo asso vincente, Luther è il classico poliziotto duro, con una discreta abilità investigativa, passionale e generoso, in un certo senso riprende tratti dell'hard boiled americano, anche nel suo abbigliamento sempre uguale, sdrucito e tipico, cappottino e camicia con cravatta allentata.
Luther è un'icona del genere e strizza l'occhio a diversi generi, però l'originalità entra attraverso il personaggio femminile deviante, attrice attraente con occhi da psicopatica che ho già visto ma non ricordo dove, altra originalità, il capo di Luther è una poliziotta che sembra più una preside di liceo mentre il collega tipicamente inglese e slavato è una delle poche caratteristiche estetiche che ricordano come il telefilm sia ambientato a Londra.
Londra fa da sfondo con le sue strade bagnate e illuminate sapientemente e insieme alla città scivolano le indagini  muovendosi veloci fra i drammi esistenziali e sentimentali del protagonista e le finali implicazioni drammatiche che chiudono la prima serie.
Che dire in conclusione?
Mi è piaciuto anche se la sceneggiatura si arrampica sugli specchi ed è veramente poco realistica.
Non vi svelerò nulla perché credo valga la pena vedere almeno queste prime sei puntate.
Un nuovo modo di fare fiction televisiva?
Un nuovo modo di intedere il noir?
Non so.
Io mi pongo sempre, nei miei romanzi, il problema di scrivere storie credibili, agganciate alla realtà.
Lo sceneggiatore di Luther non mi pare si sia posto minimamente il problema e comunque ha creato un prodotto di buon livello.
C'è sempre qualcosa da imparare dalla televisione e dalle immagini, questa è la lezione che  porto a casa io.
buona visione.

sabato 19 febbraio 2011

Mi sono perso San Remo ... che peccato!

Ho pensato a lungo nei momenti morti, quelli che si possono sprecare, a cosa dire a proposito di San Remo e alla fine penso che la soluzione adottata sia la più soddisfacente. Il grande e inarrivabile Gaber parlava in un suo monologo della soddisfazione di perdersi alcuni spettacoli, chi lo conosce bene si ricorderà anche il titolo e mi piacerebbe andare a riscoltarlo, lo troverò in uno dei miei cd. Per San Remo è la stessa cosa, con quale soddisfazione sono riuscito a non vederne neanche un minuto, neanche un secondo.
Mi sono perso la bellezza delle due presentatrici, la grandi mani di Gianni Morandi, la comicità scontata dei due istrioni delle iene di cui non ricordo i nomi e neanche voglio ricordare.
Mi sono perso le canzoni ... che peccato.
Mi sono perso Benigni sul cavallo bianco con la bandiera italiana a commuoversi sull'inno nazionale ... che scherziamo?
Abbiamo bisogno di questa gente noi?
Sono uscito una sera con gli amici a cena.
ho guardato alcuni film che avevo  in arretrato.
Ho scritto le mie cose e letto romanzi.
Ho passato le mie serate con le persone che amo.
Non ho dato la possibilità a un qualsiasi comico strapagato di ricordarmi cosa devo sognare e quando.
Non dategliela neanche voi.
Questa sera perdetevi San Remo, domani sarete poveri uguale ma più leggeri.

mercoledì 16 febbraio 2011

La Salaborsa di Bologna

Ci sono luoghi magici per ognuno di noi, a volte appartengono al passato a volte sono solo sognati, emergono da un romanzo, affiorano da un film, sono luoghi mitici, immobili nel tempo e nello spazio e ci coccolano nei momenti grigi e ci scaldano nei momenti gelidi. La Salaborsa di Bologna appartiene a questo genere di luoghi per me, è la collisione festosa di cultura e bellezza, è piena delle cose che amo di più libri e tempo per leggerli e annusarli e contarli in un posto fuori dalle rotte e dentro la realtà. In Salaborsa ci passa molta umanità in sintonia con i tempi che mutano, ma rimane perfetta per me e da oggi un pezzettino di me appartiene a lei, sono stato inserito fra gli scrittori e poeti bolognesi, nel loro archivio che vi linko sotto, che dire se non grazie di essere insieme al grande Benni, all'eterno Guccini ad Albanese e a Lucarelli e al molto ascoltato Claudio Lolli etc etc.
Mi hanno regalato un pezzetto di eternità e mi è costato talmente poco che mi sembra davvero un sogno.
Grazie!

http://www.bibliotecasalaborsa.it/content/autori/autori.php?ID=765&gruppoID=1

lunedì 14 febbraio 2011

Il favoloso mondo di Nicole ovvero Biancaneve e le altre

Leggo il blog dove interviene Nicole Minetti
http://affaritaliani.libero.it/rubriche/mondo_nicole/

con  una serie di considerazioni sull'universo femminile e sulle scelte giuste da fare per realizzare i propri sogni.
La bella Nicole nel suo articolo molto prudente scrive che le donne non devono andare in piazza a riaffermare un'identità a difendere un principio, a sancire una differenza, ma devono riprendere a comunicare fra loro.
Mi piace il suo desiderio di comunicazione e la difesa della femminilità e citandola " Non cediamo alla banale uniformità bella/stupida, è un risultato parziale".
Il problema però nell articolo di Nicole è la pochezza, non dice nulla, non è neanche provocatoria, si limita a dire che la manifestazione   che ieri ha riempito le piazze italiane è cosa evitabile e che la bellezza è una risorsa femminile insieme alla seduzione per riaffermare davvero il ruolo della donna nella società.
Andandole dietro nel ragionamento mi soffermo solo sul concetto di bellezza.
E' bella una donna giovane che decide con il consenso dei genitori di andare da un chirurgo estetico e farsi modellare il seno, i glutei, le labbra, il naso, sottoponendosi a sofferenze indicibili e spendendo migliaia di euro per una carriera, per apparire, per sedurre?
E' bella la ragazza che deve a tutti i costi entrare nella casa del Grande Fratello, o diventare una velina, o partecipare a un qualsiasi reality pur di avere il suo quarto d'ora di celebrità?
Sono questi i modelli femminili alternativi alle migliaia di donne che ieri erano nelle piazze italiane?
Sono le signorine che pur di vivere alla grande sono pronte a concedersi, a vendere il proprio corpo, a svendere la propria femminilità al migliore offerente?
Sono questi i modelli alternativi a coloro che ieri urlavano nelle piazze il loro desiderio di vera femminilità, di rispetto e di vere opportunità di vita?
Perché il modello femminile che viene quotidianamente veicolato dalla televisione, negli scandali, nelle intercettazioni, e nelle trasmissioni televisive dove regna il reality e l'oscenità è chiaro, non è importante essere l'importante è apparire, avere un involucro rotondo e tonico poco male se gonfio di silicone, basta fare finta di non saperlo.
Io che sono un maschio e nemmeno giovane ricordo le prime femministe, erano arrabbiate assai, erano eccessive forse, feroci talvolta, ma avevano un risultato da ottenere, sapevano che la posta in gioco era alta, c'era in gioco la loro vita.
Oggi non è tanto diverso, stiamo perdendo su tutta la linea, stiamo perdendo potere d'acquisto, dignità, unità nel paese e identità,   l'unica cosa che conta sembra sia il conto in banca e arraffare il più possibile.
E' meglio che le donne di potere, quelle con un ruolo politico, facciano un bell'esame di coscienza, e la smettano di lanciare messaggi ambigui. Le belle favole che cita Nicole sono vecchie e sono appunto favole, ma per strada, là fuori, domani ci andranno le nostre figlie a cercare un lavoro e  la loro strada, ed io spero con il corpo integro e gli accessori originali e la testa pulita e lucida, perché se è vero che non esiste il principe azzurro sicuramente ci sono molti orchi là fuori, e solo tutte insieme le donne potranno spiegare loro che è finito il tempo dei festini.

sabato 12 febbraio 2011

Recensione di Ermes Esposito

Belva di città, ultimo lavoro edito di Massimo Fagnoni, è un lungo racconto dai risvolti fortemente psicologici. In questo noir si apprezza il lavoro dell’autore, cesellatore che con mano sapiente lavora col suo bulino la psiche dei personaggi che racconta.

Uno dei protagonisti, il maresciallo dei carabinieri Greco, nostra vecchia conoscenza, è un personaggio alla Serpico, almeno esteriormente. Dell’altro personaggio forte, Alex, dirò in seguito per determinare invece subito l’ambientazione del romanzo.

L’azione si svolge a Bologna e nel suo immediato hinterland. Che dire ancora di questa Bologna apparentemente allegra e buontempona ma lacerata da profonde ferite esistenziali? Non voglio dire che si riscontrino in Bologna problematiche esclusive, assenti da altre città italiane. Però a Bologna, serena e paciosa nell’immaginario collettivo, i fatti ivi narrati sorprendono e sembrano fuori luogo.

L’autore, in questo racconto, mescola con maestria un forbito linguaggio letterario con espressioni e frasi gergali. Slang di quei piccoli personaggi che brulicano attorno ai protagonisti, immersi in un mondo spesso violento ma anche godereccio dove i profumi e i sapori prevalgono; il mondo dei forni notturni e delle trattorie periferiche presso cui proletari, eversivi, militari, discotecari, facinorosi, convergono per dare piccole soddisfazioni al loro sbiadito quotidiano.

Ed eccoci ad Alex. E’ l’altro protagonista che richiama alla mente con forza un altro personaggio: Silas, il frate massone albino di Dan Brown nel Codice da Vinci. Silas e Alex a confronto. Entrambi dispongono di un appartamento lussuoso e centrale. L’uno dedito al cilicio e alla penitenza; l’altro, di formazione epicurea, gode dei benefici che la ricchezza gli concede. Entrambi hanno una loro fede, una propria religione cui si sono votati incondizionatamente. Silas serve, o crede di servire la causa del Signore e, in suo nome uccide; Alex serve la causa di un principio naturale di gerarchia sancita dalla forza sia fisica che mentale e, anch’egli, uccide e imperversa sui deboli. Ecco, tutto questo troviamo nel romanzo e posso dire che esso mi sorprende per altre tre considerazioni.

Prima fra tutte: a volte, più che effettuare la traslazione dei pensieri dei protagonisti, si ha l’impressione che l’autore ne faccia una profonda analisi psicologica e forse anche psichiatrica. La seconda considerazione riguarda la buona conoscenza delle arti marziali. La terza, la più importante, è al tempo stesso una conclusione; con questo lavoro l’autore ha spiccato un balzo: partendo dai precedenti scritti che risentono molto della cronaca, è atterrato nel campo del romanzo di largo respiro, nel quale la cronaca è un puro pretesto per raccontare l’uomo, la sua anima e con essa la sua miseria e la sua grandezza.

Ermes Esposito, intellettuale e poeta

mercoledì 9 febbraio 2011

Quando ci scappa il morto

Che spettacolo d'ipocrisia il nostro paese, ci accorgiamo dei campi rom solo quando ci scappa il morto e questa volta sono morti quattro minori.
Ne parlo con il collega Belli uno che conosce i campi rom abusivi, lui ci entra spesso quando lo sgombero è necessario.
Adesso attaccano Alemanno, ancora una volta non si vuole risolvere un problema ma usarlo, strumentalizzare il dramma per fini politici.
Belli scuote la testa e ricorda di quando il sindaco di Bologna si chiamava Cofferati, ribattezzato dalla sinistra radicale lo Sceriffo.
Cofferati aveva capito che non c'era ipocrisia possibile, che non c'erano i se o i ma, i campi rom abusivi andavano smantellati, senza perdere tempo. Lui attuò un piano che non era di sinistra o di destra ma semplicemente necessario, e nonostante la burocrazia, l'ipocrisia, e l'ostruzionismo demagogico e populista lui  contribuì a cancellare luoghi dove la civiltà non poteva entrare.
Certo Bologna non è Roma, ma io non me la sento di criminalizzare un sindaco, e  ne faccio un problema politico etico, di civiltà e di giustizia.
I campi abusivi sono un segno d'inciviltà, vanno semplicemente chiusi, chiedete a Cofferati lui se ne ha voglia vi racconterà come è andata a Bologna.
I responsabili della morte dei quattro minori vanno indagati e sono i genitori i primi responsabili della vita dei loro figli, in una società dove a pari diritti corrispondono pari doveri.
Un'ultima nota, la madre dei poveri bambini ha detto oggi in un'intervista che le hanno promesso una casa.
Perfetto, ma a quale titolo?
Niente ipocrisie e regole chiare signori o finisce tutto male, come al solito.

martedì 8 febbraio 2011

Il "Grande Fratello" ovvero l'apologia dei topi di laboratorio

Riprendo la foto da un blog del 2009 che analizzava sociologicamente il perché di tanto successo
del più famoso reality italiano.
A me interessa ora un altro aspetto e per un motivo molto semplice, sto "organizzando" un nuovo romanzo che inizierò solo fra qualche mese, spero, e mi interessa ascoltare i dialoghi dei farneticanti ospiti della casa più famosa d'Italia.
Non temete non scriverò un giallo sul Grande Fratello è già stato scritto qualcosa dal bravo Pederiali e chissà in quanti  si sono sbizzarriti sull'argomento.
Io ho altri progetti che non svelerò chiaramente.
Ascoltando e guardando una qualsiasi puntata, come quella del 7 febbraio 2011 mi sono fermato a riflettere su come deve essere rimanere dentro quella bella casa per quasi 4 mesi.
Perché alcune di quelle persone sono dentro dall'inizio, senza un libro, senza un film, senza la musica se non quella somministrata dallo staff, senza un reale momento di intimità, senza sesso,  quello privato e libero intendo  e senza privacy.
Quale essere vivente può sopportare una simile situazione e non impazzire?
una bella collezione a quanto pare.
A quale fine?
500 mila euro.
Sono tanti, è vero, finirei di pagare il mutuo della mia casa e potrei fare viaggi,  cambiare guardaroba e auto e fare molti regali a mia moglie e poi?
Poi mi ritroverei senza anima, perché quella non sarebbe più mia ma dei milioni di voyeur che come me ieri sera hanno spiato dal buco della serratura la vita simulata di quei topi da laboratorio.
Ogni tanto la Marcuzzi, ma sarà vera la Marcuzzi o bionica? Dicevo ... ogni tanto lei ricorda con grande professionalità ai topini della casa più spiata dagli italiani che non devono mettere su il muso, o lamentarsi, o impuntarsi per nascondere i propri reali sentimenti, perchè in effetti loro hanno fatto un patto con il diavolo, no ... scusate volevo dire con il Grande Fratello.
Quale patto?
La loro anima, il loro tempo, i sentimenti, il pudore, le emozioni,  il sudore e la carne in cambio della possibilità di vincere 500 mila euro o in subordine la possibilità di essere famosi per un tempo relativo e in luoghi evitabili come discoteche o riviste scandalistiche.
Ne vale la pena?
Evidentemente sì, visto il successo della trasmissione.
Sono i nostri nuovi gradiatori, sono esseri superiori, non temono nulla, non leggono nulla non ne hanno bisogno, bastano a loro stessi e a quella massa informe e senza volto che non si perde nulla delle loro giornate.
Fa paura un pò ... no?

domenica 6 febbraio 2011

Villaggio a Zelig ... perché?

Tutti gli italiani amano Paolo Villaggio io stesso sono cresciuto a Nutella e Fantozzi, ma ve lo devo confessare a me Fantozzi, i film, i libri, la comicità di Villaggio non sono mai piaciuti.  Quando ero piccolo mi faceva un pò pena e un pò tristezza quel piccolo impiegato sempre in difficoltà in un mondo spietato fatto di impiegati brutti e meschini e di capi ufficio dispotici e aggressivi, ricordo in particolare una ottima spalla di Villaggio televisiva Gianni Agus splendido attore purtroppo scomparso. Ho sempre pensato che non avevamo bisogno  di un altro prototipo negativo, di un' altra macchietta che ci ricordasse la fatica di vivere in una società dove l'equità non esiste.
Vedevo mio padre ridere a crepapelle di quel piccolo uomo mediocre e codardo e poi lo spiavo la mattina quando partiva in bicicletta per andare in fabbrica.
So di essere in netta minoranza, so che Villaggio ha inventato un personaggio perfetto che lo ha portato al successo, ma era necessario farlo partecipare a Zelig?
Si è presentato sul palco con i suoi 79 anni e un enorme pancione a masticare qualche frase in maniera poco comprensibile. Il bravo Bisio e la brava Cortellesi (pagatissimi ho scoperto) mi sembravano quasi in imbarazzo, ma forse ero io che mentre lo guardavo provavo imbarazzo per quell'uomo anziano e grasso che non fa più ridere non solo me ma neanche gli altri.
Infine mi chiedo ... perché? Un omaggio alla carriera? 
Penso ai colleghi che vorrebbero andare in pensione per potere almeno recuperare un pò del tempo perduto ma non possono andarci perché lo Stato non lo permette e poi penso a tutti questi personaggi della politica e dello spettacolo che ancora non sono stanchi di entrare in scena.
Non lo sanno che a volte è meglio ritirarsi per lasciare un migliore ricordo di sé?
Ma forse sono come spesso accade in splendida solitudine a non capire i passaggi, l'unica cosa certa è che a me non fa ridere, mi lascia solo imbarazzato e malinconico a chiedermi ... perché?

venerdì 4 febbraio 2011

Premio letterario Lomellina in giallo

Grazie  Giallomania
http://www.giallomania.it/index.php
Partecipo a un premio letterario con Belva di città, non ho dovuto iscrivermi, me l'ha comunicato Riccardo Sedini che immagino sarà il patron dell'iniziativa.
Che dire sono contento.
ci sarà anche il romanzo di Carboni.
Che vinca il migliore.
Per me è già incredibile che qualcuno mi abbia preso in considerazione

mercoledì 2 febbraio 2011

Enrico Berlinguer, il sogno di un'altra Italia"

A volte basta una fotografia, accidenti a me, per smuovere ricordi, forse io cinquantenne che ha schivato le guerre, le lotte giuste, e la storia italiana più pulita, quella del grande sogno se mai c'è stata, sono rimasto legato a poche immagini che nei momenti bui, come il nostro, diventano  un faro nella nebbia.  Domani sera alla Feltrinelli di Bologna presentano un libro memoria su Enrico Berlinguer.Non conosco l'autore e non ci andrò, preso come sono dal vortice nevrotico del mio presente non ce la posso fare, e poi che ci vado a fare, lui non ci sarà, ci sarà solo qualcuno che in maniera esemplare e commovente lo ricorderà, ma io il suo ricordo ce l'ho incastonato dentro, come si usa fare con i miti quelli sopravvalutati sempre ma importanti. Il suo sorriso che ho appiccicato in una fotografia in bianco e nero davanti al  computer insieme a tante immagini del mio passato mi ricorda che è possibile una politica diversa, dipende dagli uomini non solo dai tempi, è possibile essere segretari di un grande partito popolare, che faceva paura alla parte conservatrice del mondo, ed essere comunque rispettati da tutti. E' possibile un dibattito politico pulito, e finalmente privo  di urla sovrapposte, insulti, querele e minacce, dove tutti sono contro tutto in una stupida lotta al massacro.
E' possibile un modo diverso di convivere e comunicare.
Lui ce l'ha insegnato, e me lo ricorda con quel sorriso di  piccolo grande uomo.
Non è possibile oggi incontrarne uno minimamente paragonabile in giro per i palazzi della nostra sgangherata politica, quindi  mi tengo il suo ricordo e aspetto, alla finestra, di riconoscere  un giorno un uomo come lui, allora finalmente forse tornerò a votare.

martedì 1 febbraio 2011

Avatar una seconda possibilità

Finalmente ho visto Avatar. Nella mia giornata di ferie pregresse ho trovato il tempo per gustarmi il film, con poche interruzioni e quasi d'un fiato. Mi è piaciuto e non avevo dubbi, avevo anche dato un'occhiata allo speciale  sky cinema che spiegava gli effetti specialissimi che lo hanno tanto premiato. Un amante  di giochi virtuali non può non aprezzare la pellicola, mi sono perso nelle spiegazioni fantascientifiche dei tecnici che hanno ridisegnato i volti degli attori nelle loro espressioni facciali  riprodotte con la  grafica virtuale. Unica citazione al passato l'ho trovata all'inizio dove per qualche strana alchimia ho trovato qualche affinità con l'inizio di Apocalypse now, chissà se ha un senso. Dentro il film ci sono i soliti miti, i buoni (ricordano molto i pellerossa) i cattivi ma seducenti nella loro semplice crudeltà (il colonnello) e la bellezza allo stato puro di un mondo reinventato per noi. Ma la conclusione, prevedibile, è la cosa più bella.
Rinascere in un altro corpo, più bello, più forte, con  gambe funzionanti e una splendida femmina al tuo fianco.
Una vera rinascita.
Una seconda chance, che meraviglia. Solo il grande cinema può regalartela